Nullo l’avviso di rettifica per le ipocatastali se non preceduto da accertamento Iva
di Davide David
Nella sentenza n. 1 dell’11.01.2013 la CTR Trieste esprime un suo interessante convincimento sul rapporto esistente, in ambito immobiliare, tra IVA e imposte ipotecarie e catastali.
Nello specifico, dalla lettura della sentenza si ricava che per le cessioni di immobili assoggettate ad IVA:
- le imposte ipotecarie e catastali vanno commisurate sulla base imponibile determinata ai fini dell’IVA (e non su quella determinata ai fini dell’imposta di registro);
- per tale motivo è inammissibile un accertamento per le imposte ipotecarie e catastali in assenza di una accertamento in materia di IVA e che tale inammissibilità (con la conseguente nullità dell’atto impugnato) è rilevabile d’ufficio.
La normativa di riferimento da prendere in considerazione ai fini di cui trattasi è il Testo Unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecarie e catastali (D.Lgs. 347/1990).
L’art. 2, comma 1, del Testo Unico, relativamente all’imposta ipotecaria, recita: “l’imposta proporzionale dovuta sulle trascrizioni è commisurata alla base imponibile determinata ai fini dell’imposta di registro o dell’imposta sulle successioni e donazioni”.
L’art. 10, comma 1, del Testo Unico, relativamente all’imposta catastale, recita: “le volture catastali sono soggette all’imposta del 10 per mille sul valore degli immobili o dei diritti reali immobiliari determinati a norma dell’art. 2, anche se relative a immobili strumentali, ancorché assoggettati all’imposta sul valore aggiunto, di cui all’art. 10, primo comma, n. 8-ter), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633”.
Come noto, ai fini dell’imposta di registro, per il combinato disposto degli articoli 43 e 51 del D.P.R. 131/1986, la base imponibile per le cessioni di beni immobili è data dal “valore venale in comune commercio” (cfr. art. 51, c. 2) e quindi dal “valore” dell’immobile, qualora diverso dal prezzo effettivamente concordato tra le parti.
Diversamente, ai fini dell’IVA, l’art. 13 del D.P.R. 633/1972, statuisce espressamente che la base imponibile delle cessioni di beni (ivi comprese logicamente anche le cessioni di beni immobili) “è costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente … secondo le condizioni contrattuali” e quindi dal prezzo effettivamente concordato tra le parti, anche qualora diverso dal “valore” dell’immobile.
La CTR Trieste, nell’affrontare il problema della quantificazione della base imponibile delle imposte ipotecarie e catastali per le cessioni immobiliari soggette ad IVA, prende a riferimento quanto indicato, prima in via interpretativa e poi in via normativa, per le operazioni di leasing immobiliare.
Nello specifico, i giudici triestini rilevano che con la circolare 12/E del 2007, l’Agenzia delle entrate ha precisato che in sede di riscatto da leasing la base imponibile per le ipocatastali “può essere individuata nel prezzo di riscatto del bene aumentato dei canoni, depurati della componente finanziaria”, e che “in tale ammontare si può, infatti, ravvisare l’effettivo valore di scambio attribuibile all’immobile, tenuto conto dei vincoli contrattuali che gravano su di esso”.
Il che, secondo la CTR Trieste, confermerebbe che la base imponibile per le imposte ipotecarie e catastali è data dal prezzo contrattualmente pattuito tra le parti e non da un generico valore, in quanto la circolare rinvia, in sostanza, al “prezzo pagato dalla società di locazione finanziaria per l’acquisto dell’immobile successivamente <<smaltato>> su canoni (depurati della componente finanziaria) e importo del riscatto” (così nella sentenza).
E ciò, sempre per quanto affermato dai giudici regionali, avrebbe trovato successiva conferma a livello normativo con l’introduzione del comma 10-ter all’art. 35 del D.L. 223/2006 operata dall’art. 1 della legge 220/2010.
Da ciò la CTR Trieste ha tratto il convincimento che in generale, e non solo per le operazioni di leasing, il “riferimento dell’art. 10, comma 1, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, all’art. 2 dello stesso decreto, non è un richiamo al secondo comma dell’art. 2, ma al primo comma, da leggersi come fosse scritto <<l’imposta proporzionale dovuta sulle trascrizioni è commisurata alla base imponibile determinata ai fini dell’imposta di registro o dell’imposta sulle successioni e donazioni o dell’imposta sul valore aggiunto>>” (così nella sentenza).
Sulla base di questo convincimento, i giudici regionali giungono quindi a ritenere “che l’accertamento in materia di IVA trascini automaticamente con sé ai sensi dei suddetti art. 2 e 10 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, l’accertamento anche delle imposte ipotecarie e catastali, senza necessità di ulteriori dimostrazioni, ma che l’accertamento di cui all’art. 13 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, non sia ammissibile in assenza di un accertamento in materia di IVA, sussistendone i presupposti, in quanto il riferimento ivi presente deve riferirsi alla sola procedura, mentre per la determinazione della base imponibile deve farsi riferimento all’identità dei valori IVA, imposta ipotecaria e imposta catastale, per quanto suddetto”.
Sembra quindi potersi concludere che, secondo la CTR Trieste, per le cessioni di immobili soggette ad IVA le imposte ipotecarie e catastali devono essere commisurate alla base imponibile determinata ai fini dell’IVA e, quindi, all’”ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente … secondo le condizioni contrattuali” (cfr. art. 13 D.P.R. 633/1972).
In altri termini, quello che rileva è il prezzo effettivamente concordato tra le parti (base imponibile IVA) e non il valore venale in comune commercio (che costituisce, invece, la base imponibile per l’imposta di registro).
Da ciò consegue che l’accertamento delle imposte ipotecarie e catastali non è ammesso se non preceduto dall’accertamento, ai fini IVA, di un prezzo concordato tra le parti superiore a quello indicato in contratto.