Molti (poco chiari) pignoramenti
di Massimiliano TasiniIl pignoramento di crediti presso terzi è disciplinato dall’articolo 72-bis D.P.R. 600/1973. La disposizione, nel testo vigente dal 22 giugno 2013 quale risultante dopo le modifiche apportate dall’articolo 52, primo comma, lett. e), D.L. 69/2013, è suddivisa in tre commi.
Il presente articolo è dedicato al primo comma.
Esso prevede che
- fatto salvo che per i crediti pensionistici e
- fermo restando quanto previsto dall’articolo 545, commi 4, 5 e 6 C.p.c. e dall’articolo 72-ter D.P.R. 602/1973;
l’atto di pignoramento può contenere, in luogo della citazione di cui all’articolo 543, secondo comma n. 4), C.p.c., l’ordine al terzo di pagare il credito direttamente al concessionario, fino a concorrenza del credito per cui si procede:
a) nel termine di sessanta giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento, per le somme per le quali il diritto alla percezione sia maturato anteriormente alla data di tale notifica;
b) alle rispettive scadenze, per le restanti somme.
La disposizione in sostanza introduce un procedimento straordinario, che pone Equitalia in una posizione di assoluto “favor” rispetto a qualsivoglia creditore, che è invece costretto a seguire il procedimento fissato dal C.p.c.
Il procedimento speciale è quanto mai rapido ed efficace, articolandosi
- senza giudice;
- senza difensore;
- e con la massima ampiezza.
Questa evidente condizione di favore ha fatto sorgere evidenti dubbi di legittimità, peraltro fugati da Corte Costituzionale con ordinanza n. 393/2008.
Fin qui è abbastanza chiaro.
Riguardo ai crediti pensionistici, si rileva che il D.L. 83/2015, in vigore dal 27 giugno 2015, ha apportato modifiche all’articolo 545 C.p.c., in particolare introducendo il seguente comma: “le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge”.
Come si diceva sopra, l’articolo 72-bis fa salvo anche l’articolo 72-ter, che fissa i limiti di pignorabilità. Anche tale disposizione è stata novellata dal D.L. 69/2013, con effetto dal 22 giugno, e prevede che le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate da parte di Equitalia nelle seguenti misure:
- un decimo per importi fino a 2.500 euro;
- un settimo per importi da 2.501 euro e fino a 5.000 euro.
Il successivo secondo comma fa salva la misura (un quinto) prevista dall’articolo 545, quarto comma, C.p.c. se le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, superano i 5.000 euro.
La disposizione si chiude con il comma 2-bis, che prevede che il pignoramento di stipendi e simili può essere effettuato anche se tali somme sono state depositate sul conto corrente del debitore, ma resta in ogni caso escluso l’ultimo stipendio o pensione che resta sempre disponibile per qualsiasi necessità del debitore.
Il canale “privilegiato” (articolo 72-bis, in luogo della procedura del C.p.c.) non sembra valere però in caso di conti correnti cointestati, posto che si tratta di beni comuni indivisi, la cui espropriazione dovrebbe andare soggetta alle ordinarie regole del C.p.c.
Questa tesi è stata confermata dal Tribunale di Sulmona con l’Ordinanza 20.03.2013, che, con riguardo all’ipotesi di pensione accreditata su libretto cointestato, relativamente al procedimento ex articolo 72-bis D.L. 602/1973, ha stabilito che deve essere sospesa l’efficacia dell’esecuzione nella misura del cinquanta per cento, autorizzando il terzo contitolare del libretto – estraneo al rapporto tra creditore e debitore – a disporre liberamente della metà delle somme depositate, in quanto ogni contitolare di un libretto di deposito mantiene la proprietà esclusiva sulla parte che è idealmente di sua spettanza.
In materia si segnala l’ordinanza del Tribunale di Savona 2.01.2014 che afferma la permanenza della natura privilegiata del rateo pensionistico anche quando la relativa somma venga accreditata su un conto corrente o libretto di deposito, a condizione che:
a) la natura del credito sia immediatamente riconoscibile per natura ed importo;
b) non sussistano all’attivo voci diverse dall’accredito della pensione ovvero non siano stati effettuati prelievi subito dopo il deposito della somma.
Ciò nella considerazione che “non si vede come il mero accredito possa mutare la natura assistenziale della somma versata”.
Tale tesi è però fortemente avversata dalla giurisprudenza consolidata, secondo cui “il divieto di pignorabilità della pensione viene meno quando, una volta corrisposta, essa si confonde col patrimonio del percettore” (Tribunale Roma, 24.03.2000). Secondo tale orientamento, l’impignorabilità della parte di pensione idonea ad assicurare mezzi adeguati alle esigenze di vita del pensionato non sopravvive al momento in cui “le somme provenienti da trattamento pensionistico, […] una volta percepite dal debitore, nella specie, affluite su conto corrente del medesimo, perdono la loro specifica connotazione, rientrando nel patrimonio dell’obbligato” (Tribunale Bari, sez. II, n. 2946/2010), con conseguente possibilità dei creditori di procedere ad aggredire tali somme.
Dopo una notevole pressione politica, ed una audizione dell’ex Direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera, Equitalia ha peraltro diramato una Nota con la quale ha “regolamentato” la fattispecie.
La Nota dispone che per i contribuenti lavoratori dipendenti o pensionati non si procede, in prima battuta, a pignoramenti presso istituti di credito o Poste. Tali azioni «saranno attivabili solo dopo che sia stato effettuato il pignoramento presso il datore di lavoro o l’ente pensionistico e che, in ragione delle trattenute accreditate, il reddito da stipendio o pensione risulti pari o superiore a 5mila euro mensili».
Ne consegue che se il contribuente ha un reddito o una pensione uguale o inferiore a 5.000 euro, non riceverà mai il pignoramento del conto corrente bancario; egli potrà, al massimo, subire il pignoramento presso terzi direttamente alla fonte, ossia presso il datore di lavoro o l’Inps; in tal caso, però, il pignoramento potrà avvenire solo entro i seguenti limiti:
a) un decimo: per importi (stipendi) fino a 2.500 euro;
b) un settimo: per importi (stipendi) da 2.500 euro a 5.000 euro;
c) un quinto: per importi (stipendi) superiori a 5.000 euro.
Viceversa, se il contribuente ha un reddito o una pensione superiore a 5.000 euro, per esempio di 6.000 euro, il discorso cambia: anche in tal caso, l’Agente dovrà:
- prima agire con il pignoramento del quinto nei confronti del datore di lavoro o dell’Inps.
- se anche dopo tale trattenuta il reddito o la pensione risultano uguali o addirittura superiori a 5.000 euro, in tal caso – e solo in tal caso – Equitalia potrà procedere al pignoramento del conto in banca.
Con riguardo poi alla possibilità che concorrano più pignoramenti, Tribunale di Verona Ordinanza, 23.01.2013 ha stabilito che il tentativo di recupero da parte dell’Agente di riscossione è illegittimo quando intende rivalersi su uno stipendio già pignorato fino al limite di legge in virtù di una precedente procedura esecutiva già avviata da un Istituto di Credito.
Sul piano più generale, dal panorama giurisprudenziale evocato emerge che il giudice competente non è quello tributario, bensì quello dell’esecuzione; questa tesi è stata recentemente confermata dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 8618/2015, in quanto il procedimento ex articolo 72-bis D.P.R. 602/1973 integra una ipotesi di espropriazione, fase sottratta alla cognizione del giudice tributario ex articolo 2 D. Lgs. 546/1992.
Naturalmente, occorre verificare se nel caso concreto possa sussistere la cognizione del giudice tributario in ragione della eventuale presenza di un vizio prodromico all’atto ex articolo 72-bis. In questo senso è la sentenza del Tribunale provinciale Emilia-Romagna – Reggio Emilia n. 98/2013, secondo cui, avverso il pignoramento presso terzi, l’opposizione originariamente azionata presso il Giudice dell’esecuzione, successivamente all’avvenuta concessione della sospensione, può essere legittimamente riassunta nel merito presso il Giudice tributario competente per giurisdizione qualora il predetto provvedimento costituisca il primo atto di riscossione di cui il contribuente sia venuto a conoscenza.