No alla detrazione dell’Iva assolta sull’acconto relativo ad un preliminare simulato
di Angelo GinexIn tema di Iva, non sussiste il diritto alla detrazione dell’Iva di rivalsa assolta sull’acconto relativo ad un contratto preliminare di compravendita immobiliare, che non sia stato seguito dal definitivo per mancato avveramento della condizione sospensiva in esso prevista, laddove se ne accerti la natura simulata sulla base della sussistenza di plurime operazioni sottoposte ad analoga condizione sospensiva, mai verificatasi, nonché dell’elevato e anomalo, in relazione alla prassi corrente, importo versato a titolo di acconto, in relazione al corrispettivo pattuito.
Sono queste le conclusioni rassegnate dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 22092, depositata ieri 3 agosto.
La vicenda in esame trae origine dalla notifica di un avviso di accertamento con cui l’amministrazione finanziaria contestava l’indebita detrazione dell’Iva di rivalsa assolta sull’acconto relativo ad un contratto preliminare di compravendita immobiliare per mancato avveramento della condizione sospensiva avente ad oggetto la garanzia del rendimento minimo locativo, in ragione dell’inesistenza di tale operazione.
La competente Commissione tributaria regionale, in accoglimento del gravame erariale, respingeva il ricorso proposto dalla contribuente per l’annullamento di detto atto, dando altresì conto del fatto che una precedente sentenza di appello era stata cassata con rinvio dalla Corte di Cassazione, per carenza di motivazione a seguito di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate. In particolare, il gravame erariale era stato accolto evidenziando la natura simulata del contratto preliminare di compravendita immobiliare, posto in essere al solo fine di conseguire una riduzione del debito Iva per l’anno di imposta oggetto di contestazione.
Quindi, la contribuente proponeva ricorso per cassazione lamentando, ai fini che qui interessano, la violazione e falsa applicazione degli articoli 1415, 2727 e 2729 cod.civ., avendo il giudice di appello ritenuto dimostrata la natura simulata del suddetto contratto preliminare, nonché la violazione e falsa applicazione dell’articolo 54 D.P.R. 633/1972, e dei principi di neutralità, effettività e proporzionalità desumibili dalla direttiva 2006/112, avendo escluso, la sentenza impugnata, che la condotta in esame fosse inidonea a cagionare un danno per l’erario.
Ebbene, la Corte di Cassazione ha ritenuto infondate le suddette doglianze, evidenziando come la pronuncia del giudice di appello appaia immune da censura, poiché la sussunzione degli elementi fattuali operata dalla CTR, sulla base dei quali è stata poi desunta la natura simulata del contratto preliminare di compravendita immobiliare, risulta corretta sotto i tre caratteri individuatori della gravità, precisione e concordanza, cosicché non vi è dubbio che essi rappresentino indizi idonei a fondare una prova presuntiva dell’assenza di volontà delle parti degli effetti del contratto preliminare concluso.
Da tale accertamento fattuale – hanno precisato i giudici di vertice – segue necessariamente la correttezza della decisione del giudice di appello, il quale ha ritenuto che il suddetto contratto preliminare, sottoposto alla condizione sospensiva del reperimento, entro un termine ivi indicato, di conduttori per l’immobile oggetto di tale contratto ad un canone annuo prestabilito, fosse simulato e, in quanto operazione oggettivamente inesistente, non consentisse alla contribuente, parte promissaria acquirente, l’esercizio del diritto di detrazione dell’Iva di rivalsa assolta sull’acconto del prezzo pagato.
Nella specie, la natura simulata del contratto preliminare è stata desunta da molteplici indizi quali la riconducibilità delle due parti al medesimo centro di interessi; la sussistenza di plurime, analoghe operazioni, caratterizzate dall’elemento comune dell’esistenza di contratti preliminari di compravendita immobiliare, per importi rilevanti, sottoposti ad analoga condizione sospensiva, mai verificatasi; l’elevato e anomalo, in relazione alla prassi corrente, importo versato a titolo di acconto, in relazione al corrispettivo pattuito (circa il 90% del prezzo finale); la vendita dell’immobile in oggetto a terzi sei mesi prima dello spirare del termine di verificazione dell’evento dedotto in condizione; la rilevante differenza tra il prezzo fissato nel preliminare e quello della vendita dell’immobile a terzi; la differenza tra l’importo dell’acconto versato e quello, più elevato, indicato nella relativa fattura.
Dunque, la Suprema Corte ha concluso per la legittimità della pronuncia gravata, la quale ha correttamente accertato l’insussistenza del diritto alla detrazione dell’Iva di rivalsa assolta dalla contribuente, atteso che tale diritto è legato alla realizzazione effettiva della cessione di beni o della prestazione di servizi di cui trattasi, con la conseguenza che, in difetto di ciò, un siffatto diritto non può assolutamente sorgere.