Non congruità agli studi di settore: cosa fare
di Maurizio Tozzi – Comitato Scientifico Master Breve 365Nei periodi dichiarativi aleggia costante la preoccupazione della eventuale mancata congruità agli studi di settore. Senza spendere troppe parole circa l’evoluzione giurisprudenziale registrata su tale strumento accertativo, si ritiene anzitutto doveroso sottolineare che ormai “Gerico” ha assunto un ruolo statistico e di “supporto” all’attività di selezione dei soggetti meritevoli di maggiori controlli. È evidente, infatti, che anomalie marcate, come elevati livelli di scostamento rispetto alle medie del settore, o altrettanto elevati livelli di incoerenza (ad esempio, rotazioni del magazzino troppo rigide in settori che invece dovrebbero avere una rotazione importante in considerazione della deperibilità dei prodotti impiegati), consentono di concentrare l’attenzione per scorgere eventuali situazioni di evasione fiscale. Se i contribuenti in tal modo selezionati manifestano ulteriori segnali di allarme, come ad esempio l’antieconomicità dei risultati raggiunti o la non credibilità dei redditi dichiarati rispetto allo stile di vita, la richiesta di chiarimenti e approfondimenti sarà quasi certamente lo sbocco prioritario. Ciò in quanto è notorio che lo studio di settore autonomamente considerato non è in grado di reggere un avviso di accertamento quando il contribuente produce idonee motivazioni difensive, attesa la sua configurazione quale presunzione semplice non qualificata. Solo in caso di gravi manipolazioni, tali da configurare la falsità dello studio di settore prodotto, si apre la strada dell’accertamento induttivo puro, che invece consente di utilizzare anche presunzioni non qualificate (in termini pratici è del tutto sconsigliato “forzare” gli studi di settore, considerate le conseguenti gravi implicazioni).
Ecco dunque che in sede di dichiarazione, piuttosto che inseguire la chimera della congruità, è il caso di riflettere sulle reali implicazioni del mancato adeguamento e su ciò che realmente serve. In base alla consolidata posizione della Corte di Cassazione, a fronte di uno studio di settore veritiero l’iter accertativo in materia è il seguente.
- L’Amministrazione finanziaria invita al contraddittorio il contribuente, in modo da comprendere le relative ragioni difensive. Il contraddittorio è dunque centrale e fondamentale.
- Il contribuente può o meno partecipare a detto contraddittorio. La partecipazione è consigliabile, posto che a fronte delle memorie di parte si “appesantisce” l’onere probatorio dell’Amministrazione finanziaria, che nell’eventuale atto di accertamento deve esplicitare le ragioni del mancato accoglimento delle tesi di parte, nonché le ragioni dell’applicazione dello standard al caso concreto. Il contribuente può comunque difendersi anche direttamente in contenzioso.
- L’ufficio competente, in funzione del comportamento del contribuente, può decidere se emettere l’atto di accertamento o meno. In particolare, in presenza di adeguata partecipazione al contraddittorio, l’ufficio potrà valutare come esaustive le motivazioni addotte e desistere dal controllo oppure, come precisato, dovrà dare adeguata motivazione del rifiuto delle tesi di parte. Ovviamente, se il contribuente non partecipa al contraddittorio o avanza tesi generiche, l’emanazione dell’avviso di accertamento sarà direttamente fondato sulle risultanze degli studi di settore.
- In contenzioso sarà l’organo giudicante ad apprezzare l’applicazione dello standard al caso concreto. Il contribuente che non ha partecipato al contraddittorio non ha limitazioni difensive, ma evidentemente si accolla la responsabilità delle conseguenze dei suoi comportamenti, posto che le sue tesi potrebbero non essere accolte.
Tale assetto ha trovato costante conferma anche nel corso dell’ultimo anno, potendosi richiamare tra le altre le seguenti sentenze della Corte di Cassazione:
- la n. 24957 del 2015, che specifica come sia compito dell’Ufficio “… (specie ove sia appunto incontroverso che il contribuente abbia formulato rilievi e prospettato dati in contrasto con i presupposti dell’accertamento) fornire la dimostrazione dell’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto di accertamento”;
- la n. 2452 del 2016, secondo cui “(…) la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente”.
Ne discende, in definitiva, che l’eventuale non congruità non deve affatto creare agitazione, essendo invece indispensabile riflettere sulle motivazioni sottostanti, dalla crisi del settore alla malattia del dipendente, dalle procedure concorsuali della clientela ad eventuali ristrutturazioni dell’attività, transitando per la presenza di centri commerciali, l’esecuzione di importanti lavori che hanno impedito la frequenza della clientela e via dicendo. È questo il vero lavoro da svolgere, in modo da predisporre l’adeguata memoria difensiva da opporre in sede di contraddittorio. Fatto ciò, lo studio di settore è praticamente ridimensionato, spettando all’Amministrazione finanziaria provarne l’applicabilità nel caso concreto. È evidente però che in tal caso sarà molto importante l’attendibilità complessiva del contribuente: se ad esempio dovesse risultare palesemente antieconomico nei suoi comportamenti, oppure dovesse registrare gravi irregolarità contabili, la strada dell’accertamento sarà spianata. Ma è altrettanto chiaro che se ciò dovesse accadere non si tratta affatto di un problema da studi di settore, quanto di credibilità complessiva che richiede correzioni sostanziali nei comportamenti adottati nel corso dell’anno e non invece un patetico tentativo di manipolare le risultanze di Gerico.