6 Dicembre 2024

Nessuna decadenza dal compendio unico in caso di affitto alla “propria” società

di Luigi Scappini
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Il Legislatore, per cercare di contrastare l’indubbio nanismo di cui soffre l’imprenditoria italiana e, in particolar modo quella impegnata nel settore primario, ha da tempo dotato il settore di alcuni “strumenti” atti ad agevolare, nonché incentivare, l’accorpamento di terreni.

In particolare, le norme tese a incentivare, ma soprattutto agevolare i soggetti che operano in maniera stabile nel settore agricolo, riguardano sia la disciplina civilistica sia quella, non meno importante, fiscale, prevedendo, in questa seconda fattispecie, una indubbia riduzione del carico fiscale relativo all’acquisto di terreni agricoli.

In particolare, il legislatore, con la L. 97/1994, in ottemperanza a quanto stabilito dall’articolo 44, Costituzione, norma che, con lo scopo di “conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali”, dispone norme tese a favorire provvedimenti a favore delle zone montane, ha introdotto alcune norme specifiche che, successivamente, per effetto di quanto stabilito dall’articolo 5-bis, D.Lgs. 228/2001, hanno trovato applicazione su tutto il territorio nazionale.

Ai sensi dell’articolo 5-bis, L. 97/1994, nei territori delle Comunità montane, il trasferimento, a qualsiasi titolo, di terreni agricoli a coltivatori diretti e a Iap che si impegnano a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo per un periodo di almeno 10 anni dal trasferimento, non comporta l’applicazione delle imposte di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere.

L’articolo 5-bis, comma 2, D.Lgs. 228/2001, prevede che la previsione di cui sopra si rende applicabile su tutto il territorio nazionale, prevedendo, inoltre, l’abbattimento a 1/6 degli onorari notarili.

Innanzitutto, le norme richiamate possono essere azionate esclusivamente dai coltivatori diretti e dagli Iap. Proprio in riferimento agli Iap, la recente ordinanza n. 29342/2024, ha precisato che tale possibilità è condizionataa pena di decadenza, alla presentazione, contestuale all’acquisto fondiario, dell’istanza di riconoscimento della qualifica di Iap e all’accertamento del possesso dei relativi requisiti entro 24 mesi dalla istanza stessa.”, con la particolarità che “Se al momento dell’acquisto è sufficiente l’assunzione d’impegno e non occorre la qualifica soggettiva, è tuttavia necessario che quest’ultima sopravvenga in tempo certo”, individuato in 24 mesi dalla presentazione dell’istanza.

Il mancato rispetto di tali tempistiche comporterebbe, infatti, che la “ratio legis di promozione del compendio unico quale fattore di redditività dell’azienda agraria sarebbe delusa se il beneficio fiscale potesse permanere sine die in capo a soggetto privo di qualifica imprenditoriale agricola, sicché l’istanza di riconoscimento di tale qualifica deve essere contestuale all’atto di acquisto fondiario, onde far decorrere il termine biennale di accertamento; come dimostra l’impiego normativo della congiunzione “nonché”, l’iscrizione previdenziale è requisito non alternativo, ma concorrente (cfr. ordinanza n. 9843/2017).

Per quanto riguarda la dimensione necessaria per poter azionare la norma agevolativa, di fatto, il concetto di compendio unico è andato a sostituirsi a quello di minima unità colturale, un tempo definita dall’abrogato articolo 846, cod. civ., quale “estensione di terreno necessaria e sufficiente per il lavoro di una famiglia agricola e, se non si tratta di terreno appoderato, per esercitare una conveniente coltivazione secondo le regole della buona tecnica agraria.

Il compendio unico, per effetto dell’articolo 5-bis, comma 1, D.Lgs. 228/2001, ove non diversamente disposto dalle leggi regionali “si intende l’estensione di terreno necessaria al raggiungimento del livello minimo di redditività determinato dai piani regionali di sviluppo rurale per l’erogazione del sostegno agli investimenti previsti dai Regolamenti (CE) nn. 1257 e 1260/1999, e successive modificazioni.”.

Infine, la norma richiede che per un decennio, il compendio unico sia coltivato o condotto dal coltivatore diretto o dallo Iap.

Con la recente ordinanza n. 30684/2024, la Cassazione ha chiarito che “la concessione del fondo o di una sua parte in affitto può determinare la perdita dei benefici di cui agli articoli 5-bis, L. 97/1994 e 5-bis, D.Lgs. 228/2001 solo se si traduce in una violazione, da parte dell’acquirente, dell’impegno a coltivare e condurre il fondo, in qualità di coltivatore diretto o di Iap, per un periodo di almeno 10 anni dal trasferimento: ciò non avviene, in considerazione dell’articolo 9, D.Lgs. 228/2001, se il contratto è stipulato con una società agricola, i cui unici soci sono gli originari acquirenti del fondo.”.