Modifiche in arrivo nella definizione di stabile organizzazione
di Fabio LanduzziIl Final Report dell’Action 7 del Beps (Base Erosion and Profit Shifting) pubblicato dall’Ocse prevede diverse modifiche alla definizione di “stabile organizzazione” contenuta nell’art. 5 del Modello di Convenzione Ocse contro le doppie imposizioni. La ratio dell’intervento risiede nella avvertita necessità in campo internazionale di aggiornare la definizione di stabile organizzazione in quanto è ritenuta non più in grado di assicurare una corretta allocazione del diritto impositivo sui profitti d’impresa. Lo strumento con cui il recepimento normativo di queste modifiche potrà avvenire è quello del cd. “Multilateral agreement”, senza che ricorra in questo modo la necessità di intervenire in tutte le Convenzioni contro le doppie imposizioni che sono in vigore fra i singoli Stati; dal lato italiano, vi è da attendersi comunque anche un intervento di aggiornamento del testo dell’art. 162 del Tuir contenente appunto la definizione di stabile organizzazione.
È comunque rilevante sottolineare che le modifiche contenute nel documento citato valgono solo per il futuro, per cui esse non impattano sulla applicazione delle precedenti previsioni di cui alle Convenzioni vigenti strutturate secondo il modello Ocse.
Il documento è piuttosto articolato, ma le principali modifiche che esso intende apportare allo status quo riguardano i seguenti temi:
- la regolamentazione del cd. “commissionaire agreement”, ovvero la configurazione del contratto di commissionario alla vendita e l’esistenza di eventuali strumenti artificiosamente volti ad evitare l’incorporazione di una stabile organizzazione nello Stato estero: in questo ambito, il documento si sofferma sulla nozione di “conclusione dei contratti” d’affari proprio per quanto ciò assume rilevanza rispetto alla identificazione di una eventuale stabile organizzazione del committente;
- la definizione di attività preparatorie e / o ausiliarie, con particolare riferimento al contrasto avverso manovre eventualmente tese a frammentare artificiosamente il business (cd. anti fragmentation rule) sempre al fine di eludere la configurazione della stabile organizzazione del soggetto estero.
L’impatto di questo Report non è quindi affatto meramente nozionistico ma può determinare, in alcuni casi, per le imprese multinazionali, la necessità di rivedere l’impostazione del proprio modello di business al fine di accertare di essere sottratte, nel futuro, al rischio di contestazioni riguardanti la presunta incorporazione di una stabile organizzazione in Stati nei quali, fino ad ora, lo schema di business adottato non aveva posto il tema con spiccata criticità.
Abbiamo premesso che una delle strutture che maggiormente ha ricevuto l’attenzione dell’Ocse è quella del modello distributivo del commissionario. L’Ocse è quindi andato nella direzione di modificare la definizione di stabile organizzazione contenuta nell’art. 5 del Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni prevedendo che possa ricorrere il caso della “stabile organizzazione personale” anche indipendentemente dal fatto che via sia una conclusione di contratti in nome dell’impresa committente non residente, quando il soggetto (commissionario) svolge un ruolo decisivo nella conclusione di contratti stessi che vengono poi sistematicamente perfezionati senza che l’impresa estera (committente) intervenga con modifiche di sostanza.
Un sintomo del ricorrere di questa circostanza, segnalato nel documento di modifica, sarebbe costituito dalla previsione di un compenso per il commissionario commisurato al volume d’affari dell’impresa estera committente.
Sono comunque escluse le attività promozionali e pubblicitarie, come pure i casi di una mera partecipazione dell’impresa alle trattative che, di per se stesse, non potrebbero integrare quella determinante partecipazione alla conclusione del contratto che costituisce il presupposto della stabile organizzazione, come pure restano escluse le figure del distributore che acquista e rivende in nome e per conto proprio.