Non imponibilità IVA per i trasporti di beni in importazione
di Marco PeiroloLa non imponibilità IVA prevista dall’articolo 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. n. 633/1972 per i “trasporti relativi a beni in importazione i cui corrispettivi sono assoggettati all’imposta a norma dell’articolo 69, comma 1” si giustifica perché la prestazione corrispondente alla tratta nazionale – che, in ragione del principio di territorialità, costituirebbe un’operazione imponibile – è stata già oggetto di tassazione in dogana, siccome le spese di inoltro fino al luogo di destinazione all’interno del territorio della UE concorrono a formare la base imponibile ai fini della dichiarazione di valore che l’importatore è tenuto a rendere all’atto dello sdoganamento dei beni importati (C.M. 3.8.79 n. 26/411138).
La previsione di non imponibilità di tali corrispettivi è, quindi, diretta ad evitare che la medesima prestazione sia tassata due volte, dapprima in sede doganale e poi in sede di effettuazione del trasporto, allorché l’imposta diviene esigibile.
È onere del vettore dimostrare che la relativa prestazione, avendo formato oggetto di dichiarazione doganale, sia già stata sottoposta a tassazione; se è vero, infatti, che la non imponibilità intende evitare il rischio di una doppia imposizione, la stessa non può condurre ad una indebita sottrazione di materia imponibile (Cass. 11.11.2015 n. 23034). In tale contesto assume, pertanto, rilevanza se il trasporto sia stato convenuto:
- “franco confine”, nel qual caso le spese relative, da dichiarare in sede doganale, corrisponderanno solo al costo del trasporto dal luogo di partenza fino all’ingresso nel territorio dello Stato, mentre il successivo trasporto dal confine alla destinazione finale costituisce un’operazione imponibile; ovvero
- “franco destinazione”, comprensivo cioè anche del servizio corrispondente alla tratta territoriale, nel qual caso le spese relative, da dichiarare ai fini doganali, sono quelle occorrenti per l’inoltro dei beni fino al luogo di destinazione finale.
In conclusione, solo le importazioni “franco destino” legittimano la non imponibilità delle prestazioni di trasporto, in quanto le relative spese rilevano ai fini della determinazione dell’imposta da assolvere in dogana (R.M. 28.5.87 n. 417101 e R.M. 10.3.80 n. 420084).
Nell’ipotesi di un unico trasporto internazionale di beni che non siano dichiarati in dogana franco destino, ai fini della determinazione del corrispettivo della parte del trasporto medesimo relativa alla tratta nazionale – che ai sensi dell’articolo 7-ter del D.P.R. n. 633/1972 assume rilevanza agli effetti dell’IVA – detto corrispettivo può essere stabilito per differenza tra l’ammontare complessivo del trasporto internazionale e quello assunto in sede di dichiarazione doganale, a norma dell’articolo 69 (C.M. 26/411138/1979, cit.).
Ai trasporti di beni dichiarati franco destino vanno assimilati quelli di merci per le quali le operazioni doganali vengono effettuate presso una dogana diversa da quella di introduzione, dato che anche in questo caso l’Ufficio doganale assoggetta ad imposta l’ammontare delle spese di trasporto sino al luogo di sdoganamento delle merci stesse (C.M. 26/411138/1979, cit.).
Per i trasporti di beni in importazione, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che il beneficio si rende applicabile anche nel caso in cui gli stessi vengano effettuati da più vettori o da terzi sub-contraenti. Tale indicazione andrebbe rivista alla luce della posizione della Corte di giustizia, la quale – tenuto conto della formulazione dell’articolo 146, par. 1, lett. e), della Direttiva n. 2006/112/CE e della sua finalità – ha affermato che l’esenzione prevista per i trasporti di beni in importazione presuppone l’esistenza di un rapporto giuridico diretto tra il vettore, da un lato, e l’importatore o il destinatario dei beni, dall’altro (sentenza di cui alla causa C-288/16 del 29 giugno 2017).
Il rischio della doppia imposizione non si pone per le importazioni “franco destino” che siano, però, soggette a franchigia doganale siccome di valore trascurabile (cd. “piccole spedizioni”, di valore inferiore a 22 euro, ex articolo 5 del D.M. n. 489/1997), ovvero perché oggetto di “piccole spedizioni prive di carattere commerciale”, ex articolo 7 del D.M. n. 489/1997.
L’articolo 12 della L. n. 115/2015 (legge europea 2014), nel modificare l’articolo 9, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, ha aggiunto il n. 4-bis), che considera non imponibili “i servizi accessori relativi alle piccole spedizioni di carattere non commerciale e alle spedizioni di valore trascurabile di cui alle direttive 2006/79/CE del Consiglio, del 5 ottobre 2006, e 2009/132/CE del Consiglio, del 19 ottobre 2009, sempreché i corrispettivi dei servizi accessori abbiano concorso alla formazione della base imponibile ai sensi dell’articolo 69 del presente decreto e ancorché la medesima non sia stata assoggettata all’imposta”.
La previsione in esame, sollecitata dalla Commissione europea a seguito della procedura di infrazione n. 2012/2088 avviata nei confronti dello Stato italiano, mette quindi in luce che la non imponibilità dei servizi di trasporto dei beni importati in franchia doganale opera a prescindere dal concreto ed effettivo assoggettamento ad imposta in dogana dei beni stessi.