15 Marzo 2021

Non è omessa la dichiarazione dell’ente che utilizza un modello errato

di Luca Caramaschi
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La scheda di FISCOPRATICO

In occasione di Telefisco 2021 l’Agenzia delle entrate ha avuto modo di prendere posizione su alcune questioni che interessano il comparto degli enti non commerciali.

In particolare, oggetto di risposta è stata una tematica talvolta riscontrata in sede di accertamento e cioè l’utilizzo di un modello dichiarativo errato da parte dell’ente non commerciale.

Nello specifico il caso ha riguardato un ente non commerciale (e in chiave futura potrebbe interessare anche i nuovi enti del terzo settore) che ha presentato il modello Redditi Società di Capitali pagando in tal modo le imposte ordinarie anche sui ricavi istituzionali e che si è chiesto se fosse possibile presentare delle dichiarazioni integrative/rettificative utilizzando il modello corretto (Redditi Enti non Commerciali) e considerando le imposte impropriamente pagate sulle attività istituzionali come credito da riportare negli anni successivi.

In relazione a detta violazione non è sempre stato pacifico se la conseguenza fosse la “nullità” (determinandone quindi l’omissione) piuttosto che la “irregolarità” della dichiarazione, con conseguenze assai diverse nell’uno o nell’altro caso.

Nella risposta fornita dall’Agenzia, che ricordiamo essere “ufficiosa” fintanto che non viene trasfusa in un qualche documento ufficiale di prassi, si chiarisce che la dichiarazione dei redditi deve considerarsi “nulla”, se è redatta su modelli non conformi a quelli approvati con provvedimento amministrativo da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale (articolo 1, comma 1, D.P.R. 322/1998).

In tale caso si applicherebbero le sanzioni amministrative previste dall’articolo 1, comma 1, D.Lgs.  471/1997 per i casi di omessa presentazione della dichiarazione e in particolare:

  • dal 120% al 240% dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di 250 euro;
  • da 250 euro a 1.000 euro se non sono dovute imposte.

Qualora la dichiarazione omessa fosse presentata dal contribuente entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo e, comunque, prima dell’inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento di cui il contribuente abbia avuto formale conoscenza, trovano invece applicazione le sanzioni amministrative che vanno:

  • dal 60% al 120% dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di 200 euro;
  • da 150 euro a 500 euro se non sono dovute imposte.

Infine, le sanzioni applicabili quando non sono dovute imposte possono essere aumentate fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili.

Deve invece intendersi come “irregolare” la dichiarazione redatta su stampati conformi al modello approvato con provvedimento amministrativo, ma non in conformità allo stesso (si veda a tal proposito la circolare 23/E/1999).

In detta ipotesi risulta applicabile la sanzione amministrativa prevista dall’articolo 8, comma 1, D.Lgs. 471/1997 nella più lieve misura che va da 250 euro a 2.000 euro.

Ricorda l’Agenzia nella recente risposta fornita in occasione della richiamata manifestazione che, come anche chiarito dalla giurisprudenza di legittimità (vedi Cassazione, sentenza n. 9973 del 15.05.2015), tale ultima sanzione risulta applicabile solo se l’imponibile indicato non risulta di ammontare inferiore a quello accertato ovvero se le violazioni non incidono sul contenuto essenziale della dichiarazione e non si risolva nel caso di dichiarazione infedele.

Tenuto conto di quanto sopra, qualora non si configuri un’ipotesi di infedeltà dichiarativa, secondo l’Agenzia la dichiarazione redatta su un modello conforme a quello approvato, ma diverso da quello prescritto per la propria categoria soggettiva di appartenenza (nel caso esaminato, il modello Redditi società di capitali in luogo del modello Redditi enti non commerciali):

  • non può considerarsi nulla (e quindi omessa);
  • in quanto irregolare è sanzionabile da 250 euro a 2.000 euro.

Quale ulteriore conseguenza la dichiarazione giudicata “irregolare” può essere pertanto integrata, laddove originariamente trasmessa entro la scadenza del termine di presentazione ordinario ovvero nei 90 giorni successivi, utilizzando il modello conforme alla categoria soggettiva di appartenenza del contribuente (nel caso rappresentato andrà compilato il modello Redditi enti non commerciali e dando evidenza, negli appositi quadri, dei maggiori versamenti effettuati e del maggior credito maturato che potrà essere chiesto a rimborso ovvero utilizzato in compensazione, se orizzontale secondo le regole dettate dall’articolo 2, comma 8-bis, D.P.R. 322/1998).

In chiusura vale la pena osservare come le considerazioni sinora svolte si ritiene possano certamente applicarsi anche al caso opposto, e cioè all’utilizzo del modello degli enti non commerciali in luogo di quello delle società di capitali (situazione che più frequentemente ricorre nel caso delle società di capitali sportive dilettantistiche da taluni ritenute soggetti appartenenti al mondo degli enti non commerciali ma che, al contrario, pur godendo di agevolazioni previste per tale comparto, mantengono la natura di società di capitali e quindi di soggetti commerciali a tutti gli effetti).