Nuova definizione di residenza fiscale di società di capitali ed enti diversi
di Angelo GinexIl D.Lgs. 209/2023 ha introdotto importanti modifiche in tema di residenza fiscale delle persone giuridiche, intervenendo sugli articoli 5, comma 3, lettera d) e 73, comma 3, Tuir.
In estrema sintesi, la citata novella ha riformulato la definizione di residenza fiscale delle società di capitali e degli enti diversi dalle società:
- confermando il criterio di collegamento formale della sede legale;
- introducendo i criteri sostanziali della sede di direzione effettiva e della gestione ordinaria in via principale, in coerenza con la prassi internazionale;
- eliminando il criterio dell’oggetto principale e quello della sede dell’amministrazione.
L’Agenzia delle entrate, con circolare n. 20/E/2024, ha confermato, da un lato, la regola dell’alternatività dei criteri previsti dall’articolo 73, comma 3, Tuir, ritenendo sufficiente la ricorrenza di uno solo di essi per configurare la residenza in Italia, e, dall’altro, la necessità che la sussistenza del criterio si protragga per la maggior parte del periodo d’imposta.
Con specifico riferimento al criterio della sede di direzione effettiva, stando alla nuova formulazione del comma 3, dell’articolo 73, Tuir, si intende la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso.
Al riguardo, nella suddetta circolare n. 20/E/2024, è stato chiarito che, tenuto conto di quanto illustrato nella relazione di accompagnamento al D.Lgs. 209/2023, le decisioni assunte dai soci non rilevano per individuare la sede di direzione effettiva, fatta eccezione per quelle aventi contenuto gestorio. Né tantomeno rilevano le attività di supervisione e l’eventuale attività di monitoraggio della gestione da parte degli stessi.
Inoltre, l’Agenzia delle entrate ha osservato che l’individuazione di un criterio di collegamento sostanziale tra l’ente e il Paese di residenza dovrebbe consentire, in una prospettiva di raccordo con le normative degli altri Stati, di prevenire eventuali conflitti di residenza, per effetto del disallineamento tra i criteri adottati dai singoli ordinamenti per fissare la residenza nel rispettivo territorio nazionale.
In ogni caso, la circolare n. 20/E/2024, in mancanza di una consolidata prassi internazionale, ha raccomandato una valutazione caso per caso di tutte le ipotesi in cui il luogo di svolgimento dell’attività di impresa non coincida con quello in cui si assumono le decisioni strategiche.
Per quanto concerne il criterio della gestione ordinaria, stando alla nuova formulazione del comma 3, dell’articolo 73, Tuir, si intende il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso.
Al riguardo, nella suddetta circolare n. 20/E/2024 è stato chiarito che tale criterio deve essere associato al luogo in cui si esplicano il normale funzionamento della società e gli adempimenti che attengono all’ordinaria amministrazione della stessa.
L’Agenzia delle entrate ha però precisato che non è possibile elaborare in astratto un’elencazione onnicomprensiva degli atti espressione della gestione ordinaria, in quanto i fattori che la determinano, variano a seconda della conformazione della struttura imprenditoriale, dell’attività caratteristica, nonché dell’organizzazione del complesso aziendale della società o dell’ente.
La circolare n. 20/E/2024 ha ravvisato, anche in tale scelta legislativa, un allineamento con i chiarimenti forniti dal paragrafo 24.1 del Commentario all’articolo 4 del Modello OCSE, secondo cui, tra i fattori considerati per la risoluzione del conflitto di residenza a favore di uno Stato contraente, è compreso il luogo dove avviene la gestione quotidiana dell’attività.
Inoltre, essa ha evidenziato che la precisazione – secondo cui la gestione ordinaria deve riguardare l’impresa nel suo complesso, nonché essere svolta “in via principale” – ha la finalità di distinguere lo Stato di residenza della persona giuridica dal luogo di collocamento della stabile organizzazione.
Da ultimo, la circolare n. 20/E/2024 ha rilevato come la riforma, pur prefissandosi l’obiettivo di conseguire una maggiore coerenza con l’ordinamento internazionale, tramite la definizione di norme più aderenti alla sostanza economica, non consenta di escludere il verificarsi di fenomeni di doppia residenza con conseguente doppia imposizione, laddove lo Stato estero adotti criteri da cui risulti la residenza nel proprio territorio. In tali casi, la risoluzione dei conflitti di residenza avverrà mediante l’applicazione del criterio del place of effective management, regola prevista in quasi tutte le Convenzioni concluse dall’Italia.
In alcune Convenzioni, è previsto che nei casi di doppia residenza, le autorità competenti degli Stati contraenti risolveranno la questione di comune accordo con particolare riguardo alla sede della sua direzione effettiva, al luogo in cui è stata costituita o altrimenti creata e ad ogni altro elemento pertinente. In mancanza di tale accordo, non troveranno applicazione i benefici convenzionali.