No al contraddittorio preventivo per i tributi non armonizzati
di Luigi FerrajoliIn assenza di uno specifico obbligo di contraddittorio antecedente all’avviso di accertamento, in materia di tributi non armonizzati, l’Amministrazione può emettere l’atto impositivo senza dover previamente invitare il contribuente. In ogni caso il contribuente potrebbe far valere tempestivamente le sue ragioni dinanzi all’Amministrazione, ricorrendo all’istituto dell’autotutela che appare avere la medesima capacità dissuasiva nei confronti dell’Ufficio rispetto al contraddittorio preventivo invocato dal contribuente; l’istituto dell’autotutela, infatti, non impedirebbe comunque all’Ufficio di disattendere le tesi del contribuente ed emettere ugualmente l’avviso di accertamento.
È questo il principio di diritto affermato dalla Commissione Tributaria Regionale di Milano, Sezione XIV, nella sentenza n. 2953 depositata in data 5 luglio 2017.
Nel caso oggetto della sentenza in rassegna il contribuente impugnava l’avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate censurando, fra l’altro, la violazione dell’articolo 12, commi 4 e 7 della L. 212/2000 per mancata notifica della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni di controllo da parte degli organi accertatori, rilevando che, tra la consegna dei documenti su richiesta dell’Ufficio e la notifica dell’avviso di accertamento, non era stato notificato alcun verbale di chiusura delle operazioni di verifica, ovvero un atto equipollente che avesse consentito al contribuente di dedurre le proprie osservazioni e rilievi in ossequio all’articolo 12 dello Statuto del contribuente.
Sia in primo che in secondo grado i giudici tributari hanno rigettato sul punto le argomentazioni del contribuente; in particolare, nella sentenza di appello la Commissione Tributaria Regionale di Milano ha affermato l’infondatezza della tesi difensiva in quanto basata sulla richiesta di applicazione di disposizioni che non riguardano il caso di specie. Infatti, sostengono i giudici di appello, l’Ufficio aveva emesso l’avviso di accertamento dopo avere richiesto alcuni documenti mediante l’invio al contribuente di un questionario; nessuna attività di verifica era stata svolta a monte dell’avviso di accertamento, né alcuna attività di accesso, ispezione o verifica, per le quali è espressamente prevista la redazione e notifica di un verbale conclusivo dell’attività prodromica all’accertamento.
L’attività di controllo effettuata dall’Amministrazione finanziaria mediante l’accesso a banche dati ovvero a seguito di acquisizione di documenti mediante questionario non costituisce – secondo i giudici di appello – verifica in senso tecnico per cui la previsione dell’articolo 12 dello Statuto del contribuente non risulterebbe applicabile, anche considerando che non sussiste nell’ordinamento tributario un obbligo generalizzato di contraddittorio precontenzioso, ma soltanto singole e specifiche previsioni in tale senso, come ad esempio statuito in materia di operazioni elusive e di accertamento sintetico dagli articoli 37-bis e 38 del D.P.R. 600/1973.
Sull’argomento è opportuno ricordare che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza n. 24823/2015 ha affermato che “differentemente dal diritto dell’Unione Europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione l’invalidità dell’atto”.
Di conseguenza, in tema di tributi non armonizzati tale obbligo sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi per le quali lo stesso risulti specificatamente sancito dalla norma mentre per i tributi armonizzati (quali Iva e imposte doganali), “avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purchè, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è predisposto”.