Non è tassata l’indennità aggiuntiva erogata al coltivatore diretto fittavolo
di Luigi ScappiniL’Agenzia delle entrate, con le risposte a interpello n. 165 e 162, si è occupata di chiarire se e quando un atto di esproprio comporta l’emersione di una plusvalenza imponibile.
Come noto, ai sensi dell’articolo 67 Tuir, sono imponibili le plusvalenze derivanti dalla cessione dei terreni edificabili e di quelli agricoli, in quest’ultimo caso a condizione che la cessione intervenga prima che sia decorso un quinquennio dal possesso, a meno che il terreno non derivi da successione in quanto, in tal caso, esso non è mai plusvalente.
Determinano un reddito diverso ai sensi dell’articolo 67 Tuir testé richiamato anche le somme percepite da soggetti non operanti in regime di impresa a titolo di indennità di esproprio, ovvero di corrispettivo di cessione volontaria o di risarcimento del danno per acquisizione coattiva di un terreno ove sia stata realizzata un’opera pubblica, un intervento di edilizia residenziale pubblica o una infrastruttura urbana all’interno delle zone omogenee di tipo A, B, C e D, come definite dagli strumenti urbanistici.
In tal senso depone l’articolo 35, comma 1, D.P.R. 327/2001 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di seguito TUEPU), in cui è confluito quanto previsto dall’articolo 11, commi da 5 a 9, L. 413/1991.
I terreni, come richiesto dalla norma, devono ricadere in una delle zone di cui sopra che vengono definite dall’articolo 2, D.M. 1444 del 02.04.1968, come:
- zona A, il centro storico, artistico e di particolare pregio ambientale;
- zona B, le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A);
- zona C, le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate;
- zona D, le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati.
Come chiarito dalla prassi ministeriale, il terreno, per poter essere considerato plusvalente deve rientrare tassativamente in una delle zone omogenee richiamate, a nulla rilevando la circostanza che esso sia suscettibile di edificabilità o destinato a verde agricolo (cfr. circolare AdE 194/E/1998, risoluzione AdE 30/E/1997 e risoluzione AdE 111/E/1996).
In senso conforme anche la recente Corte di Cassazione nella sentenza n. 8287 del 04.04.2018, nonché le sentenze n. 9455/2006 e n. 15845/2004.
Resta inteso che, come chiarito nei documenti di prassi richiamati, la verifica della zona omogenea di appartenenza del terreno deve essere fatta non all’emissione del decreto di esproprio ma all’inizio della procedura esecutiva (nel caso in cui che le zone omogenee non siano state definite, sarà onere del Comune interessato indicare quale sia la zona omogenea in cui il terreno oggetto di procedura ricade o ricadrebbe).
Tuttavia, come evidenziato sia dall’Agenzia delle entrate con la richiamata circolare 194/E/1998 e condiviso dalla Suprema Corte di Cassazione, nel caso di “aree ricadenti nelle zone destinate a “verde agricolo”, come nella specie, è necessario accertare … se la destinazione delle stesse non possa considerarsi mutata in virtù di eventuali strumenti urbanistici di successivo livello che superano l’iniziale destinazione dell’area. “.
In ragione di ciò, ad esempio, nel caso della risposta a interpello n. 162, l’Agenzia delle entrate ritiene che la destinazione urbanistica delle aree espropriate, sebbene in origine classificate quali zone destinate a verde agricolo, sia di fatto mutata nel momento in cui il Comune le ha destinate alla realizzazione di una infrastruttura pubblica, con la conseguenza che è imponibile, ai sensi dell’articolo 35, comma 1, D.P.R. 327/2001, la somma percepita, applicando, come previsto dal successivo comma 2, una ritenuta nella misura del 20%, a titolo di imposta, fermo restando la possibilità di optare per la tassazione ordinaria.
Con la successiva risposta n. 165, l’Agenzia delle entrate affronta l’ulteriore problematica che può sorgere in occasione di procedure di esproprio, quella per cui il terreno sia condotto in forma di un regolare contratto di affitto da parte di un coltivatore diretto.
In tale circostanza, l’Agenzia delle entrate in passato si era espressa affermando che non originano plusvalenza imponibile le indennità aggiuntive erogate, per effetto di quanto disposto dall’articolo 17, comma 2, L. 865/1971, ai coloni, mezzadri, fittavoli e altri coltivatori diretti del terreno espropriato, in ragione della circostanza che tali somme non rappresentano un corrispettivo “del passaggio in capo all’espropriante del diritto dominicale sull’immobile”, ma un ristorno per la perdita di capacità lavorativa.
Con la risposta n. 165, l’Agenzia delle entrate afferma che, sebbene l’articolo articolo 17, comma 2, L. 865/1971 sia stato abrogato, a decorrere dal 30 giugno 2003, dall’articolo 58, TUEPU e sostituito dall’articolo 42, TUEPU, le conclusioni di cui sopra si applicano anche all’attuale sistema normativo, dal momento che il contenuto e la ratio dello stesso non è mutata.