No alla liquidazione automatica su questioni interpretative
di Angelo GinexIn tema di accertamento, qualora risulti necessaria un’indagine interpretativa della documentazione allegata, oppure una valutazione giuridica delle norme interessate, non può trovare applicazione la liquidazione automatica, occorrendo invece un atto di accertamento esplicitamente motivato, il quale soltanto è idoneo a rendere edotto il contribuente del percorso logico giuridico adottato dall’Amministrazione finanziaria nella diversa determinazione dell’imponibile, condizione indispensabile per permettergli di difendersi adeguatamente. Questo è il principio di diritto ribadito dalla Corte di Cassazione con ordinanza 27 aprile 2018, n. 10204.
Nel caso in esame, l’Agenzia delle entrate ricorreva alla procedura di liquidazione automatica di cui all’articolo 36-bis D.P.R. 600/1973, rideterminando al 33% l’aliquota da applicare ai redditi delle società controllate dalla contribuente e residenti in paesi a fiscalità agevolata, ai sensi dell’articolo 77 D.P.R. 917/1986 e non secondo quanto disposto dall’articolo 167 D.P.R. 917/1986, ritenuto dall’Ufficio non applicabile alla fattispecie concreta sottoposta al suo controllo.
Dopo aver perso sia il giudizio di primo grado che quello d’appello, l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso in Cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione dell’articolo 36-bis citato da parte della Commissione tributaria regionale della Lombardia. In particolare, secondo la tesi propugnata dalla ricorrente, la rideterminazione dell’aliquota era stata erroneamente ricompresa nell’alveo delle questioni di carattere interpretativo, per le quali non è possibile adottare la procedura di liquidazione automatica, consistendo invece in un mero calcolo di tipo aritmetico.
Dall’altro lato, invece, la resistente affermava la natura squisitamente esegetica della fattispecie: l’applicazione di una delle due aliquote, previste dalla legge, deriva necessariamente dall’interpretazione delle norme interessate.
Il Supremo Consesso di legittimità ha rigettato il ricorso, fornendo una chiara ed esaustiva illustrazione dei presupposti applicativi della liquidazione automatica.
In prima istanza, la Corte ha ricordato come l’Amministrazione finanziaria possa effettuare la liquidazione automatica di cui all’articolo 36-bis citato soltanto quando l’errore sia rilevabile ictu oculi a seguito di mero riscontro cartolare delle dichiarazioni presentate, nelle ipotesi eccezionali e tassativamente indicate dalla legge, vertenti su errori materiali e di calcolo, non abbisognevoli di alcuna istruttoria ed emendabili anche a vantaggio del contribuente.
Detto in altri termini, la suddetta procedura deve basarsi esclusivamente sui dati e sugli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate dal contribuente e dall’Anagrafe tributaria, consistendo in una mera correzione degli errori materiali e di calcolo commessi dal soggetto accertato in relazione alla determinazione degli imponibili, delle imposte, dei contributi e dei premi.
Successivamente, in conformità al prevalente indirizzo della giurisprudenza di legittimità, la Corte di Cassazione ha negato la possibilità di effettuare tale tipologia di controllo nelle ipotesi in cui risulti necessario risolvere prodromicamente delle questioni giuridiche o esaminare degli atti diversi dalla dichiarazione, dato il carattere eminentemente cartolare della procedura in analisi (cfr., ex multis Cass., sentenze nn. 21349/2012 e 3119/2000).
Appare chiaro, infatti, il carattere antitetico esistente fra la risoluzione di problematiche interpretative e la correzione di errori materiali o di calcolo, essendo la prima, a differenza della seconda, un’attività che involge necessariamente l’intervento dell’uomo, la quale non può essere svolta in via “meccanica” e meramente matematica.
La motivazione che è alla base di tale principio consiste nella necessità di rendere edotto il contribuente del processo logico giuridico adottato dall’Amministrazione finanziaria nella diversa determinazione dell’imponibile, al fine di permettergli di difendersi adeguatamente. Mentre nell’ipotesi della liquidazione automatica, atteso che il controllo si basa solamente sui dati forniti dal contribuente, non appare necessaria un’ulteriore motivazione.
Venendo al caso di specie, i Giudici di Piazza Cavour hanno quindi escluso la possibilità di far rientrare nel novero applicativo della liquidazione automatica l’individuazione dell’aliquota applicabile ai redditi prodotti da imprese estere controllate e localizzate in paesi a fiscalità privilegiata, poiché essa presuppone una complessa analisi della normativa tributaria, attività non sussumibile fra quelle aventi natura esclusivamente matematica.
In definitiva, la procedura utilizzata non ha consentito al soggetto accertato di avere contezza delle motivazioni che hanno spinto l’Agenzia delle entrate a rideterminare l’imposta dovuta, e pertanto la Suprema Corte ha rigettato il ricorso da quest’ultima proposto.