Nessuna esenzione per l’immobile della società semplice agricola adibito ad abitazione principale del socio
di Luigi ScappiniLa Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 11133/2024, ha negato l’applicazione dell’esenzione Imu per gli immobili posseduti da una società semplice (nel caso di specie agricola) e adibiti ad abitazione principale da parte di uno dei soci.
La società istante riteneva applicabile l’esenzione in parola, in forza dell’equiparazione della società agricola allo Iap prevista dall’articolo 16-ter, D.L. 34/2019, ai sensi del quale le agevolazioni tributarie previste ai fini Imu, alle condizioni di cui all’articolo 13, comma 2, D.L. 201/2011, convertito, con modificazioni, dalla L. 214/2011, si applicano anche alle società agricole, di cui all’articolo 1, comma 3, D.Lgs. 99/2004, norma espressamente prevista di carattere interpretativo e, quindi, aventi effetti retroattivi.
Preliminarmente torna utile ricordare come si definiscano società agricole, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 2, D.Lgs. 99/2004, le società che:
- hanno quale oggetto esclusivo l’esercizio delle attività di cui all’articolo 2135, cod. civ.;
- hanno la ragione sociale o la denominazione sociale riportante espressamente l’indicazione di società agricola.
Tali società, per effetto di quanto previsto dall’articolo 1, comma 3, D.Lgs. 99/2004, si considerano a tutti gli effetti alla stregua degli Iap (imprenditore agricolo professionale) nel momento in cui:
- nel caso di società di persone, qualora almeno un socio sia in possesso della qualifica di Iap (per le Sas la qualifica si riferisce ai soci accomandatari);
- nel caso di società di capitali o cooperative, quando almeno un amministratore che sia anche socio per le società cooperative, sia in possesso della qualifica di Iap.
Ne deriva che alle società agricole – che si considerano Iap per effetto della presenza nella compagine societaria di un soggetto qualificante – si rendono applicabili le agevolazioni previste per i coltivatori diretti e gli Iap; tuttavia, come precisa la Cassazione nell’ordinanza n. 11133/2024, il dato letterale della norma depone per l’applicazione delle agevolazioni e non anche delle esenzioni.
A questo deve aggiungersi l’ulteriore passaggio per cui lo stesso articolo 13, comma 2, D.L. 201/2011, nella versione allora vigente, richiamato dalla norma di interpretazione autentica, solo nel secondo periodo fa riferimento ai coltivatori diretti e agli Iap.
In ragione del quadro normativo ricostruito, le agevolazioni tributarie, riconosciute ai fini Imu, alle condizioni previste dall’articolo 13, comma 2, D.L. 201/2011, sono da intendersi come quelle di cui all’articolo 2, comma
1, lettera b), D.Lgs. 504/1992 e, quindi, alla fictio iuris relativa ai terreni edificabili che non vengono considerati come tali e non anche all’esenzione prevista per gli immobili destinati ad abitazione principale.
Del resto, afferma la Cassazione, “la ratio della estensione alle società agricole del trattamento tributario in esame è giustificata dalla equiparazione, ai fini tributari, dell’impresa agricola in forma collettiva a quella in forma individuale.”.
Ma, a prescindere da tali considerazioni, a rafforzare l’interpretazione dei Supremi giudici, vi è un indiscusso filone giurisprudenziale che, ritenendo correttamente la società semplice soggetto giuridico diverso dai soci, ed essendo l’agevolazione per l’abitazione principale prevista per le sole persone fisiche possessori dell’immobile, ritiene che, non essendovi identità tra possessore (la società) e utilizzatore (i soci), l’esenzione non è azionabile.
In tal senso, si è espressa la Cassazione, con la sentenza n. 23679/2019, e più recentemente con la sentenza n. 18554/2022, per cui “la società semplice è un soggetto giuridico diverso dai soci, creato con specifiche finalità, mentre l’esenzione Imu per gli immobili destinati ad abitazione principale impone che il beneficio sia concesso a persone fisiche, proprietarie di immobili o titolari di diritti reali, che utilizzano il bene con le finalità peculiari indicate dalla norma”.
E tale principio deve essere applicato anche nella particolare fattispecie per cui la società semplice rivesta la qualifica di agricola, in quanto la “parificazione, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, D.Lgs. 99/2004 ed alle condizioni ivi previste, delle società agli imprenditori agricoli professionali, trattandosi di una previsione che non è diretta a superare l’alterità soggettiva tra società e soci, ma … a parificare il trattamento tributario dell’imprenditore agricolo professionale-persona fisica e dell’imprenditore agricolo professionale-società, ovvero a riconoscere un determinato trattamento tributario all’impresa agricola, a prescindere dalla forma individuale o collettiva di esercizio”, non può trovare applicazione.