Nullo l’avviso di accertamento emesso prima delle memorie
di Marco BargagliNell’ambito dei diritti riconosciuti al contribuente nel corso di una verifica fiscale, l’articolo 12, comma 7, L. 212/2000 prevede che, nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo il contribuente può comunicare, entro sessanta giorni, osservazioni e richieste circa i rilievi mossi nel corso del controllo fiscale, che devono essere valutate dagli uffici impositori.
Quindi, l’avviso di accertamento emesso da parte dell’Ufficio finanziario non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.
Al di là del precetto normativo, risulta molto importante comprendere, sulla base dei numerosi precedenti giurisprudenziali elaborati in subiecta materia, quando possono ricorrere i casi di “particolare e motivata urgenza” che giustificano l’emissione anticipata, rispetto al termine dilatorio dei sessanta giorni sopra indicato, dell’atto impositivo.
Sullo specifico punto, il Manuale in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza (volume II – parte III – esecuzione delle verifiche e dei controlli – capitolo 3 “avvio, esecuzione e conclusione della verifica”, pag. 96 e ss.) ha fornito interessanti chiarimenti, raccogliendo le principali sentenze emesse da parte della suprema Corte di cassazione.
Anzitutto, come si legge nel citato documento di prassi, i casi di “particolare e motivata urgenza” non possono essere generici (cfr. Corte di cassazione, sentenza n. 2595 del 05.02.2014), essendo configurabili solo in presenza “di una situazione specifica e particolare”, direttamente riferita al contribuente o allo specifico rapporto tributario e non deve riguardare l’assetto organizzativo dell’Amministrazione finanziaria (cfr. Corte di cassazione, sentenza n. 7315 del 28.03.2014; Corte di cassazione, sentenza n. 2587 del 05.02.2014).
I reali motivi di urgenza possono configurarsi, ad esempio, in presenza di comportamenti tenuti da parte del soggetto verificato che potenzialmente possono mettere a rischio la garanzia del credito erariale, ossia nelle ipotesi di accertamenti connessi alla consumazione di reati tributari.
Di contro, il mero avvicinarsi del termine di decadenza dell’azione di accertamento non costituisce un elemento sufficiente da giustificare l’emissione anticipata dell’atto impositivo a meno che non ricorrano circostanze imprevedibili, quali attivazioni informative o altre emergenze operative, pervenute o manifestatesi nell’ultimo periodo dell’anno, che hanno reso oggettivamente impossibile la formulazione dei rilievi in tempi compatibili rispetto alle disposizioni previste dall’articolo 12, comma 7, L. 212/2000.
Tale importante filone interpretativo è stato espresso in modo pressoché univoco da parte della giurisprudenza di legittimità (cfr. ex multis, Corte di cassazione, sentenza n. 11993 del 10.06.2015; sentenza n. 7315 del 28.03.2014; sentenza n. 3142 del 12.02.2014; sentenza n. 2592 del 05.02.2014; sentenza n. 2279 del 03.02.2014; sentenza n. 1869 del 29.01.2014).
Infine, giova ricordare che incombe sull’Amministrazione Finanziaria l’onere di dimostrare che l’imminente scadenza del termine di decadenza, che non ha consentito di adempiere all’obbligo previsto dalla Legge, derivi da fatti o condotte ad essa non imputabili a titolo di incuria, negligenza od inefficienza (conformemente si cita: Corte di cassazione, sentenza n. 11993 del 10.06.2015 e sentenza n. 3142 del 12.02.2014).
Sul tema in rassegna, è recentemente intervenuta la suprema Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 4564/2019 del 15.02.2019, nella quale è stata confermata l’obbligatorietà del termine dilatorio di 60 giorni entro il quale l’Amministrazione finanziaria, prima di emettere l’avviso di accertamento, deve obbligatoriamente valutare le memorie difensive prodotte dal contribuente.
Gli Ermellini, confermando la nullità dell’avviso di accertamento emesso prima del termine dei sessanta giorni, in linea con un approccio ermeneutico ormai consolidato, hanno posto in evidenza che:
- “la garanzia di cui all’articolo 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000 n. 212 si applica a qualsiasi atto di accertamento o controllo con accesso o ispezione nei locali dell’impresa, ivi compresi gli atti di accesso istantanei finalizzati all’acquisizione di documentazione, in quanto la citata disposizione non prevede alcuna distinzione ed è, comunque, necessario redigere un verbale di chiusura delle operazioni anche in quest’ultimo caso, come prescrive l’articolo 52, sesto comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633“;
- “in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, ove siano eseguiti più accessi nei locali dell’impresa per reperire documentazione strumentale all’accertamento, il termine di sessanta giorni di cui all’articolo 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000 decorre dall’ultimo accesso, in quanto postula il completamento della verifica e la completezza degli elementi dalla stessa risultanti, essendo posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio, in modo da attribuire al contribuente un lasso di tempo sufficiente a garantirgli la piena partecipazione al procedimento ed ad esprimere le proprie valutazioni “;
- l’articolo 12, comma 7, 212/2000 “deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del temine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, di copia del processo verbale di chiusura delle operazioni determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva“.
Infine, i Giudici di piazza Cavour hanno precisato che il vizio invalidante dell’avviso di accertamento non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, “bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativi dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio” .