Non imponibilità Iva delle forniture di bordo per navi e aerei
di Gabriele DamascelliIn tema di Iva, le operazioni di rifornimento e di vettovagliamento delle navi adibite alla navigazione in alto mare non sono imponibili, perché equiparate ad operazioni all’esportazione ex articolo 8-bis D.P.R. 633/1972, se si tratta di cessioni finali di beni esportati direttamente dal venditore o per suo conto, mentre non si estende il regime agli stadi commerciali anteriori.
Qualora la cessione avvenga nei confronti di un intermediario che agisce in nome proprio anziché dell’armatore, rileva il “caricamento” della merce, con conseguente regime di non imponibilità della cessione ai fini Iva, qualora il trasferimento sia intervenuto al più presto, in concomitanza del momento in cui l’armatore sia stato autorizzato a disporne, di fatto, come se fosse il proprietario.
Queste, in sintesi, le conclusioni alle quali è pervenuta la Cassazione nella sentenza n. 12140/2022 in cui, richiamando un proprio precedente relativo alla medesima contribuente (v. Cassazione n. 22210/2019), è stata ribadita la conformità della disciplina interna dell’articolo 8-bis, comma 1 lett. d), D.P.R 633/1972 a quella unionale di cui all’articolo 148, lett. a), Direttiva Iva 2006/112, in base al quale gli Stati membri devono esentare le cessioni di beni destinati al rifornimento e al vettovagliamento delle navi adibite alla navigazione in alto mare ed al trasporto a pagamento di passeggeri o utilizzate nell’esercizio di attività commerciali, industriali e della pesca, nonché delle navi adibite ad operazioni di salvataggio ed assistenza in mare e delle navi adibite alla pesca costiera, salvo, per queste ultime, le provviste di bordo.
Il disconoscimento del regime interno di non imponibilità (o di esenzione secondo la qualifica unionale) originava dalla contestazione dell’Agenzia delle Entrate secondo la quale le forniture di prodotti e bevande (cd. vettovagliamento) a bordo di navi non sarebbero state eseguite direttamente nei confronti dell’armatore, bensì nei confronti di un soggetto intermediario che, dopo aver acquistato da terzi, aveva ceduto i prodotti al destinatario ed acquirente finale.
Qui la Commissione tributaria regionale, con sentenza poi impugnata dall’Agenzia, affermava l’applicabilità del regime di non imponibilità ai fini Iva anche alla cessione di provviste di bordo compiute dal provveditore marittimo nei confronti dell’appaltatore, in quanto nel caso specifico tracciabili mediante documentazione doganale relativa all’imbarco diretto in nave.
Le argomentazioni giuridiche in tema di provviste e dotazioni di bordo originano dalla materia doganale ed in particolare dagli articoli da 252 a 274 D.P.R. 43/1973 (TULD – Testo Unico Leggi Doganali) per effetto dei quali costituiscono provviste di bordo delle navi e degli aeromobili i generi di consumo per assicurare:
a) il soddisfacimento delle normali esigenze di consumo delle persone componenti l’equipaggio e dei passeggeri;
b) l’alimentazione degli organi di propulsione della nave o dell’aeromobile ed il funzionamento degli altri macchinari ed apparati di bordo;
c) la manutenzione e la riparazione della nave o dell’aeromobile nonché delle relative dotazioni di bordo;
d) la conservazione, la lavorazione e la confezione a bordo delle merci trasportate.
Sono dotazioni di bordo i macchinari, gli attrezzi, gli strumenti, i mezzi di salvataggio, le parti di ricambio, gli arredi ed ogni altro oggetto suscettibile di utilizzazione reiterata, destinati a servizio od ornamento del mezzo di trasporto.
In merito si evidenzia un’asimmetria tra la norma interna, che all’articolo 254 Tuld ritiene (assimila) che le provviste di bordo imbacate o trasbordate sulle navi in partenza dai porti dello Stato si considerano uscite in esportazione definitiva se nazionali o nazionalizzate, e la disciplina unionale, la quale all’articolo 269, par. 2, lett. c) del CDU (Codice doganale dell’Unione – Regolamento UE 952/2013) esclude dal regime doganale dell’esportazione le merci fornite, esenti da Iva o da accise, come approvvigionamento di aeromobili o navi, indipendentemente dalla loro destinazione, nonostante sia necessaria la prova della cessione di tali provviste ai fini della navigazione, navale o aerea (v. par. 3 dell’articolo 269 del CDU, risoluzione 1/E/2017 ed anche European Commision, Export and Exit Out of the European Union – Title VIII UCC, TAXUD A2/2019, Formalities at export and exit, pag. 7).
Ai fini Iva, nella sentenza n. 12140/2022, la Cassazione conclude per la non imponibilità delle cessioni di beni destinati al rifornimento ed al vettovagliamento, e lo fa riprendendo le argomentazioni già sviluppate da parte della Corte UE su un tema analogo (v. C-526/13 e C-33/16), in cui si dà evidenza dell’esenzione Iva delle cessioni effettuate nei confronti di intermediari che agiscono in nome proprio, qualora, alla data della cessione, la destinazione finale dei beni sia conosciuta, debitamente fissata e le relative prove siano fornite all’amministrazione tributaria.
La Corte UE, in particolare, riconosce che l’estensione dell’esenzione Iva agli stadi che precedono la cessione dei beni all’armatore delle navi e non già al solo stadio finale della catena di commercializzazione dei medesimi, che li userà per il loro rifornimento e vettovagliamento, richiederebbe che gli Stati organizzino meccanismi di controllo e di sorveglianza per assicurarsi della definitiva destinazione dei beni ceduti in esenzione fiscale, aspetto che si tradurrebbe in costrizioni inconciliabili con la corretta e semplice applicazione delle esenzioni voluta dalla Direttiva Iva.
Di contro, però, ed in “apparente” contrasto con un proprio precedente in materia (v. C-185/89), la Corte UE, in C-526/13, ha osservato che (v. p. 48 e ss.) se non può essere escluso che il trasferimento della proprietà del carburante a tali intermediari si realizzi soltanto in seguito al caricamento, allora si può osservare che un siffatto trasferimento della proprietà è avvenuto al più presto in concomitanza del momento in cui gli armatori sono stati autorizzati a disporre del carburante, di fatto, come se ne fossero i proprietari.
Di conseguenza, prosegue la Corte UE, “si deve constatare che, in siffatte condizioni, sebbene, secondo le forme previste dal diritto nazionale applicabile, la proprietà del carburante sia stata formalmente trasferita agli intermediari e si presuma che questi ultimi abbiano agito in nome proprio, in nessun momento tali intermediari sono stati in condizione di disporre dei quantitativi forniti, poiché il potere di disporne è appartenuto agli armatori sin dal caricamento del carburante”, e ciò perché, ai sensi dell’articolo 14, par. 1, della Direttiva 2006/112, affinché un’operazione possa essere qualificata come cessione di beni è necessario che detta operazione abbia prodotto l’effetto di autorizzare tale persona a disporne, di fatto, come se ne fosse il proprietario.
Da ciò la Corte UE, qui richiamata dalla Cassazione, ha concluso che le “cessioni” ad un intermediario che agisce in nome proprio si dovrebbero considerare effettuate direttamente nei confronti degli armatori cessionari che, a tale titolo, possono beneficiare dell’esenzione Iva ai sensi dell’articolo 148, lett. a), della Direttiva 2006/112 e, internamente, dell’articolo 8-bis D.P.R. 633/1972.
Del resto è la medesima Agenzia delle Entrate che, nella risoluzione 1/E/2017 su citata, richiamando il precedente della Corte di Giustizia C-526/13, riconosce la sussistenza di quella “concomitanza” evidenziata dalla Corte UE nelle ipotesi in cui il trasferimento della proprietà del carburante all’intermediario si realizza soltanto in seguito al caricamento, chiarendo altresì che solo dopo aver caricato il carburante nel serbatoio la società petrolifera è in condizione di determinare il quantitativo effettivamente trasferito ed emettere così la relativa fattura (v. C-526/13, p. 47), ciò a condizione che la consegna del carburante sia effettuata dalla società petrolifera – su indicazione dell’intermediario – direttamente nel serbatoio della nave e che tale circostanza sia attestata dall’espletamento delle formalità doganali da parte di quest’ultima ai sensi dell’articolo 269, par. 3, del CDU.