Non é imponibile Irpef il rimborso al dipendente delle spese di collegamento telefonico nel telelavoro
di Fabio Landuzzi
Il rimborso dei costi dei collegamenti telefonici che una società riconosce a favore dei propri dipendenti che prestano attività di telelavoro ha una natura risarcitoria, e non remunerativa, per cui non concorre alla formazione dell’imponibile Irpef della persona fisica e non comporta per il datore di lavoro gli obblighi di assolvimento delle ritenute fiscali.
La conferma di questa interpretazione è stata data dall’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 357 del 7 dicembre 2007, nell’ambito di un’istanza di interpello in cui il contribuente evidenziava di avere concordato con le rappresentanze sindacali un accordo in base al quale al telelavorista compete il ristoro delle spese documentate sostenute per i collegamenti telefonici compiuti dalla propria abitazione per l’espletamento delle mansioni affidategli dal datore di lavoro. Viene infatti riconosciuta la natura risarcitoria del ristoro di queste spese, documentate, sostenute dal lavoratore per i collegamenti telefonici.
La fattispecie costituisce una deroga al principio generale stabilito dall’articolo 51 del Tuir secondo cui tutte le somme ed i valori erogati al dipendente in relazione al rapporto di lavoro concorrono alla formazione del reddito imponibile, a meno che non sia espressamente escluse. Già la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 326/1997 aveva riconosciuto che non devono concorrere a formare il reddito imponibile del lavoratore le somme corrisposte dal datore di lavoro a titolo di rimborso di spese che sono state anticipate dal lavoratore stesso per mere esigenze di snellezza operativa. A titolo esemplificativo, si pensi al caso del dipendente che corrisponde di tasca propria, anticipandone il pagamento, alcune piccole spese di competenza del suo datore di lavoro: acquisto di piccola cancelleria, carta, ricambi per ufficio, beni strumentali di modico valore, ecc.
Ebbene, il rimborso di queste piccole spese non configura ovviamente un reddito per il lavoratore in quanto esso ha lo scopo di rifondere al lavoratore un’uscita sostenuta per conto del datore di lavoro ma priva di ogni caratteristica reddituale. Si tratta infatti di spese che il lavoratore sostiene sì in relazione al rapporto di lavoro, ma il cui rimborso non presenta per il medesimo alcun profilo reddituale. Il lavoratore anticipa la spesa rimborsata solamente per le necessità dell’espletamento della propria prestazione lavorativa o, come detto, per ragioni di maggiore snellezza operativa.
L’Agenzia delle Entrate, nella citata Risoluzione, ha ritenuto quindi che anche le somme rimborsate per i costi telefonici sostenuti dal telelavoratore non siano connotati da carattere reddituale per il lavoratore, ed ovviamente siano comunque deducibili per l’impresa ai fini della determinazione del proprio reddito imponibile, sempre che ne sia supportata l’inerenza. Condizione necessaria per l’esclusione da imposizione sul lavoratore è che le spese rimborsate siano documentate e che la fattispecie del rimborso sia prevista dal contratto di lavoro.