Nel bosco delle leggi del terzo settore
di Guido MartinelliLa legge delega di riforma del terzo settore (L. 106/2016) contempla la revisione di tutte le disposizioni che oggi regolano il terzo settore nell’ambito del codice civile (articolo 3) e della legislazione settoriale (articoli 4 e 9), il volontariato (articolo 5), l’impresa sociale (articolo 6) e il servizio civile universale (articolo 8). In particolare, si propone anche di: “semplificare la normativa vigente garantendone la coerenza giuridica, logica e sistematica” (articolo 2). Proprio su quest’ultimo punto vorremmo soffermare la nostra attenzione.
È noto che, ad oggi, la disciplina del terzo settore, oltre che nel primo libro del codice civile (articoli 14 – 42) è distribuita nelle seguenti leggi speciali:
- Onlus – D.Lgs. 460/19971;
- cooperative sociali – L. 381/1991;
- ONG – L. 49/1987;
- organizzazioni di volontariato – L. 266/1991;
- fondazioni lirico–sinfoniche – D.Lgs. 367/1996;
- organizzazioni di promozione sociale – L. 383/2000;
- sportive dilettantistiche – articolo 90, L. 289/2002;
- impresa sociale – D.Lgs. 155/2006
- cooperazione internazionale sviluppo – L. 125/2014
Ma già rimanendo su discipline di carattere generale troviamo i primi distinguo. Infatti l’articolo 6 del D.P.R. 601/1973 riduce alla metà l’imposta sul reddito delle seguenti associazioni purché dotate di personalità giuridica:
- enti di assistenza sociale e beneficienza;
- istituti di istruzione, studio e sperimentazione di interesse generale che non hanno scopo di lucro, corpi scientifici, accademie, fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, di esperienze e ricerche aventi scopi esclusivamente culturali;
- enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficienza o di istruzione.
Andando a curiosare nelle pieghe del nostro corpus normativo troviamo anche altre figure che aumentano a dismisura la casistica di dettaglio.
Si parte con l’attività didattica e culturale dei collegi universitari. Infatti, l’articolo 8 comma 3 del D.L. 90/1990 convertito dalla L. 165/1990 fa rientrare tra le: “attività non commerciali a tutti gli effetti tributari le prestazioni aventi per oggetto lo svolgimento di attività didattica e culturale a carattere nazionale e internazionale svolta da collegi universitari legalmente riconosciuti e posti sotto la vigilanza del Ministero dell’università e della ricerca scientifica, comprese le prestazioni relative all’alloggio, al vitto, e alla fornitura di libri e materiali didattici”. Attività, queste ultime, che invece sono considerate per presunzione sempre di natura commerciale, anche se svolte in favore di soci o tesserati, dall’articolo 148 del Tuir.
Gli enti non commerciali che esercitano attività di agriturismo, invece, ai sensi di quanto previsto dal primo comma dell’articolo 5 della L. 413/1991 possono determinare il reddito imponibile applicando all’ammontare dei ricavi conseguiti con l’esercizio di tale attività al netto dell’imposta sul valore aggiunto, il coefficiente di reddittività del 25 %.
L’articolo 2 comma 31 della L. 350/2003 estende alle associazioni bandistiche e cori amatoriali, filodrammatiche, di musica e danza popolare legalmente costituite senza scopo di lucro le agevolazioni tributarie riguardanti le associazioni sportive dilettantistiche.
Per i circoli e le associazioni di cultura cinematografica ai sensi dell’articolo 25 comma 3 del D.Lgs. 28/2004, costituiti quali enti non commerciali, le quote versate dai soci e gli incassi derivanti dall’emissione dei titoli di accesso ai medesimi non concorrono a formare il loro reddito imponibile.
L’articolo 1, commi 185–187 della L. 296/2006 prevede l’esenzione da Ires per le associazioni operanti nelle manifestazioni storico-culturali in ambito locale.
La L. 244/2007, ai suoi commi 266 e 267, disciplina i c.d. “gruppi di acquisto solidale“, qualificandoli come soggetti associativi senza scopo di lucro costituiti con il fine di svolgere attività di acquisto collettivo di beni e distribuzione dei medesimi, senza applicazione di alcun ricarico, esclusivamente agli aderenti, con finalità etiche, di solidarietà sociale e di sostenibilità ambientale, in diretta attuazione degli scopi istituzionali e con esclusione di attività di somministrazione e di vendita. Dette attività, rivolte: “verso gli aderenti, non si considerano commerciali ai fini dell’applicazione del regime di imposta di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 4, settimo comma, del medesimo decreto, e ai fini dell’applicazione del regime di imposta del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”.
Si spera che cercando ancora non salti fuori dell’altro. Non c’è ombra di dubbio che appare fondamentale mettere un po’ d’ordine nella disciplina fiscale degli enti non commerciali.
5 Aprile 2017 a 15:25
Dott. Martinelli, ricorderei in tema fiscale soprattutto la legge 398/91…