Multiattività: studi di settore ad efficacia ridotta
di Luca CaramaschiNon sono poche le situazioni nelle quali i contribuenti (imprenditori individuali o società) svolgono, con la medesima partita Iva, più attività dalle quali conseguono ricavi.
In questi casi la disciplina degli studi di settore, che dovrebbe con il periodo d’imposta 2017 arrivare a compimento in favore dei nuovi indicatori sintetici di affidabilità fiscale (gli ISA) applicabili dal periodo d’imposta 2018, presenta modalità compilative e applicative differenti rispetto alle posizioni monoattività.
Si tenga presente, poi, che non necessariamente la “multiattività” rilevante ai fini degli studi di settore deve coincidere con la possibilità concessa dall’articolo 36 D.P.R. 633/1972 di separare le attività ai fini Iva, in quanto è solo necessario che il contribuente abbia aperto in relazione all’attività esercitata il relativo codice ATECO.
Sul tema si osserva che con il D.M. 11.02.2008 il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha segnato una svolta nella gestione degli studi di settore con riferimento ai soggetti cosiddetti “multiattività”.
In una logica di semplificazione degli adempimenti, infatti, vengono abrogate tutte le disposizioni che fino al 2006 hanno regolato tale fenomeno (in particolare la compilazione dei modelli M “Annotazione separata – composizione dei ricavi” ed N “Annotazione separata – dati contabili e del personale a destinazione promiscua”, propedeutici all’applicazione del software “Gerico Annotazione Separata”). Semplificazioni che vengono ben spiegate dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 31/E/2008, che tuttora conserva piena validità.
Secondo le attuali disposizioni, peraltro, l’obbligo di separazione dei ricavi permane anche in presenza di attività da parametri (non marginali), in quanto lo stesso è previsto quando per almeno una delle attività svolte trovano applicazione gli studi di settore.
Al fine di operare la separazione dei ricavi è presente all’interno di ogni singolo studio di settore una sezione specifica dedicata a tale scopo e che seguito si riporta.
L’attuale regola da seguire è quella per la quale, in presenza di più attività svolte, trova applicazione lo studio di settore relativo alla “attività prevalente”, da intendere come “quella da cui deriva nel periodo d’imposta la maggiore entità dei ricavi”.
Particolari criteri poi sono dettati dalla citata circolare 31/E/2008, per individuare “l’attività prevalente”. I contribuenti che esercitano più attività d’impresa devono preliminarmente valutare se due o più delle attività esercitate sono comprese nello stesso studio di settore; in tale ipotesi, ai fini della determinazione dell’attività prevalente, si devono sommare i ricavi provenienti dalle attività che, seppur contraddistinte da diversi codici d’attività, rientrano nel campo di applicazione del medesimo studio di settore.
Per quanto attiene alle concrete modalità di annotazione separata dei ricavi, il citato documento di prassi precisa che il contribuente può utilizzare il metodo ritenuto più idoneo (codici causali, registri sezionali, schede extracontabili, ecc.).
Il documento di prassi in commento poi fornisce esemplificazioni utili a comprendere le diverse situazioni che possono scaturire dalla compilazione del prospetto indicato in precedenza.
Gli esempi della circolare AdE 31/E/2008
Caso 1
attività X (studio A) € 100.000 (20%) attività Y (studio A) € 200.000 (40%) attività Z (studio B) € 200.000 (40%) |
prevalenti le attività comprese nello studio A |
Il contribuente applicherà lo studio A e compilerà il relativo modello, con l’indicazione dei dati (contabili ed extracontabili) riferiti all’intera attività d’impresa esercitata |
Caso 2
attività X (studio A) € 200.000 (20%) attività Y (studio A) € 550.000 (55%) attività Z (parametri) € 250.000 (25%) |
prevalenti le attività comprese nello studio A |
Il contribuente applicherà lo studio A e compilerà il relativo modello, con l’indicazione dei dati (contabili ed extracontabili) riferiti all’intera attività d’impresa esercitata |
Caso 3
attività X (studio A) € 300.000 (20%) attività Y (studio B) € 750.000 (50%) attività Z (parametri) € 450.000 (30%) |
prevalenti le attività comprese nello studio B |
Il contribuente applicherà lo studio B e compilerà il relativo modello, con l’indicazione dei dati (contabili ed extracontabili) riferiti all’intera attività d’impresa esercitata |
Caso 4
attività X (studio A) € 800.000 (40%) attività Y (studio B) € 200.000 (10%) attività Z (parametri) € 1.000.000 (50%) |
prevalenti le attività da parametri |
Nella fattispecie il contribuente applicherà i parametri
|
In presenza di più attività svolte dal medesimo contribuente, quindi, l’attuale disciplina conduce sempre e comunque all’applicazione di un unico studio di settore (o dei parametri se l’attività prevalente è soggetta a tale strumento) in relazione ai dati riferiti all’intera attività d’impresa esercitata.
Tuttavia, e qui arriva l’indicazione importante, i risultati che emergeranno dal software Ge.ri.co (o dal Ricavometro) potranno essere utilizzati con differenti finalità a seconda del rapporto esistente tra:
- l’ammontare complessivo dei ricavi dichiarati
- l’ammontare dei ricavi riferito alle attività non prevalenti
Solo se i ricavi riferiti alle attività non prevalenti rimangono sotto una determinata soglia dei ricavi complessivi, le risultanze di Ge.ri.co potranno essere utilizzate direttamente per l’accertamento tramite gli studi di settore; al contrario, se i ricavi riferiti alle attività non prevalenti si attestano al di sopra della predetta soglia, le risultanze di Ge.ri.co avranno una mera funzione “segnaletica” nel senso che potranno essere utilizzate esclusivamente ai fini della selezione delle posizioni da sottoporre a controllo con le ordinarie metodologie.
In relazione alla misura di tale soglia, occorre segnalare che il DM 11.02.2008 ha stabilito, a regime, una percentuale pari al 30% decorrente dal periodo d’imposta 2008 e valida ancora oggi.
Applicando le regole sopra evidenziate, con riferimento agli esempi formulati in precedenza, si osserva che la diretta utilizzazione dei risultati derivanti dall’applicazione degli studi di settore risulterà quindi possibile solo nel Caso 2, mentre per i Casi 1 e 3 varrà unicamente la possibilità di utilizzo come strumento di selezione.
Inoltre, con riferimento alle modalità di accertamento sopra evidenziate, vale la pena evidenziare l’apprezzabile considerazione fornita dall’Agenzia con la circolare 31/E/2008 in merito a tutte quelle situazioni in cui le attività prevalenti si attestano in prossimità della soglia indicata. In tal senso, è parso quanto mai opportuno il richiamo alla precedente circolare 5/E/2008 nella quale l’Agenzia, sconfessando l’automatismo accertativo in presenza di non congruità alle risultanze degli studi di settore, afferma quanto segue:
“Pertanto, qualora le risultanze degli studi di settore depongano per la non congruità della posizione del contribuente, ove la stessa sia caratterizzata dal conseguimento di ricavi per le attività non prevalenti pari o inferiori al 30 per cento di quelli complessivi, l’Ufficio dovrà tener conto di tale particolare situazione nella fase del contraddittorio con il contribuente. Stante il contestuale esercizio delle attività non prevalenti, la stima dei ricavi presunti, operata mediante lo studio di settore relativo alla o alle attività prevalenti, potrebbe infatti, in casi specifici, non cogliere adeguatamente la effettiva situazione del contribuente. Tale eventualità potrebbe verificarsi, ad esempio, laddove l’incidenza dei ricavi delle attività non prevalenti, su quelli complessivi, sia prossima alla soglia del 30 per cento, così come qualora le attività non prevalenti siano disomogenee rispetto a quelle considerate dallo studio di settore applicabile”.