Non basta l’eterodirezione per contestare la fittizietà delle fatture
di Luigi FerrajoliNell’ambito dei reati tributari, interessante appare la questione inerente all’imputazione di cui all’articolo 2 D.Lgs. 74/2000 collegata ad una ipotesi di eterodirezione.
Innanzitutto, è bene sottolineare come, in tema di “gruppi societari”, il potere di eterodirezione della società c.d. “capogruppo” rispetto alle società eterodirette non implica, né determina in alcun modo, la fittizietà di queste ultime.
Ciò si evince pacificamente dalla disciplina del Capo IX del Titolo V del Libro V del Codice civile, rubricato “Direzione e coordinamento di società”, che rende precise le indicazioni fornite dal Legislatore in argomento.
Con riferimento al reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti, dunque, l’accusa non potrà in alcun modo affermare di ritenere risolutiva la eterodirezione, da parte di una società, dell’attività delle altre persone giuridiche emittenti le fatture in contestazione, con conseguente perdita della loro autonomia gestionale.
Tale risposta non è infatti pertinente rispetto all’esigenza di spiegare perché le fatture indicate nelle imputazioni siano oggettivamente o anche solo soggettivamente inesistenti.
A tal fine, infatti, è necessario dimostrare che le operazioni documentate dalle fatture non siano state effettuate, oppure che siano state effettuate da un soggetto diverso dall’emittente. In particolare, come affermato dalla Suprema Corte, Sezione Terza Penale, nella recente sentenza n. 32506/2022, per sostenere che le operazioni documentate dalle fatture siano state effettuate da un soggetto diverso, è certamente risolutivo evidenziare che l’impresa formalmente emittente sia un mero “schermo”, e, quindi, un soggetto in realtà inesistente; tale conclusione, però, non è in alcun modo ammissibile quando il soggetto emittente sia solo “eterodiretto” da altri, ma abbia comunque una sua realtà strutturale.
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione, a seguito di ricorso proposto da una persona sottoposta ad indagini per il reato di cui al menzionato articolo 2, ha annullato l’ordinanza pronunciata dal Tribunale del riesame avverso il decreto di sequestro preventivo a fini di confisca emesso dal G.I.P. nei confronti di una società e degli indagati, avente ad oggetto somme di denaro e beni mobili ed immobili, rinviando per nuovo giudizio al Tribunale competente ai sensi dell’articolo 324, comma 5, c.p.p.
Il Tribunale aveva riconosciuto che la difesa aveva offerto elementi a sostegno della tesi di una originaria effettiva consistenza e autonomia strutturale delle società eterodirette.
Tuttavia, aveva affermato che, ai fini della contestazione del reato, non fosse tanto la fittizietà delle compagini a rilevare, ma l’esistenza di un’amministrazione di fatto di tutte le cooperative da parte dei vertici effettivi della società eterodirettrice.
Quest’ultima avrebbe “inglobato e fagocitato” società formalmente esistenti e in alcuni casi preesistenti e precedentemente operanti, ma successivamente private della propria autonomia gestionale, in quanto eterodirette.
Inoltre, il Tribunale aveva sottolineato come l’illecito penale di cui all’articolo 2 D.Lgs. 74/2000 sussiste anche quando le operazioni sono inesistenti solo sotto il profilo soggettivo, e non anche sotto il profilo oggettivo.
Ebbene, la Corte di Cassazione è stata di diverso avviso.
La risposta fornita dal Tribunale è stata ritenuta meramente apparente, non congruente e giuridicamente errata, perché l’esistenza di rapporti di “eterodirezione” tra società non rende quelle “eterodirette”, solo per questa ragione, degli schermi fittizi.
Nella motivazione fornita dal Giudice di legittimità, a confutazione delle asserzioni del Tribunale, si legge testualmente: “l’assenza di una effettiva motivazione, nell’ordinanza impugnata, in ordine alle deduzioni presentate in sede di riesame con riguardo al fumus commissi delicti impone l’annullamento della precisata decisione, con rinvio al Tribunale per un nuovo giudizio che dia una congruente e, quindi, effettiva risposta alle censure ed alle argomentazioni prospettate dalla difesa avverso il decreto di sequestro. Il Giudice del rinvio, precisamente, spiegherà perché ritiene, eventualmente, che le fatture che si assumono essere mendaci debbano ritenersi relative ad operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti, evitando l’errore giuridico di confondere la nozione di fittizietà di un ente e quella di eterodirezione dello stesso da parte di altro soggetto”.