23 Aprile 2021

No alle agevolazioni prima casa in caso di rinuncia abdicativa alla quota di comproprietà dell’immobile

di Angelo Ginex
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L’atto di rinuncia abdicativa alla quota di comproprietà dell’immobile non consente di beneficiare delle agevolazioni prima casa: in tal caso è rinvenibile un doppio trasferimento in quanto i contitolari, dapprima, hanno accettato l’eredità testamentaria, divenendo comproprietari dell’immobile, e, poi, hanno rinunciato alla proprietà, determinandosi così l’effetto traslativo del loro diritto parziario. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 10666, depositata ieri 22 aprile.

La fattispecie disaminata dai giudici di vertice prende le mosse da un avviso di accertamento, emesso dall’Agenzia delle Entrate, con il quale venivano liquidate a cinque coeredi le imposte di registro, ipotecarie e catastali, negando le agevolazioni connesse all’acquisto della prima casa. L’acquisto del diritto di proprietà si era verificato in capo ad uno dei coeredi in seguito alla rinuncia abdicativa effettuata con atto notarile da parte degli altri comproprietari dell’immobile.

La Commissione tributaria provinciale di Padova accoglieva il ricorso dei contribuenti, ma la Commissione tributaria regionale del Veneto, su appello dell’Amministrazione finanziaria, ribaltava l’esito del giudizio di primo grado e, pertanto, i contribuenti impugnavano tale sentenza in Cassazione.

Questi censuravano la sentenza di appello asserendo segnatamente che con la rinuncia abdicativa al diritto di proprietà non vi fosse stato trasferimento del diritto, ma, piuttosto, si era verificata la mera espansione del diritto di proprietà in capo all’acquirente, al pari di quanto accade per il diritto di usufrutto. Per tale ragione, essendo mancata la traslazione del diritto, l’atto non sarebbe dovuto essere assoggettato ad imposta. Inoltre, qualora si volesse ritenere che si fosse concretizzato il trasferimento del diritto di proprietà per effetto della rinuncia, esso dovrebbe comunque andare esente da imposta, al pari delle donazioni, trattandosi di atto a titolo gratuito.

Ebbene, la Corte di Cassazione ha ritenuto infondate le suddette doglianze, osservando innanzitutto che «l’acquisto della proprietà è un effetto legale della rinuncia da parte del comproprietario ed ha carattere derivativo in quanto presuppone la precedente titolarità del diritto in capo al rinunciante. Il nuovo proprietario, invero, acquista il diritto se ed in quanto esso spettasse al rinunciante».

In materia di usufrutto, contrariamente a quanto eccepito dai ricorrenti, i giudici di legittimità hanno avuto modo di affermare in altre pronunce (cfr., Cass. Sent. 28.01.2019, n.2252) che l’atto di rinuncia a titolo gratuito al diritto di usufrutto è soggetto all’imposta prevista dal D.lgs. 346/1990, rientrando nell’ambito degli atti traslativi o costitutivi di diritti reali di godimento in virtù dell’effetto di arricchimento del beneficiario conseguente alla rinuncia al diritto da parte del titolare. Peraltro, la rinuncia negoziale al diritto di usufrutto è pacificamente assoggettata ad imposta proporzionale di registro (cfr., Cass. Sent. 30.10.2000, n. 14279).

Inoltre, la Suprema Corte ha rammentato che la rinuncia alla quota di comproprietà, fatta in modo tale da avvantaggiare in via riflessa tutti gli altri comproprietari, costituisce donazione indiretta. In tal caso, si è dinanzi ad una rinuncia abdicativa alla quota di comproprietà, perché l’acquisto del vantaggio accrescitivo da parte degli altri comunisti si verifica solo in modo indiretto attraverso l’eliminazione dello stato di compressione in cui l’interesse degli altri contitolari si trovava a causa dell’appartenenza del diritto di comunione anche ad un altro soggetto (cfr., Cass. Sent. 25.02.2015, n.3819).

A parere della Cassazione, contrariamente a quanto eccepito dai ricorrenti, la rinuncia abdicativa operata non costituisce donazione indiretta, poiché dal rogito notarile si evince che le parti hanno dichiarato che detta rinuncia avveniva a titolo gratuito, ma senza spirito di liberalità, laddove, invece, «lo spirito di liberalità è connaturato alla donazione, anche indiretta».

Nel caso in esame, gli eredi, accettando l’eredità sono divenuti proprietari dell’immobile e successivamente, rinunciando alla proprietà, si è verificata l’espansione del diritto di proprietà in capo al comproprietario.  Pertanto, per effetto della rinuncia a tale diritto di proprietà, ai sensi dell’articolo 1104 cod. civ., si è verificato l’effetto traslativo del diritto già acquisito in capo ai rinuncianti.

Si sarebbe pervenuti allo stesso risultato, ha spiegato la Corte, qualora i coeredi avessero rinunciato all’eredità ex articolo 519 cod. civ., con il conseguente acquisto derivativo direttamente dal de cuius in capo all’erede non rinunciante.

Invece, nel caso di specie, i coeredi, dapprima, hanno accettato l’eredità testamentaria, divenendo comproprietari dell’immobile, e, poi, hanno rinunciato alla proprietà, determinandosi così l’effetto traslativo del loro diritto parziario, che ha comportato un accrescimento in capo al coerede, ragion per cui l’atto di rinuncia abdicativa alla quota di comproprietà dell’immobile è sottoposto ad imposta di registro e non usufruisce dei benefici della prima casa.

In virtù delle suesposte argomentazioni, il ricorso è stato rigettato ed i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali.