Non imponibilità IVA per i trasporti internazionali di beni
di Marco PeiroloDal 1 ° gennaio 2010, a seguito delle novità in materia di territorialità delle prestazioni di servizi introdotte dal D.Lgs. 17/2010, è stato modificato il criterio territoriale applicabile alle prestazioni di trasporto di beni, che deve essere individuato distinguendo a seconda che il committente sia o meno un soggetto passivo che agisce in quanto tale.
Nei rapporti “B2C” (business to consumer), l’art. 7-sexies, comma 1, lett. b) e c), del D.P.R. n. 633/1972 definisce il presupposto territoriale in funzione della tipologia di trasporto, disponendo, rispettivamente, che le prestazioni di trasporto di beni diverse dal trasporto intracomunitario si considerano effettuate in Italia in proporzione alla distanza percorsa nel territorio dello Stato (lett. b), mentre le prestazioni di trasporto intracomunitario di beni si considerano effettuate in Italia quando il trasporto ha inizio nel territorio dello Stato (lett. c).
La disposizione della lett. b) ripropone, per i rapporti “B2C”, la previsione in precedenza contenuta nell’art. 7, comma 4, lett. c), del D.P.R. n. 633/1972 e, come ribadito dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate 29 luglio 2011, n. 37 (§ 3.2.2), ai fini della determinazione della quota-parte di tali prestazioni di servizi resa nel territorio dello Stato, occorre fare ancora riferimento alla C.M. 7 marzo 1980, n. 11/420390, che ha fissato nella misura del 5% la percentuale forfetaria di ogni singolo intero trasporto internazionale marittimo riferibile alle acque territoriali italiane e alla R.M. 23 aprile 1997, n. 89/E, che ha fissato nella misura del 38% la percentuale forfetaria dell’intero tragitto del singolo volo internazionale riferibile alla prestazione resa nello spazio aereo italiano.
La disposizione della lett. c), invece, ripropone, per i rapporti “B2C”, la previsione in precedenza contenuta nell’art. 40, comma 5, del D.L. n. 331/1993. È necessario ricordare che, l’art. 7, comma 1, lett. f), D.P.R. n. 633/1972, riproponendo il previgente art. 40, comma 7, del D.L. n. 331/1993 ha stabilito che, per “trasporto intracomunitario di beni”, s’intende il trasporto di beni il cui luogo di partenza e il cui luogo di arrivo sono situati nel territorio di due Stati membri diversi, laddove:
- il “luogo di partenza” è il luogo in cui inizia effettivamente il trasporto dei beni, senza tener conto dei tragitti compiuti per recarsi nel luogo in cui si trovano i beni;
- il “luogo di arrivo” è il luogo in cui il trasporto dei beni si conclude effettivamente.
Passando ad esaminare i rapporti “B2B” (business to business), il passaggio dalla regola territoriale fondata sul Paese del prestatore a quella basata sul Paese del committente, prevista dall’attuale art. 7-ter, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972, implica che il regime di non imponibilità previsto dall’art. 9 dello stesso decreto trova applicazione nella sola ipotesi in cui il committente, che sia un soggetto passivo che agisce in quanto tale, sia stabilito nel territorio dello Stato. Di conseguenza, sono irrilevanti agli effetti dell’IVA le operazioni poste in essere nei confronti di committenti non stabiliti nel territorio dello Stato, ancorché il trasporto di beni sia preso in considerazione dall’art. 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. n. 633/1972. Tali operazioni, non soddisfacendo il presupposto territoriale, sono quindi irrilevanti ai fini della verifica dello status di soggetto abilitato ad effettuare acquisti e importazioni senza pagamento dell’imposta e della determinazione del plafond a tal fine spendibile.
La non imponibilità di cui all’art. 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. n 633/1972 è prevista per i trasporti relativi a beni in esportazione, in transito, in importazione temporanea, nonché a beni in importazione sempreché i corrispettivi siano assoggettati all’imposta a norma dell’art. 69, comma 1. Come precisato dalla circolare n. 37/E/2011 (§ 5), i concetti di importazione e di esportazione assumono rilevanza non con riferimento al territorio dello Stato, ma con riferimento al territorio comunitario, per cui l’anzidetta previsione di non imponibilità si applica, per i servizi acquistati da committenti stabiliti nel territorio dello Stato, anche quando le predette fattispecie di esportazione, importazione e transito si verifichino nel territorio di uno Stato diverso dall’Italia. Resta inteso, in ogni caso, che la corretta applicazione della disciplina di non imponibilità deve essere provata dalla relativa documentazione doganale, emessa dagli uffici dello Stato membro interessato.
Dal tenore letterale dell’art. 146, lett. e), della Direttiva n. 2006/112/CE, secondo cui sono non imponibili i trasporti di beni direttamente connessi alle esportazioni, si desume che la detassazione non si applica se la prestazione ha per oggetto beni già esistenti in territorio extracomunitario. A favore di questa conclusione, confermata dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate 12 marzo 2010, n. 12 (§ 3.3), può osservarsi che la norma nazionale in materia è rimasta immutata a seguito del riordino operato dal D.Lgs. n. 18/2010, mentre il n. 7) dello stesso art. 9 del D.P.R. n. 633/1972, nel disciplinare la non imponibilità dei servizi di intermediazione, è stato modificato, estendendo l’agevolazione, già prevista per i servizi di intermediazione relativi a beni in importazione, in esportazione o in transito, ai servizi relativi ad operazioni effettuate fuori del territorio dell’Unione.
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