Non necessaria la notifica ai soci di società di persone
di Roberto BianchiA parere della Corte di Cassazione, espresso nella sentenza n. 16713/2016 attinente le società personali, la responsabilità illimitata dei soci, in merito alle obbligazioni tributarie, rappresenta una incombenza di tipo diretto per la quale il debito della società si trasforma in debito del socio e, di conseguenza, ai fini della riscossione della pretesa tributaria, non è necessario che l’Ufficio notifichi al socio direttamente l’avviso di accertamento o la cartella di pagamento già formalmente comunicata alla società di persone in quanto, la notifica di un atto tributario avverso una società, produce effetti in termini di prescrizione anche sul socio.
La decisione della C.T.R. Toscana, favorevole al contribuente anche se in seguito cassata dalla Suprema Corte, ha sentenziato l’annullamento di una cartella di pagamento notificata al socio di una società in nome collettivo decorsi oltre dieci anni dalla notifica dell’avviso di accertamento alla società, divenuto definitivo in conseguenza alla sua mancata impugnazione. A parere della C.T.R. adita, la pretesa tributaria era da considerarsi decaduta, dovendosi ritenere ininfluente la circostanza per la quale, nel menzionato intervallo temporale, l’Ufficio abbia notificato alla società personale alcuni atti interruttivi della decadenza.
La Suprema Corte ha ribaltato il risultato del giudizio di secondo grado, intervenendo anche nel merito e respingendo il ricorso introduttivo proposto dal contribuente avverso la cartella di pagamento. Il postulato abbracciato dagli Ermellini è rappresentato dalla circostanza che, nelle società personali, la responsabilità illimitata del socio è diretta e si confonde con quella della società: in conseguenza di ciò, la notifica di un atto impositivo alla società personale, sprigiona effetti anche nei confronti del socio, relativamente della riscossione futura delle somme e ai termini di prescrizione (Cassazione sentenza n. 21763/2015, n. 20704/2014 e 11228/2007).
La Cassazione afferma che non è necessario che al socio venga notificato l’avviso di accertamento o la cartella di pagamento, essendo sufficiente la comunicazione dell’avviso di mora da parte del Concessionario della Riscossione, redatto secondo il modello specificatamente approvato con il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 22585 del 17/02/2015 (che ha sostituito il modello di cui all’allegato 3 del Decreto dirigenziale del Direttore generale del Dipartimento delle entrate – Ministero delle finanze del 28 giugno 1999), in quanto la responsabilità del socio nei confronti dei debiti della società personale è solidale, illimitata, diretta e subordinata esclusivamente alla preventiva escussione del patrimonio societario (articolo 2304 cod. civ.). In tale scenario, a parere degli Ermellini, non può ritenersi violato il diritto di difesa del socio (Cassazione sentenza n. 28361/2013, n. 29625/2008 e n. 19188/2006) in quanto lo stesso ha la facoltà di impugnare l’atto notificatogli direttamente e, in quel contesto, eccepire la pretesa nel merito oltre a impugnare cumulativamente tutti gli atti presupposto. La menzionata sentenza rammenta infine che la decadenza di una pretesa tributaria divenuta definitiva, in conseguenza alla mancata impugnazione dell’avviso di accertamento, non risulta essere quinquennale ma bensì decennale e che l’interruzione della prescrizione, che ha avuto luogo nei confronti della società, assume efficacia nei confronti dei soci.
Il socio di una Snc ha di fatto una coobbligazione solidale diretta (articoli 2267 e 2291 cod. civ.) ma per innescarla occorre che a quest’ultimo venga recapitato un atto successivo che lo coinvolga quale condebitore solidale. Al socio deve pertanto essere notificata una intimazione di pagamento che risulterà essere l’unico atto, per pacifica giurisprudenza di Cassazione (SS.UU. sentenza n. 16412/2007, SS.UU. sentenza n. 19704/2015 e Sez. Tributaria sentenza n. 9762/2014), impugnabile da parte del socio e che trova il suo fondamento nella definitività della cartella notificata alla società, divenuta tale in seguito alla sua mancata impugnazione. Tuttavia il socio, non avendo partecipato al processo avviato nei confronti della società, deve essere messo nella condizione di potersi difendere dalla pretesa esattiva e in forza di ciò gli viene riconosciuta la facoltà di impugnare l’atto di messa in mora e tutti gli atti allo stesso presupposti. La motivazione utilizzata dal Concessionario della Riscossione nell’intimazione di pagamento verte sulla circostanza che, resasi definitiva l’obbligazione relativa alla cartella notificata alla società, l’Ufficio sta facendo valere una coobbligazione solidale che ha natura prettamente civilistica e i cui termini prescrizionali decennali, previsti dall’articolo 2935 cod. civ., decorrono a partire dalla data in cui il diritto poteva essere fatto valere o dai successivi atti interruttivi della prescrizione (notifica della cartella di pagamento alla società) che conduce a dare applicazione al principio di cui al 1310 cod. civ. anche nei confronti dei soci (Cassazione sentenza n. 22093/2016).
La Commissione Tributaria viene pertanto deputata a decidere in merito alle controversie che, seppur fondate su presupposti civilistici, hanno quale oggetto un rapporto di natura tributaria e, in tali circostanze, trovano applicazione le regole contenute nel D.Lgs. 546/1992. A conferma di ciò si rammenta che anche il credito vantato dall’Agenzia delle Entrate nei confronti dei liquidatori e dei soci, per effetto dell’articolo 36 del D.P.R. 602/1973, non rappresenta un credito tributario ma bensì civilistico, che dispone di un titolo autonomo rispetto all’obbligazione fiscale (Cassazione sentenza n. 7327/2012). Tuttavia la Suprema Corte ha più volte affermato che, anche in tale circostanza, la cognizione deve essere attribuita alle Commissioni Tributarie.
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