Non imponibilità e territorialità dei servizi internazionali
di Marco PeiroloIn un precedente intervento (Condizioni di non imponibilità Iva per i trasporti di beni), è stato evidenziato come l’applicazione del trattamento di non imponibilità Iva previsto per i trasporti di beni presuppone che la prestazione sia territorialmente rilevante in Italia.
Se è vero infatti che, per le cessioni all’esportazione, la detassazione si applica a prescindere dal luogo di stabilimento del cliente, rilevando la destinazione effettiva dei beni al di fuori del territorio dell’Unione europea, per le operazioni assimilate alle esportazioni e per i servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali, la non imponibilità di cui agli articoli 8-bis e 9 del D.P.R. 633/1972 non opera in modo altrettanto oggettivo.
A seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 18/2010, in attuazione del cd. “VAT Package”, è stata soppressa la previsione di extraterritorialità contenuta negli ultimi commi dell’articolo 7 del D.P.R. 633/1972 e dell’articolo 40 del D.L. 331/1993, in base alla quale le operazioni non imponibili non si consideravano effettuate nel territorio dello Stato. Se, quindi, le operazioni in esame beneficiavano della non imponibilità pur essendo qualificate come extraterritoriali, potrebbe assumersi che, a seguito del riordino operato con effetto dal 1° gennaio 2010, la detassazione operi nel rispetto dei nuovi criteri territoriali (di cui agli articoli da 7-bis a 7-septies del D.P.R. 633/1972) o, secondo la tesi opposta, in modo oggettivo, indipendentemente cioè dalla verifica della territorialità.
Sul punto, occorre osservare che l’affermazione di extraterritorialità soppressa dal D.Lgs. 18/2010 era assolutamente impropria, siccome il legislatore non aveva inteso classificare le operazioni non imponibili come extraterritoriali, ma come operazioni senza addebito d’imposta in considerazione del luogo di consumo dei beni o, comunque, del carattere internazionale che caratterizza la cessione o la prestazione. Ne consegue che, nel passaggio dalle vecchie alle nuove regole e deroghe territoriali, l’ambito applicativo degli articoli 8-bis e 9 del D.P.R. 633/1972 è rimasto del tutto immutato, continuando ad essere limitato alle operazioni rientranti nel campo di applicazione dell’imposta ai sensi degli articoli da 7-bis a 7-septies del D.P.R. 633/1972.
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare 37/E/2011 (§ 5), ha coerentemente rammentato che, nei rapporti “B2B”, le prestazioni di servizi considerate territorialmente rilevanti nel Paese del committente, sono escluse da Iva in Italia se il committente è stabilito in altro Paese (UE o extra-UE), benché si tratti di operazioni riconducibili alla fattispecie contemplate dagli articoli 8-bis e 9 del D.P.R. 633/1972; viceversa, le stesse operazioni beneficiano della non imponibilità se il committente è stabilito in Italia.
Nel primo caso (committente stabilito in altro Paese), trattandosi di operazioni non imponibili, la fattura non deve essere emessa dal prestatore nazionale se il committente è comunitario; se extracomunitario, invece, la fattura deve riportare l’annotazione “operazione non soggetta”, con l’eventuale specificazione della relativa norma comunitaria o nazionale di riferimento.
Nel secondo caso (committente stabilito in Italia), invece, la fattura del prestatore italiano deve riportare l’annotazione “operazione non imponibile”, con l’eventuale indicazione della relativa norma comunitaria o nazionale di riferimento.
Nella prassi commerciale sono ricorrenti i trasporti internazionali di beni e le intermediazioni relative a beni in importazione, esportazione o transito.
Per la prima tipologia di operazioni, l’articolo 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. 633/1972 considera non imponibili i trasporti relativi a beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea, nonché i trasporti relativi a beni in importazione i cui corrispettivi sono assoggettati all’imposta a norma del comma 1 dell’articolo 69 dello stesso D.P.R. 633/1972. Il trattamento di non imponibilità risulta, invece, escluso per i trasporti di beni “estero su estero” e, del resto, a conferma di questa conclusione, può osservarsi come la richiamata previsione nazionale in materia di territorialità sia rimasta immutata a seguito del riordino operato dal D.Lgs. 18/2010, mentre il n. 7) dello stesso articolo 9 del D.P.R. 633/1972, nel disciplinare la non imponibilità dei servizi di intermediazione, è stato modificato, estendendo l’agevolazione, già prevista per i servizi di intermediazione relativi a beni in importazione, in esportazione o in transito, ai servizi relativi a operazioni effettuate fuori del territorio dell’Unione.
Si pone, peraltro, il problema della dimostrazione a posteriori della non imponibilità per le intermediazioni relative a beni in importazione, esportazione o transito.
Dato che la non imponibilità è prevista per i beni in importazione, in esportazione o in transito, è senz’altro corretto che l’agevolazione sia riconosciuta in relazione alla merce che deve essere effettivamente importata, esportata o che circola sotto controllo doganale. La possibilità di dimostrare che i beni abbiano ricevuto una delle suddette destinazioni doganali andrebbe, tuttavia, ammessa anche a posteriori, cioè dopo il momento di effettuazione dell’intermediazione se l’operatore è in grado di dimostrare che la prestazione si riferisce a beni che saranno esportati, importati o movimentati in regime di transito ancorché al momento di effettuazione dell’operazione non abbiano ancora ricevuto una delle suddette destinazioni. Del resto, la stessa Amministrazione finanziaria, in materia di acconti all’esportazione, è dell’avviso che i pagamenti anticipati beneficiano della non imponibilità prevista dall’articolo 8 del D.P.R. 633/1972 anche se i beni saranno inviati al di fuori del territorio comunitario dopo l’emissione della fattura d’acconto, in quanto giuridicamente e direttamente dipendenti dal contratto avente ad oggetto la cessione di beni all’esportazione (risoluzione AdE 456/E/2008).