Non sempre obbligatorie le fatture per passaggi interni in agricoltura
di Alberto RocchiLuigi ScappiniIn agricoltura è frequente che l’impresa eserciti più attività. Può accadere infatti che, accanto alle cessioni di beni compresi nella Tabella A allegata al D.P.R. 633/1972 (prodotti agricoli allo stato naturale), vengano esercitate anche altre attività, sia di cessioni di beni che di prestazioni di servizio.
Una volta appurato che tali operazioni sono compiute in modo sistematico e configurano una vera e propria attività autonoma, si pone il problema di come gestire l’attività diversa da quella agricola.
Alcuni esempi di contemporaneo esercizio di attività diverse rispetto a quella agricola di base sono i seguenti:
- gestione di agriturismo:
- rivendita di prodotti acquistati da terzi (mero commercio);
- vendita di prodotti manipolati o trasformati;
- produzione di energia elettrica da risorse agroforestali o fotovoltaiche.
In tutti questi casi, si pone il problema di come impostare, ai fini Iva, la contabilità.
Il riferimento normativo è contenuto nell’articolo 36 D.P.R. 633/1972.
Questa norma ci dà una prima regola generale nella disposizione di apertura al comma 1, ai sensi del quale “Nei confronti dei soggetti che esercitano più attività, l’imposta si applica unitariamente e cumulativamente per tutte le attività con riferimento al volume d’affari complessivo”.
Tale regola viene derogata in tre casi:
- prima deroga obbligatoria – è il caso dell’esercizio contemporaneo di attività di impresa e arte o professione: le due attività vanno separate e l’imposta va applicata secondo le rispettive disposizioni;
- seconda deroga obbligatoria – si tratta delle ipotesi elencate al comma 4 dell’articolo 36 D.P.R. 633/1972, per le quali “l’imposta si applica in ogni caso separatamente” e per le attività di cui all’articolo 34 P.R. 633/1972, per le quali la detrazione prevista dall’articolo 19 sia applicata forfettariamente;
- terza deroga facoltativa – a norma del comma 2, i soggetti che esercitano più imprese o più attività nell’ambito della stessa impresa, hanno facoltà di optare per l’applicazione separata dell’imposta su opzione, che vincola per almeno un triennio.
Riguardo alle regole della separazione delle attività, esse cambiano a seconda che tale separazione sia obbligatoria o facoltativa.
Infatti, in caso di separazione obbligatoria, la detrazione è ammessa per l’imposta relativa ai beni e ai servizi utilizzati promiscuamente nei limiti della parte imputabile all’attività a detrazione “piena”.
Al contrario, quando la separazione è facoltativa, la detrazione spetta a condizione che l’attività sia gestita con contabilità separata ed è esclusa per l’imposta relativa ai beni non ammortizzabili utilizzati promiscuamente.
Vediamo ora le regole relative ai passaggi interni.
Le disposizioni di riferimento sono contenute al comma 4 che detta regole diverse per i casi di:
- passaggi di servizi verso l’attività a detrazione ridotta o forfettaria: essi costituiscono prestazioni di servizi e si considerano effettuate, in base al valore normale, nel momento in cui sono rese;
- passaggi interni di beni: qui la legge opera un generico rinvio all’articolo 21 D.P.R. 633/1972, con riferimento al valore normale.
Il disposto normativo era da sempre apparso piuttosto lacunoso, nella misura in cui imponeva al contribuente comportamenti diversi nel caso dei passaggi interni di beni e di quelli di servizi.
La materia è stata affrontata in modo organico di recente dall’Agenzia delle Entrate, nella circolare 19/E/2018.
Parlando di conseguenze dell’opzione per il gruppo Iva delle società, il documento interpretativo si è soffermato, al § 7.1.4, sulla disciplina dei passaggi interni in ipotesi di separazione delle attività e, coniugando i riferimenti normativi unionali con quelli domestici, ha fornito istruzioni complete e dettagliate.
Intanto, l’Agenzia delle entrate ha sposato il principio, desumibile dalla Direttiva 2006/112/CE, secondo cui i passaggi interni di beni e servizi rilevano ai fini Iva soltanto in quanto funzionano come meccanismo correttivo volto a evitare salti d’imposta e lesioni della neutralità.
Ciò si verifica in particolare quando il bene o servizio (per la cui produzione o acquisto l’impresa ha beneficiato di una detrazione “piena”) venga destinato a un’attività che non conferisce (o conferisce in misura limitata) il diritto alla detrazione dell’Iva.
In questi casi, infatti, il mancato assoggettamento a imposta “dell’ingresso” del bene o servizio nella sfera dell’attività forfettaria o speciale, porterebbe qui a un suo utilizzo senza la limitazione della detrazione.
Al contrario, quando il bene o servizio passa dall’attività con limitazione o esclusione della detrazione, all’attività a detrazione piena, non vi sarebbe tale effetto distorsivo e la rilevanza impositiva sarebbe esclusa in tutti i casi di passaggio del bene o servizio, provenendo da attività in cui è precluso o limitato il diritto alla detrazione.
Infine, nessuna rilevanza impositiva può essere prevista qualora il passaggio di beni o servizi avvenga tra attività che conferiscono (ovvero limitano o precludono) il eguale misura il diritto alla detrazione dell’Iva assolta.
Alla luce di queste puntuali regole è possibile giungere alle seguenti conclusioni:
- in caso di separazione volontaria di attività (esempio: agricoltura e agriturismo, entrambe in Iva da Iva), non ci sarebbe più bisogno di fare passaggi interni, in quanto entrambe le attività conferiscono il diritto alla detrazione in egual misura;
- in caso di separazione obbligatoria delle attività (esempio: agricoltura in speciale e commercio di prodotti in Iva da Iva), il passaggio interno non sarebbe più obbligatorio, in quanto i beni passerebbero da un’attività in speciale (quindi acquistati senza diritto alla detrazione) a un’attività ordinaria, che non limita in alcun modo tale diritto. Tuttavia, in tale caso, il mancato assoggettamento del passaggio interno ad imposta impedirebbe la detrazione dell’imposta “a valle” sulla base delle aliquote compensative, producendo in tal modo un effetto distorsivo della neutralità. Si ritiene, pertanto, che su questo punto le istruzioni dell’Agenzia delle entrate andrebbero riviste;
- resterebbe invece l’obbligo nel caso opposto (ad esempio: agricoltura Iva da Iva, agriturismo in forfait), quando il bene passa dall’agricoltura all’agriturismo, in quanto proviene da attività che conferisce integrale diritto alla detrazione e va verso attività che limita tale diritto (forfait).