Novembre: mese del vino e delle caldarroste
di Chicco Rossi
Questa settimana, per rinforzare i nostri fisici, ma soprattutto per dimenticare quell’esempio supremo di bizantinismo italiano che risponde al nome di “spesometro”, offriamo due alternative a poca distanza tra di loro:
- fare una puntatina in quella che, questo fine settimana, è a tutti gli effetti la capitale d’Italia: Merano, sede del “Wine festival” per scordare, sorseggiando del buon vino, la comunicazione beni ai soci – altro incubo che ci allieterà nel periodo prenatalizio – oppure
- immergersi in un mondo di fiabe, percorrendo il “Sentiero dei castagni”, assaporando il viver sano e semplice dei masi, ma soprattutto degustando vini sorprendenti, mentre si assaporano formaggi sublimi, senza dimenticare di mangiare qualche caldarrosta.
A Merano, l’appuntamento è in pieno centro al Kurhaus, elegante edificio storico dove il programma del fine settimana è di quelli da far stropicciare gli occhi: 29 Chateaux appartenenti all’Ugcb (Union des Grand Crus de Bordeaux) propongono in degustazione i loro prodotti. L’elenco è di tutto rispetto: non ci sarà il quasi irraggiungibile Chateau Cheval Blanc a far degustare il suo monumentale St. Emilion Grand cru citato in “Sideways – In viaggio con Jack”, però un viaggio sensoriale nel Bordeaux Chicco Rossi lo consiglia sempre (un giorno vi racconterà anche la sua esperienza a St. Emilion, paese medievale che, oltre a essere patria di grandi vini, è anche un gioiello medievale patrimonio dell’Unesco).
Ma “Merano Wine festival” non vuol dire solamente vino, ma anche gastronomia: altrimenti non potrebbe essere, infatti, il suo creatore, Helmuth Köcher, nel 1992 insieme a due amici accomunati dalla medesima passione, fonda il GourmetClub Alto Adige e da qui nasce il “Merano Wine festival”.
Per i fisici più atletici è consigliato addentrarsi per il Sentiero dei castagni riuscendo in tal modo, da un lato, ad allenarsi in vista della stagione invernale e, dall’altro, scoprire posti incantati che sono tali per la loro bellezza e non per il troppo vino bevuto.
Il Sentiero dei castagni si divide in quattro tappe, snodandosi su un percorso di 61 km, ed è approcciabile da chiunque (non pensiate di andare a fare il Tor des Geans, che al Chicco Rossi manca ed è sicuro mancherà sempre).
Punto di partenza è, per gli atleti e quelli a posto con gli adempimenti da spesometro e che quindi hanno 4 giorni di vacanza, Castel Roncolo, quasi alle porte di Bolzano.
Per i “normali” il tempo è breve e quindi accorciamo il percorso partendo da Barbiano, piccolo paesino dove è d’obbligo una veloce visita al Friedburg, palazzo del ‘400 e ‘500, famoso, oltre che per la sua curiosa colorazione, per essere stato a lungo una delle dogane sulla tratta del Brennero. Appena fuori dal paese si trovano le famose Tre Chiese, site sulla strada che dobbiamo percorrere e che ci conduce come prima tappa a Villandro, dove decidiamo subito di assaggiare una Kaiserschmarrn (frittata dolce con uva sultanina e marmellata di mirtilli rossi) abbinata ad un yoghurt appena fatto. Ma nei dintorni di Villandro ci anche sono posti di indubbio interesse storico: infatti, la zona è ricca di rinvenimenti archeologici delle età preistoriche (consigliamo la località Plunacker). La passeggiata prosegue tra castagni, frutteti e prati fin quando non si raggiunge Chiusa, punto di arrivo della nostra prima tappa; ma per guadagnarci la lauta cena, prima bisogna percorrere la Via Crucis che ci porta fino all’incantevole monastero di Sabiona che è stata la sede della relativa diocesi, considerata l’organizzazione ecclesiastica più antica della regione del Tirolo.
Distrutti dall’aspra salita, al ritorno si può, prima di andare a cena, fare un veloce aperitivo al Gassl Brau, sorseggiando una birra di castagne senza esagerare e quindi resistendo alle costine di maiale con rafano e limitandosi a dei più “dietetici” brezel.
Una veloce doccia ed eccoci pronti per la meritata cena. Chiusa offre varie alternative ai nostri gourmant, infatti si può andare dal pluristellato Jasmin, ma noi amanti del cibo schietto e sincero (senza comunque disdegnare puntatine alla scoperta di quel che nascondono le nostre papille gustative) optiamo per una classica stube tirolese: Adlerstube, dove pasteggiamo degustando un incantevole Reisling Kaiton di Peter Pliger.
Ma la notte è breve e domani ci aspetta un’altra giornata di saliscendi, destinazione finale Novacella e dintorni. Prima tappa è la fattoria Radoar con il preciso scopo di assaggiare le caldarroste (in fin dei conti, siamo venuti per questo) ma soprattutto degustare i famosi distillati, tagliando il tutto con il succo di mele (parente stretto del sidro).
A questo punto siamo pronti per ammirare l’incanto dell’abbazia di Novacella che, udite udite, non è solo un luogo di culto religioso e sapere (si resta a bocca aperta e senza fiato entrando nella biblioteca, casa di oltre 65mila volumi) ma anche grande produttrice di vino e di distillati quali l’Abbagnac, ottenuto da un accurato assemblaggio di vinacce di varietà aromatiche, affinato per almeno 6 mesi in barrique di rovere che gli conferiscono un colore ambrato.
Per i vini, si può andare anche da Andreas Huber a degustare il Silvaner, vino bianco con un colore che sfuma dal giallino al verdognolo: il profumo fresco e fruttato ricorda il fieno appena tagliato, mentre il sapore rimanda all’uva spina ed alla pesca; si può degustare come aperitivo per la chiusura del nostro fine settimana all’insegna di castelli, vino, abbazie.
Ma non abbiamo fatto i conti con il Törggelen, vera tradizione della Val d’Isarco, fatta di vino, speck, caldarroste (pardon, Keschtn), noci, zuppa d’orzo, krapfen al papavero o al mirtillo rosso.
Buon appetito!