Non sempre il box auto sconta la stessa aliquota dell’abitazione
di Leonardo Pietrobon
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 1735 del 28.1.2014, intervenendo in materia di aliquota Iva, ha stabilito che nel caso in cui il costruttore di un edificio venda i box auto, con atto separato, a chi è già proprietario delle unità abitative, l’aliquota Iva applicabile in tale compravendita è quella ordinaria e non quella agevolata, ad eccezione del caso in cui venga dimostrato che gli immobili erano stati costruiti sin dall’inizio con le autorimesse. In altri termini, a parere della Corte di Cassazione per poter accedere all’aliquota agevolata le unità abitative e i box auto devono essere oggetto dello stesso intervento edificatorio.
La vicenda riguarda una società a cui l’Amministrazione Finanziaria ha notificato un avviso di accertamento, con il quale procede al recupero della maggiore Iva inerente alla vendita di box auto, su cui la società ha applicato l’aliquota del 10% in luogo, secondo le Entrate, dell’aliquota ordinaria.
La società, avverso tale atto impositivo, propone ricorso avanti alla Commissione Tributaria Provinciale, la quale accoglie le doglianze della società ricorrente e annulla, quindi, l’atto impugnato. L’Amministrazione Finanziaria, ferma nelle proprie posizioni, impugna la decisione del giudice di prime cure dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale affermando che la vendita delle due unità immobiliari, abitazione e box auto, non è stato contestuale. Nonostante tale argomentazione la CTR rigetta l’appello dell’Ufficio, affermando che sulla vendita di alcuni box auto da parte della società ricorrente ai proprietari di unità immobiliari abitative acquistate in precedenza va effettivamente applicata l’aliquota Iva del 10%, in quanto tali autorimesse sono state dichiarate di volta in volta come pertinenze degli appartamenti, i quali non presentano le caratteristiche per essere qualificati “di lusso” e rendere, quindi, applicabile l’aliquota Iva ordinaria.
Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, insistendo ancora sulla tesi dell’applicabilità, nella caso di specie, dell’aliquota Iva ordinaria, in quanto, sempre a parere delle Entrate, la vendita dei box auto non é stata contestuale a quella delle unità immobiliari, risultando del tutto irrilevante la circostanza che tali box auto fossero stati dichiarati come pertinenze dal notaio rogante, assumendo anche dal punto di vista formale il vincolo di pertinenzialità.
Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione accoglie la motivazione dell’Agenzia delle Entrate cassando la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigettando il ricorso introduttivo del contribuente.
I giudici di legittimità evidenziano che i parcheggi realizzati in eccedenza rispetto allo spazio minimo richiesto dall’articolo 2 L. n. 122/1989 (secondo cui “nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione”) non sono soggetti al vincolo pertinenziale in favore delle unità immobiliari del fabbricato abitativo. Di conseguenza, sempre a parere della Cassazione, l’originario proprietario-costruttore del fabbricato stesso può legittimamente riservarsi, o cedere a terzi, la proprietà di tali parcheggi, nel rispetto del vincolo di destinazione nascente da atto d’obbligo col Comune (sulla questione si veda SS.UU. n. 12793/2005 e Cass. n. 1664/2012).
La Corte di Cassazione, in merito all’applicazione dell’aliquota agevolata – prevista dal punto 21 della parte seconda della tabella A, allegata al D.P.R. n. 633/1972, riferita ai fabbricati e porzioni di fabbricati di cui all’art. 13 della L. n. 408/1949 (c.d. Legge Tupini) ceduti da imprese costruttrici, ancorché non ultimati, purché permanga l’originaria destinazione – afferma che la stessa non si applica a un’impresa edile che si sia limitata a rivendere un immobile da essa non costruito, in quanto detta agevolazione tributaria ha la finalità di favorire lo svolgimento dell’attività edilizia, anche se esercitata in tutto o in parte con la collaborazione di terzi e non può estendersi all’attività commerciale meramente speculativa di compravendita di immobili.
Nel caso di specie, la società avrebbe dovuto fornire la prova di avere costruito gli immobili fin dall’inizio con le autorimesse, poi cedute, in quanto, le norme che prevedono un’aliquota Iva ridotta costituiscono un’eccezione, di conseguenza spetta al contribuente dimostrare l’esistenza dei presupposti per la loro applicazione (sulla questione la stessa Corte di Cassazione richiama due precedenti pronunce, quali Cass n. 7124/2003 e n. 14904/2001).
Il richiamo alla Legge Tupini permette quindi alla Corte di Cassazione di giungere alla conclusione sopra indicata, secondo cui se non vi è “coincidenza” temporale tra la costruzione delle unità abitative e i box auto, in quanto questi ultimi sono stati realizzati in seguito, sulle successive compravendite non può essere applicata l’aliquota Iva ridotta del 10%, in quanto, pare di capire, tali costruzioni non possono essere ricomprese nell’intervento edificatorio “Tupini” che ha portato anteriormente alla realizzazione delle unità abitative.
Sulla base di tali considerazioni, quindi, la Corte di Cassazione ha dichiarato fondata la doglianza dell’Amministrazione Finanziaria e, decidendo la causa nel merito, ha respinto il ricorso introduttivo della contribuente che non ha dimostrato l’esistenza dei presupposti per l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta.