La questione dibattuta si incentra sul rapporto fra i commi 2 e 3 dell’articolo 26 D.P.R. 633/1972. Da una parte, il comma 2, individua,infatti, una serie di eventi il cui verificarsi consente la rettifica in diminuzione della base imponibile e dell’imposta, da effettuarsi entro il termine di presentazione della dichiarazione Iva relativa all’anno in cui si è verificato l’evento; il comma 3, ai sensi del quale il disposto del precedente comma 2 non può essere applicato decorso un anno dall’effettuazione dell’operazione, “qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti (…)”.
In questa prospettiva, diventa perciò centrale approfondire la nozione “sopravvenuto accordo fra le parti”, rispetto al quale manca una precisa definizione legislativa; la Norma di comportamento n. 222 dell’AIDC correttamente risale all’articolo 90, par. 1, Direttiva 2006/112/CE e all’orientamento formatosi al riguardo presso la Corte di Giustizia, andando a sottolineare la diversa prospettiva in cui si colloca la lite che deriva da un inadempimento contrattuale del fornitore, rispetto alla circostanza della rettifica dell’imposta che origina, invece, dal mancato pagamento del corrispettivo da parte del cliente.
Gli effetti dell’inadempimento del fornitore (o del prestatore) sono, infatti, molto diversi da quelli dell’inadempimento del cliente. Nel primo caso, ne viene inciso l’assetto giuridico originario del contratto, per cui porre un limite temporale alla rettifica del tributo appare veramente spropositato rispetto alle esigenze di tutela erariale ed ai principi fondamentali del tributo stesso. In altri termini, il far rientrare nei limiti del comma 3 qualsiasi accordo sopravvenuto, rendendo irrilevanti le cause che lo hanno determinato, provoca un’evidente lesione dei seguenti principi:
- di neutralità, poiché trasla sul fornitore l’onere relativo all’Iva;
- di effettività, in quanto rende assai improbo l’esercizio del diritto alla rettifica dell’imponibile o dell’imposta dopo l’effettuazione dell’operazione;
- di proporzionalità, in quanto il contrasto alle frodi può essere compiuto con altre azioni efficaci ma non così gravose per il fornitore (o per il prestatore).
Perciò, quando gli accordi sopravvenuti hanno la portata di risolvere una contestazione relativa all’esecuzione del contratto, questi ben potrebbero rientrare nel perimetro di applicazione del comma 2, a patto che il fornitore disponga di documenti idonei a dimostrare l’esistenza della lite, anche potenziale, definita mediante l’accordo sopravvenuto.
Il limite annuale rimarrebbe coerentemente applicabile al caso degli accordi sopravvenuti che integrano una modifica consensuale della volontà delle parti contraenti.
La Norma di comportamento AIDC n. 222 sottolinea, con la linearità ed esaustività della propria disamina, che:
- l’applicazione della restrizione temporale di un anno, prevista dal comma 3, non andrebbe estesa in modo indistinto a tutti i sopravvenuti accordi, a prescindere dalla loro natura o tipologia;
- il limite annuale non dovrebbe riguardare gli accordi sopravvenuti che definiscono, in via stragiudiziale, una lite già esistente (o potenziale), relativa a una contestazione sull’esecuzione del contratto, riguardante il corretto adempimento delle obbligazioni contrattuali assunte dal cedente (o dal prestatore).