Modello Eas ed enti non commerciali di tipo associativo – I° parte
di Luca CaramaschiNell’attesa che in un prossimo futuro l’adempimento venga “depotenziato”, almeno per quanti entreranno a far parte del nuovo mondo degli Enti del Terzo Settore o che, non potendo applicare le agevolazioni previste dall’articolo 148 Tuir, ne rimarranno esclusi, il modello Eas rappresenta oggi per la quasi totalità degli enti non commerciali di tipo associativo un adempimento che non deve essere trascurato.
Non deve essere trascurato in quanto la sua omissione genera effetti che, in casi limite, potrebbero anche determinare la fuoriuscita dell’ente dal comparto degli enti non commerciali.
E laddove non si determini questa conseguenza, la mancata decommercializzazione dei corrispettivi specifici versati dai soci e/o tesserati potrebbe minare la tenuta dell’ente sotto il profilo economico e finanziario, determinandone, nei fatti, la chiusura.
Accanto all’obbligo iniziale (il “primo” modello Eas), da inviarsi nei 60 giorni successivi alla costituzione dell’ente o da quando l’ente non commerciale di tipo associativo intendere godere delle agevolazioni previste dall’articolo 148 Tuir, è previsto un successivo obbligo di ripresentazione del modello stesso laddove sia necessario comunicare variazioni intervenute nel periodo d’imposta precedentemente concluso.
Detto ultimo obbligo non ha un termine “mobile” come quello relativo alla presentazione del primo modello Eas, ma deve essere assolto nel termine fisso del 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui si è verificata la variazione e solo in relazione a quelle modifiche che il legislatore ha ritenuto – come diremo nella seconda parte del presente contributo – avere carattere “rilevante”.
È quindi il prossimo 31 marzo 2021 il termine entro il quale le organizzazioni non commerciali di tipo associativo dovranno verificare se nel trascorso periodo d’imposta (ancorché chiuso ma non ancora approvato) sono intervenute modifiche che devono essere obbligatoriamente comunicate in via telematica all’Agenzia delle entrate.
Nel descritto scenario pare opportuno svolgere qualche considerazione ulteriore in merito agli effetti che si determinano a seguito della omessa presentazione del modello Eas, adempimento che ha lo scopo di consentire l’applicazione delle previsioni fiscali di favore contenute nell’articolo 4 D.P.R. 633/1972 e nell’articolo 148 Tuir; disposizioni che permettono di “decommercializzare” le entrate derivanti da attività rese in conformità degli scopi istituzionali nei confronti degli associati e/o tesserati.
A questo proposito, se è pacifico che la mancata presentazione del “primo” modello Eas determini queste conseguenze, non è altrettanto pacifico che ciò accada nei casi omessa presentazione dei “successivi” modelli Eas (finalizzati, come detto, a comunicare le variazioni intervenute).
Su questo, in presenza di posizioni dubitative espresse dalla dottrina, non constano chiarimenti dirimenti da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Ed è proprio per questa ragione che la mancata verifica circa l’obbligo di comunicare attraverso la ripresentazione del modello Eas anche una semplice variazione diventa ancor più delicata e foriera di conseguenze che potrebbero essere devastanti per l’ente interessato.
Va altresì tenuto presente che il modello Eas assolve anche alla funzione di permettere l’autodenuncia da parte dell’ente non commerciale che verifica il venir meno dei requisiti che gli consentono di godere delle agevolazioni fiscali.
In questo caso gli è fatto obbligo, attraverso la compilazione di un’apposita sezione del modello denominata “Perdita dei requisiti”, di presentare il modello Eas nel termine di 60 giorni decorrenti dal momento in cui tale perdita di qualifica si verifica.
Rinviando alla seconda parte di questo contributo l’esame della tipologia di variazioni che non comportano l’obbligo di ripresentazione del modello Eas e, per sottrazione, quelle che invece ne richiedono la ripresentazione, vediamo in chiusura di questo primo commento quali strumenti sono a disposizione dell’ente non commerciale per “rimediare” a possibili dimenticanze nell’espletare il richiamato adempimento telematico.
Con l’articolo 2, comma 1, D.L. 16/2012 (convertito, con modificazioni, dalla L. 44/2012) il legislatore ha introdotto il cosiddetto istituto della “remissione in bonis”, al fine di evitare che mere dimenticanze relative a comunicazioni ovvero, in generale, ad adempimenti formali non eseguiti tempestivamente precludano al contribuente la possibilità di fruire di benefici fiscali o di regimi opzionali.
Con la circolare 38/E/2012 e con la successiva risoluzione 110/E/2012, l’Agenzia delle entrate ha opportunamente confermato che anche l’omesso invio del Modello Eas può beneficiare dell’istituto della remissione in bonis. Per accedere a detto istituto, tuttavia, è necessario che la violazione “non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza”.
Per regolarizzare l’ente deve:
- effettuare la trasmissione telematica del modello Eas “entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile” (da intendersi come la prima dichiarazione dei redditi il cui termine di presentazione scade successivamente a quello previsto per effettuare la comunicazione);
- versare una sanzione di 250 euro tramite modello F24 Elide, indicando il codice tributo 8115 (va precisato che deve trattarsi di un effettivo esborso di denaro non essendo ammessa la compensazione della sanzione con alcun credito d’imposta).
In assenza di chiarimenti ufficiali circa gli effetti derivanti dalla mancata (ri)presentazione del modello Eas in presenza di variazioni rilevanti, e pur con la possibilità di intervenire successivamente avvalendosi della remissione in bonis, si consiglia quindi di operare per tempo le valutazioni circa l’esistenza di variazioni oggetto di comunicazione telematica in vista della prossima scadenza del 31 marzo 2021.