27 Dicembre 2016

La nuova conciliazione giudiziale: il procedimento

di Enrico Ferra
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In un precedente contributo sono stati evidenziati i principali effetti derivanti dalla nuova conciliazione a seguito delle modifiche apportate dal decreto di riforma del processo tributario, il D.Lgs. 156/2015.

Come evidenziato, tale decreto ha rivitalizzato notevolmente tale strumento deflativo endoprocessuale, che consente la definizione (totale o parziale) delle controversie instaurate, sia in primo grado che in appello, in relazione ad ogni vertenza soggetta alla giurisdizione delle Commissioni tributarie; ciò tramite una “transazione” diretta alla ridefinizione del tributo e all’applicazione delle sanzioni ricalcolate in misura ridotta sulla base della proposta conciliativa.

Dopo aver commentato gli effetti derivanti dalla conclusione del procedimento di conciliazione, ci si sofferma in questa sede brevemente sulle fasi che consentono alle parti di addivenire alla definizione della lite mediante la “transazione” con l’Amministrazione finanziaria.

La conciliazione giudiziale può avvenire:

  • fuori udienza(mediante deposito di una proposta alla quale la controparte abbia già aderito), ai sensi del novellato articolo 48 del D.Lgs. 546/1992;
  • oppure in udienza (mediante deposito di una proposta alla quale la controparte potrà o meno aderire) ai sensi del successivo articolo 48-bis del medesimo decreto.

A sua volta, la conciliazione fuori udienza può avvenire sia prima che dopo la fissazione dell’udienza di trattazione.

Nel primo caso (ante fissazione udienza), le parti, con istanza congiunta, depositano l’accordo di conciliazione concluso, a seguito del quale il presidente di sezione provvede con decreto a fissare l’udienza per poi dichiarare la cessata materia del contendere (in caso di conciliazione totale) oppure la cessazione parziale della materia del contendere. Nel secondo caso (post fissazione udienza), la Commissione pronuncia la sentenza di cessazione della materia del contendere oppure l’ordinanza di cessazione parziale del contendere e procede all’ulteriore trattazione della causa.

La conciliazione giudiziale (sia in udienza che fuori udienza) può essere proposta da ciascuna delle parti, e quindi sia dal ricorrente che dall’Ente impositore o dall’Agente della riscossione.

Quanto ai termini e alle modalità per la predisposizione della proposta, si evidenzia che il precedente articolo 48 prevedeva che la stessa andasse inserita nell’istanza di discussione in pubblica udienza di cui all’articolo 33 del decreto 546/1992; disposizione che a sua volta, con un ulteriore rinvio al comma 2 dell’articolo 32, imponeva di fatto la notifica alla controparte entro il termine di dieci giorni liberi prima della data di trattazione.

La nuova disciplina, invece, non ripropone più lo stesso rinvio, ma richiama il comma 2 dell’articolo 32 solo nell’articolo 48-bis in materia di conciliazione in udienza: da ciò si desume che, con lo “sdoppiamento” del procedimento di conciliazione nei due articoli 48 (fuori udienza) e 48-bis (in udienza), il termine perentorio dei dieci giorni liberi entro cui inviare la proposta di conciliazione della controversia (con atto autonomo o in qualsiasi altro atto processuale) valga unicamente nel caso in cui si intenda raggiungere un accordo conciliativo in udienza ai sensi dell’articolo 48-bis.

Nella precedente formulazione della norma inoltre il tentativo di conciliazione poteva essere esperito:

  • solo davanti alla commissione provinciale e non oltre la prima udienza;
  • anche da parte della Commissione tributaria provinciale.

Tali disposizioni nel testo riformato non sono più presenti, con la conseguenza che la proposta di definizione riguarda le controversie instaurate sia in primo grado che in appello, ma non può essere avanzata dalla commissione provinciale (o regionale).

A seguito della presentazione dell’istanza (in caso di conciliazione in udienza) o dell’istanza congiunta (in caso di conciliazione fuori udienza), il giudice tributario non può vagliare il merito delle scelte effettuate dalle parti, dovendosi limitare ad un esame di legittimità dell’atto, in modo da verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni di ammissibilità.

Diversamente dal passato, il perfezionamento della procedura non si realizza più con il pagamento dell’intero importo (o della prima rata), ma con la sottoscrizione dell’accordo (in caso di conciliazione fuori udienza) o con la redazione del processo verbale (in caso di conciliazione in udienza); e sia l’accordo che il processo verbale, nei quali sono indicati termini e modalità per il pagamento, costituiscono titolo per la riscossione. Da qui il carattere novativo dell’accordo conciliativo, mediante il quale viene estinta e sostituita la precedente obbligazione.

È evidente quindi che, nel caso di conciliazione fuori udienza, il perfezionamento dell’accordo tra le parti si conclude in una fase temporale antecedente alla valutazione giudiziale di ammissibilità, la quale potrà esser disposta dal giudice solo successivamente alla presentazione dell’istanza congiunta.

Quanto al versamento del dovuto, viene disposto che le somme dovute per effetto della conciliazione devono essere versate entro 20 giorni dalla data di redazione del processo verbale di conciliazione, in caso di conciliazione in udienza, o di sottoscrizione dell’accordo, in caso di conciliazione fuori udienza.

È applicabile, inoltre, il principio del “lieve inadempimento”, in analogia con la disciplina prevista per l’accertamento con adesione e reclamo/mediazione, con la conseguenza che sono esclusi da decadenza dal beneficio i casi di “lieve inadempimento” dovuti a:

  1. insufficiente versamento della rata, per una frazione non superiore al 3 per cento e, in ogni caso, a diecimila euro;
  2. tardivo versamento della prima rata, non superiore a sette giorni.

È prevista infine la possibilità di versare le somme in forma rateale in un massimo di 8 rate trimestrali ovvero di 16 rate trimestrali di pari importo a seconda che le somme siano inferiori o superiori a 50.000,00 euro.

Successivamente al versamento, è infine opportuno che il contribuente consegni celermente all’ufficio copia della relativa quietanza, il quale provvede a informare la Commissione tributaria.

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