Nuovo codice Unionale: come cambiano le regole sul valore in dogana
di Sara ArmellaA partire dal 1° maggio 2016, per determinare il valore della merce importata e liquidare correttamente i dazi doganali, occorre fare riferimento alle regole previste dal nuovo codice doganale dell’Unione (Reg. UE 9 ottobre 2013, n. 952, in prosieguo CDU), e dai relativi regolamenti di attuazione (Reg. UE 28 luglio 2015, n. 2446, RD; 24 novembre 2015, n. 2447, RE e 17 dicembre 2015, n. 341, TDA).
Poiché i dazi doganali sono di norma commisurati al valore dei prodotti importati, approfondire la nuova disciplina di riferimento assume estrema importanza, anche al fine di valutare preventivamente le ricadute economiche degli acquisti internazionali di beni e individuare le corrette strategie operative.
Secondo la nuova normativa, la base primaria per il valore in dogana dei prodotti importati è rappresentata dal valore di transazione, ossia dal prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando sono vendute per l’esportazione verso il territorio doganale dell’Unione, “eventualmente adeguato” (art. 70 CDU). Tale ultimo inciso merita di essere evidenziato, poiché mentre la previgente disciplina (Reg. CE 2913 del 1992, CDC) consentiva di forfetizzare soltanto alcuni degli elementi che compongono il valore doganale (es. commissioni e spese di mediazione o altri pagamenti effettuati come condizione della vendita), dal 1° maggio 2016 è possibile richiedere in dogana anche la forfetizzazione del valore transazionale di base, ossia del prezzo corrisposto al venditore per l’acquisto della merce. Tale agevolazione, come molte delle altre previste dal nuovo codice, è condizionata dal possesso di alcuni dei requisiti previsti per il rilascio della certificazione Aeo (operatore economico autorizzato), nonché dal riscontro delle altre condizioni previste dal codice (art. 73 CDU).
Il prezzo di vendita indicato nella fattura di acquisto del bene non può, tuttavia, essere semplicemente trasposto nella dichiarazione doganale, poiché se, da un lato, occorre sommarvi gli ulteriori elementi previsti dalla legge, dall’altro, vi sono anche voci di costo che, al ricorrere di precise condizioni, non vanno computate nel valore di transazione.
Le novità più significative concernono le royalties (ossia i corrispettivi per l’uso di diritti quali brevetti, modelli, progetti, know how, marchi commerciali) relativi alle merci importate, giacché il CDU prevede che il loro importo integri il valore di transazione (nella misura in cui non siano già stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare), se il compratore, direttamente o indirettamente, è tenuto a pagarli come condizione per la vendita delle merci. Ciò, in particolare, si verifica se: a) il venditore o una persona ad esso collegata chiede all’acquirente di effettuare tale pagamento; b) il pagamento da parte dell’acquirente è effettuato per soddisfare un obbligo del venditore, conformemente agli obblighi contrattuali; c) le merci non possono essere vendute all’acquirente o da questo acquistate senza versamento dei corrispettivi o dei diritti di licenza a un licenziante (art. 136, RE). Tali condizioni, a differenza di quelle previste dal CDC, non sono cumulative, sicché è sufficiente che ve ne sia una soltanto perché le royalties vadano incluse nel valore doganale della merce. Inoltre, la condizione di cui alla lettera c) potrebbe ampliare sensibilmente i casi in cui i diritti di licenza sui beni immateriali e le royalties siano sottoposti a tassazione, poiché non si tiene più conto, né del venditore, né della circostanza che quest’ultimo richieda il pagamento della royalty, ma soltanto del fatto che l’acquirente, anteriormente o successivamente all’acquisto della merce, debba pagare un corrispettivo al titolare del marchio. Su tale aspetto, tuttavia, è di recente intervenuta la Commissione europea (Custom Valuation Act, 28 aprile 2016) chiarendo che l’Autorità doganale non può limitarsi a verificare se all’acquisto della merce faccia seguito il pagamento delle royalties al licenziante, dovendosi invece esaminare attentamente tutte le circostanze che concernono la vendita e l’importazione della merce, nonché le intese contrattuali che regolano i rapporti tra le parti.
Merita di essere valorizzato, inoltre, il fatto che il nuovo codice, ai fini della non inclusione di taluni elementi nel valore doganale (es. spese di traporto o manutenzione dopo l’ingresso nell’Ue) non richiede più che essi siano “distinti” dal prezzo effettivamente pagato o da pagare, con la conseguenza che sarà sufficiente dimostrare che tali pagamenti non rappresentano “condizione della vendita” internazionale per escluderli dal valore in dogana.
Un altro importante fattore di cui occorre tenere conto nei business plan aziendali è rappresentato dall’abrogazione del metodo del first sale price, il quale consentiva, nell’ipotesi di vendite a catena della merce prima della sua importazione, di indicare in dogana, quale valore dei beni, quello relativo ad una transazione antecedente all’ultima, così riducendo la base imponibile sulla quale calcolare i dazi doganali. Proprio al fine di consentire una graduale applicazione delle nuove regole, in particolare per quelle imprese che, agendo nell’ambito della c.d. international supply chain, ricorrevano a tale strumento per conseguire un legittimo risparmio d’imposta, la first sale rule rimarrà in vigore per tutti gli operatori vincolati da un contratto concluso prima del 18 gennaio 2016, mentre la definitiva abrogazione è prevista per il 31 dicembre 2017 (art. 347 RE).