13 Maggio 2022

No al rimborso delle addizionali all’accisa sull’energia elettrica per il consumatore finale

di Angelo Ginex
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In tema di addizionali all’accisa sull’energia elettrica, il consumatore finale, anche in caso di addebito del tributo da parte del fornitore, non ha diritto a chiedere direttamente all’Amministrazione finanziaria il rimborso delle addizionali indebitamente corrisposte, a meno che provi che l’azione di ripetizione di indebito esperibile nei confronti del fornitore si riveli oltremodo gravosa.

Sono questi alcuni dei principi di diritto sanciti dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 15138, depositata ieri 12 maggio, in conformità a quanto statuito in recenti pronunce in tema di legittimazione attiva a presentare istanza di rimborso per le imposte addizionali all’accisa sull’energia elettrica indebitamente versate (cfr., Cass. n. 15504, n. 15505, n. 15506 del 21/07/2020).

La vicenda in esame trae origine dal diniego di rimborso delle addizionali all’accisa sull’energia elettrica che era stato richiesto dalla società contribuente sia all’Agenzia delle dogane che al fornitore. Avverso tale diniego veniva quindi proposto ricorso dal consumatore finale dinanzi alla Commissione tributaria di primo grado di Trento, la quale accoglieva i ricorsi previa riunione.

Tale pronuncia veniva appellata innanzi alla Commissione tributaria di secondo grado di Trento, la quale respingeva parzialmente sia l’appello proposto dalla Agenzia delle dogane, sia l’appello proposto in via incidentale dal fornitore rilevando che, secondo quanto stabilito dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, il rimborso delle accise indebitamente pagate può essere chiesto ed ottenuto anche dal consumatore finale.

Pertanto, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli e il fornitore proponevano ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Tra gli altri, si eccepiva la violazione e falsa applicazione degli articoli 14, comma 2, e 53, comma 1, D.Lgs. 504/1995 (cd. TUA), nonché dell’articolo 2033 cod.civ., poiché il giudice di appello aveva errato nel riconoscere in capo al consumatore finale la legittimazione attiva a chiedere il rimborso delle addizionali alle accise sull’energia elettrica.

Tale doglianza è stata ritenuta fondata dalla Corte di Cassazione sulla base dei principi di diritto dalla stessa già espressi in alcune recenti pronunce (cfr., Cass. nn. 15504, 15505 e 15506 del 2020).

In particolare, i giudici di vertice hanno rammentato che le imposte addizionali sul consumo di energia elettrica sono dovute, al pari delle accise, dal fornitore al momento della fornitura dell’energia elettrica al consumatore finale; nel caso di pagamento indebito, unico soggetto legittimato a presentare istanza di rimborso all’Amministrazione finanziaria è il fornitore; il consumatore finale dell’energia elettrica può agire nei confronti di quest’ultimo con l’ordinaria azione di ripetizione di indebito.

Dunque, con riferimento al caso di specie, si è affermato che analogamente a quanto accade per le accise:

  • obbligato al pagamento delle addizionali nei confronti dell’Amministrazione doganale è unicamente il fornitore;
  • il fornitore può addebitare integralmente le addizionali pagate al consumatore finale;
  • i rapporti tra fornitore e Amministrazione doganale e fornitore e consumatore finale sono autonomi e non interferiscono tra loro;
  • il consumatore finale, anche in caso di addebito del tributo da parte del fornitore, non ha diritto a chiedere direttamente all’Amministrazione finanziaria il rimborso delle addizionali indebitamente corrisposte;
  • il diritto al rimborso spetta unicamente al fornitore, che può esercitarlo nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, entro due anni dalla data del pagamento, nel caso in cui non abbia addebitato l’imposta al consumatore finale, ovvero, entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza, qualora il consumatore finale abbia esercitato vittoriosamente nei suoi confronti azione di ripetizione di indebito;
  • in caso di addebito delle addizionali al consumatore finale, quest’ultimo può esercitare l’azione civilistica di ripetizione di indebito direttamente nei confronti del fornitore, salvo chiedere in via eccezionale il rimborso anche nei confronti dell’Amministrazione finanziaria allorquando alleghi che l’azione esperibile nei confronti del fornitore si riveli oltremodo gravosa (come accade, ad esempio, nell’ipotesi di fallimento del fornitore).

Dunque, considerato che la pronuncia gravata non si è conformata ai suesposti principi, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e, non ritenendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ha deciso la causa nel merito, rigettando il ricorso originario del “consumatore finale”.