No al sequestro dei contanti senza superamento della soglia di punibilità
di Angelo GinexIn tema di reati tributari, è illegittimo il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca ex articolo 12-bis D.lgs. 74/2000, della somma in contanti rivenuta nell’autovettura del professionista in seguito a perquisizione, qualora il relativo provvedimento ritenga configurabile il fumus commissi delicti in relazione al reato di omessa presentazione della dichiarazione di cui all’articolo 5 D.Lgs. 74/2000, senza indicare alcun elemento da cui desumere la violazione della soglia di punibilità.
È questo il principio di diritto desumibile dalla sentenza n. 7525, depositata ieri 3 marzo, con la quale la Corte di Cassazione, conformandosi all’orientamento giurisprudenziale in tema di sequestro preventivo e reati tributari, si è pronunciata su una fattispecie del tutto peculiare, quale quella relativa al rinvenimento di una ingente somma in contanti nell’autovettura di un professionista.
La vicenda in esame prende le mosse dalla emissione di un decreto di sequestro, da parte del Giudice delle indagini preliminari (GIP) del Tribunale della Spezia, della somma in contanti di ammontare pari ad euro 77.250,00, trovata nella disponibilità di un professionista indagato, a seguito di perquisizione all’interno della sua autovettura.
Avverso tale provvedimento veniva proposta istanza di riesame dinanzi al Tribunale della Spezia, il quale, con ordinanza, confermava il suddetto decreto evidenziando che il decreto di sequestro risultava legittimo, poiché era configurabile il fumus commissi delicti in relazione al reato di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi ex articolo 5 D.Lgs. 74/2000. Conseguentemente, lo stesso precisava altresì che le somme che ne costituivano il prezzo o il profitto erano confiscabili ai sensi dell’articolo 12-bis D.Lgs. 74/2000, e che «la questione relativa alla soglia di punibilità avrebbe dovuto costituire oggetto di disamina nel corso della successiva attività di indagine».
Pertanto, il professionista, destinatario del provvedimento di sequestro, proponeva ricorso in Cassazione. Tra gli altri motivi, questi denunciava la violazione di legge in quanto il Tribunale adito aveva ritenuto configurabile il fumus commissi delicti, sebbene il mero possesso del denaro non poteva essere ritenuto elemento decisivo; ed inoltre eccepiva che, anche a voler ipotizzare un reato fiscale, l’imposta evasa sarebbe stata comunque sotto soglia (ovvero, pari a euro 33.000,00, il 43 per cento di euro 77.250,00, somma rinvenuta in contanti all’interno dell’autovettura).
Orbene, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dallo stesso proposto, rilevando la fondatezza delle censure relative alla ritenuta sussistenza del fumus commissi delicti in relazione al reato di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi ex articolo 5 D.Lgs. 74/2000.
Innanzitutto, la Suprema Corte ha rammentato che il giudice, nella valutazione del fumus commissi delicti, quale presupposto del sequestro preventivo, è tenuto a verificare la sussistenza di un concreto quadro indiziario; ciò significa che questi non può limitarsi alla semplice verifica astratta della corretta qualificazione giuridica dei fatti prospettati dall’accusa (cfr., Cass. Sent. n. 18183/2017).
Piuttosto, il giudice deve porre a fondamento del provvedimento di sequestro preventivo elementi di fatto, quantomeno indiziari, che consentano di ricondurre l’evento punito dalla norma penale alla condotta dell’indagato.
Nella specie, invece, è stato evidenziato che il Tribunale ha affermato che: «se è previsto che la fattispecie delittuosa configurata richiede, per essere penalmente rilevante, il superamento di una certa soglia di evasione, è anche vero che in questa sede non appare possibile … stabilire se e quando si sia determinato il superamento della soglia di punibilità richiesto dalla fattispecie».
In considerazione di ciò, la Corte di Cassazione ha osservato che non è affatto sufficiente il generico richiamo alla astratta configurabilità del reato di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, senza indicare alcun elemento da cui desumere la violazione delle soglie di legge.
Inoltre, essa ha precisato che il giudice deve procedere all’indicazione dell’ammontare della verosimile imposta evasa e quindi, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, all’indicazione del superamento della soglia di punibilità prevista dall’articolo 5 D.Lgs. 74/2000, anche se nei termini propri di una fase cautelare, attraverso tutte le opportune verifiche e, se del caso, anche ricorrendo a presunzioni di fatto.
Per le ragioni suesposte, quindi, l’ordinanza impugnata è stata annullata con rinvio, per una nuova valutazione degli elementi di fatto e che tenga conto delle argomentazioni sopra indicate.