Notifica della cartella via PEC: problemi di legittimità
di Francesco PizzutoL’articolo 26 del D.P.R. 602/1973 prevede, a partire dal 1° giugno 2016, l’obbligo della notifica della cartella di pagamento esclusivamente via PEC alle ditte individuali, ai professionisti e alle società. L’indirizzo PEC deve essere comunicato dal contribuente alla Camera di Commercio o al proprio Albo professionale e viene trasmesso al sito web nazionale INI-PEC. L’archivio di tutti gli indirizzi di posta sono quindi pubblicati sul questo sito, a cui Equitalia può accedere in forma massiva.
Come noto, il sistema di trasmissione della posta certificata prevede una ricevuta (telematica) di avvenuta consegna della comunicazione. La ricevuta di consegna del certificatore della PEC, inviata all’indirizzo del destinatario, ha lo stesso valore legale della ricevuta di ritorno della raccomandata a.r., indipendentemente dall’effettiva conoscenza della sua esistenza da parte del destinatario.
Si presume quindi che il destinatario sia sempre “reperibile” e in possesso di un computer (o di un altro dispositivo) e abbia sempre acceso a internet, in modo da poter entrare alla propria casella di posta certificata. Tale presunzione, tuttavia, è priva di logica e certamente non applicabile a tutti i contribuenti.
In caso di indirizzo del destinatario errato, inattivo o casella di posta satura l’invio telematico della cartella sarà effettuato alla Camera di Commercio territorialmente competente che provvederà con raccomandata a.r. ad informare il contribuente dell’avvenuto deposito.
Per tutti gli altri contribuenti – persone fisiche, enti commerciali e non, associazioni – la notifica continuerà ad esistere nel modo tradizionale: raccomandata a.r., messi notificatori, ufficiale giudiziario e, in caso di irreperibilità del destinatario, attivazione di una procedura, molto garantista, nel rispetto del diritto di conoscenza legale degli atti impositori.
La disparità di trattamento tra i destinatari della notifica è evidente e viola diversi articoli della Costituzione: da un lato (per la notifica via PEC), vi è una presunzione giuridica di conoscenza della cartella di pagamento, indipendentemente dalla prova fisica di ricezione, mentre, dall’altro, sono previste forme di notifica molto rigorose.
Tuttavia, le prime sentenze sull’argomento PEC – n. 611 del 26/02/2016 CTP di Lecce e n. 1817 del 12/05/2016 CTP di Napoli – hanno dichiarato la nullità della notifica per altri motivi, e precisamente perché:
- non viene notificato l’originale della cartella, bensì solo una copia informatica priva di attestato di conformità da parte di un Pubblico Ufficiale;
- non è provata l’effettiva consegna al destinatario, ma solo la disponibilità del documento nella casella telematica del contribuente;
- non è provata la data della ricezione oltreché dell’avvenuta conoscenza giuridica del documento.
Si evidenzia che la copia informatica (la c.d. scansione) è stata esplicitamente abrogata dalla legge istitutiva della notifica via PEC delle cartelle.
Infatti, l’articolo 38, comma 4, lett. b), della L. 122/2010 ha aggiunto al comma 2 all’articolo 26 D.P.R. 602/1973, dopo la previsione che la cartella può essere notificata all’indirizzo PEC, la frase: “Non si applica l’articolo 149-bis del codice di procedura civile”, che a sua volta prescrive: “Se non è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi a mezzo posta certificata, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo“.
Il che vuol dire che la copia cartacea della cartella di pagamento non può più essere notificata ed in sua vece può essere notificato solo il documento informatico della cartella medesima. Il formato digitale del file telematico della cartella di pagamento scelto dall’agente della riscossione è il pdf.
L’articolo 20, comma 1, del D.Lgs. 82/2005 definisce il “documento informatico” come: “Il documento informatico da chiunque formato, la memorizzazione su supporto informatico e la trasmissione con strumenti telematici conformi alla regole di cui all’articolo 71 sono validi e rilevanti agli effetti di legge, ai sensi delle disposizioni del presente codice”.
Il successivo comma 1-bis prevede inoltre che “L’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta è liberamente valutabile in giudizio … fermo restando quanto disposto dal comma 2”. Quest’ultimo comma dà piena sostanza legale al cartaceo contenuto nel documento informatico con la identificazione anche del sottoscrittore. Esso prevede che: “Il documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71, che garantiscano l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del documento, si presume riconducibile al titolare del dispositivo di firma ai sensi dell’articolo 21, comma 2, e soddisfa comunque il requisito della forma scritta, anche nei casi previsti, sotto pena di nullità, dall’articolo 1350, primo comma, numeri da 1 a 12 del codice civile”.
In conclusione, la cartella di pagamento deve essere prodotta da un documento informativo allegato alla PEC sottoscritto digitalmente e cioè avere un’estensione del file in .p7m.
Pertanto, il solo allegato in formato .pdf alla posta certificata non è valido e di conseguenza rende illegittima l’intera cartella di pagamento allegata alla PEC appunto con tale formato.
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4 Ottobre 2018 a 11:00
Tutte le notifiche inviate quindi tramite PEC da Agenzia Entrate contenenti un documento informatico con
un’estensione del file diversa da .p7m.sono da condiderare nulle?Puo’ essere usato un’altro tipo di file purche’ sottoscritto digitalmente?Tutti i documenti trasmessi quindi in formato pdf sono impugnabili in sede di Commissione Tributaria?E’ sufficiente citare l’articolo 20, comma 1, del D.Lgs. 82/2005?
Lampani Roberto