Nuove regole per i distacchi (prestiti) di personale
di Roberto CurcuIn sede di conversione del cosiddetto “decreto salva infrazioni” (D.L. 131/2024), è stata inserita una normativa che dovrebbe “risolvere” il problema dei distacchi di personale, ma le cui implicazioni vanno analizzate con attenzione, in particolare in funzione dei soggetti coinvolti in queste operazioni di distacco.
L’articolo 8, L. 67/1988, attualmente in vigore, prevede che non sono rilevanti ai fini Iva i prestiti o distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo.
Per l’applicazione di tale disposizione, è necessario che si sia in presenza di un vero e proprio distacco e non, ad esempio, di un corrispettivo per delle prestazioni complesse, che prevede, ad esempio, anche l’affitto di macchinari, software, ecc. Inoltre, l’esclusione da Iva, prevista da tale norma, è applicabile solo qualora il costo della persona distaccata coincida esattamente con la somma chiesta dal distaccante al distaccatario, posto che se le due somme non dovessero coincidere, l’intero corrispettivo dovrebbe essere assoggettato ad Iva.
Tale norma è “entrata in crisi” quando la Corte di Giustizia UE, con Sentenza C-94/19, la ha dichiarata, a certe condizioni, incompatibile con il diritto europeo e, quindi, non applicabile. Per la Corte di Giustizia, infatti, qualora emerga che l’esecuzione del distacco ed il pagamento dello stesso sono due operazioni che si “condizionano reciprocamente, vale a dire che l’una è effettuata solo a condizione che lo sia anche l’altra, e viceversa”, si è in presenza di una normale prestazione di servizi da assoggettare ad Iva, in quanto è irrilevante che il corrispettivo di una prestazione sia superiore, inferiore o uguale al costo sostenuto.
A seguito della Sentenza, vi è la assoluta incertezza circa l’applicazione di tale norma, posto che non è chiaro se possa dirsi che il distacco avviene solo a condizione che venga pagata la somma, posto che per la normativa giuslavoristica il distacco deve essere effettuato nell’interesse del distaccante (tesi per l’esclusione, proposta in particolare da Assonime); dall’altro lato, tuttavia, non si capisce a che titolo il distaccatario sostenga la spesa, se non per la correlazione con l’utilità che viene fornita dalla persona distaccata.
Al fine di risolvere la questione, l’articolo 16-ter, D.L. 131/2024, abroga la norma del 1988 e, quindi, in molti hanno semplicisticamente sostenuto che, con l’efficacia della abrogazione, anche i distacchi dove è prevista solo la rifusione del costo del personale dovranno essere assoggettati ad Iva. Tuttavia, l’eventuale applicazione dell’Iva ed i conseguenti effetti non sono così scontati.
In primo luogo, nel solco dell’interpretazione della Corte di Giustizia è comunque necessario che gli importi versati dal distaccatario ed i prestiti o distacchi si condizionino reciprocamente; sul punto, peraltro, chi scrive ritiene che se non dovesse ravvisarsi la correlazione, l’operazione resterebbe esclusa da Iva, indipendentemente dal fatto che gli importi versati coincidano o differiscano – per difetto o per eccesso – rispetto al costo della persona distaccata.
In secondo luogo, per l’applicazione dell’Iva al distacco è necessaria l’esistenza del presupposto soggettivo e territoriale.
Ipotizzando, quindi, di avere dei distacchi e dei corrispettivi che si condizionano reciprocamente e che, ai sensi degli articoli 7-ter e seguenti, si considerano effettuati in Italia, la situazione diventa lineare qualora i distacchi intervengano tra soggetti passivi che hanno entrambi il diritto alla detrazione dell’Iva; la situazione resta semplice, anche se si modificano i termini economici, quando uno dei due soggetti passivi non ha diritto alla detrazione dell’Iva, in quanto se questo è il distaccatario, è evidente che il costo dell’operazione aumenterà significativamente, mentre se a svolgere una attività esente è il distaccante, dovrà essere gestita una operazione attiva con Iva, con le relative conseguenze in termini contabili e di impatto sul diritto alla detrazione delle operazioni a monte; dovrà essere valutato, in altri termini, se questa operazione imponibile può influenzare il pro-rata o meno.
La situazione si complica quando tra i soggetti coinvolti vi sono “non soggetti passivi”, quali gli enti non commerciali. Se le cose sono economicamente impattanti, ma fiscalmente semplici, nel caso in cui a non essere soggetto passivo sia solo il distaccatario (per lui il costo del distacco aumenta dell’importo dell’Iva), la questione diventa estremamente complicata, nel caso in cui ad essere non soggetto passivo sia il distaccante, in quanto – proprio a seguito della rilevanza del distacco – potrebbe proprio assumere la qualifica di soggetto passivo Iva. Come noto, ad esempio, se un ente non commerciale svolge in via abituale delle attività commerciali, diventa soggetto passivo Iva; qui sarà da valutare se l’effettuazione di tali distacchi configura lo svolgimento di una attività commerciale; in questo senso, è possibile ragionare a temini dell’articolo 4, D.P.R. 633/1972, e valutare se l’attività è commerciale ai sensi dell’articolo 2195 del codice civile oppure se è “organizzata in forma di impresa” ma – considerata anche la L. 111/2023 che dà mandato al Governo di “ridefinire i presupposti dell’imposta al fine di renderli più aderenti alla normativa dell’Unione Europea”, chi scrive troverebbe più logico iniziare fin da subito a ragionare a termini dell’articolo 9 della Direttiva 2006/112, come interpretata dalle varie sentenze della Corte di Giustizia Europea. Qualora, poi, un ente non commerciale effettui i distacchi a favore di proprie società consociate, il probabile avvicinamento della normativa nazionale a quella comunitaria (e comunque la supremazia di quest’ultima sulla prima) suggerirebbero di valutare se l’effettuazione di determinate prestazioni di servizi a favore delle società controllate faccia nascere in capo all’ente non commerciale la qualifica di “holding attiva” delineata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, e quindi la soggettività passiva Iva.
L’abrogazione della norma avrà, comunque, efficacia a tutti i contratti stipulati o rinnovati a partire dal’1.1.2025.
La normativa, peraltro, fa salvi tutti i comportamenti precedentemente adottati, sia nel caso in cui sia stata applicata l’Iva in conformità alla sentenza, sia che l’imposta non sia stata applicata in funzione della normativa esistente. La norma, quindi, si uniforma al principio di certezza del diritto che discende direttamente dal Trattato sul Funzionamento della Unione Europea, per il quale il cittadino ha diritto di applicare una normativa interna, ancorché sia non compatibile con il diritto comunitario, poiché spetta agli Stati membri rimuovere le norme incompatibili e fornire ai cittadini un quadro normativo chiaro e sul quale possano fare affidamento; dall’altro lato, la supremazia del diritto comunitario dà al cittadino il diritto (ma non l’obbligo) di disapplicare la norma interna incompatibile con quella europea.