Nuovo redditometro alla prova della doppia franchigia
di Angelo GinexNell’ultimo periodo la disciplina in tema di determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche è stata al centro di un vivace dibattito. Si rammenta che il Ministero dell’economia e delle finanze, con D.M. 7.5.2024, aveva riattivato il cd. Redditometro, individuando nuovi indici di capacità contributiva.
Tuttavia, a seguito delle polemiche sorte in occasione della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, lo stesso Ministero dell’economia e delle finanze, con atto di indirizzo del 23.5.2024, aveva disposto che l’avvio delle attività applicative conseguenti all’emanazione del citato D.M. 7.5.2024 è differito all’entrata in vigore dei provvedimenti che dispongono le modifiche normative all’articolo 38, D.P.R. 600/1973.
Ebbene, la citata sospensione può dirsi terminata con l’entrata in vigore del D.Lgs. 108/2024, che ha apportato modificazioni anche all’articolo 38, D.P.R. 600/1973, al fine, come evidenziato nel suddetto atto di indirizzo, di limitarne l’utilizzazione ai casi nei quali il contribuente ometta di dichiarare i propri redditi, a fronte del superamento di determinate soglie di spesa.
La norma, nella nuova formulazione, stabilisce che la determinazione sintetica del reddito è effettuata a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un quinto quello dichiarato e, comunque, di almeno dieci volte l’importo corrispondente all’assegno sociale annuo (all’incirca 70.000 euro), il cui valore è aggiornato anche sulla base degli indici Istat.
Questo significa che il nuovo redditometro troverà applicazione, solo se il reddito dichiarato dal contribuente si discosta, anche per un solo periodo d’imposta, di almeno un quinto e, comunque, di almeno circa 70.000 euro rispetto a quello accertabile.
Se, da un lato, la previsione della doppia franchigia sembra essere rassicurante per i contribuenti, dall’altro, i diversi elementi indicativi di capacità contributiva (così come individuati dal D.M. 7.5.2024) sollevano più di qualche preoccupazione, in quanto le soglie di spesa potrebbero essere facilmente superate in caso di concorso di numerose voci alla determinazione del reddito accertabile.
Al riguardo, si rileva che il suddetto decreto, all’articolo 1, definisce elemento indicativo di capacità contributiva, la spesa sostenuta dal contribuente e la sua propensione al risparmio. Di conseguenza, il reddito complessivo accertabile del contribuente è determinato tenendo conto:
- dell’ammontare delle spese che dai dati disponibili o dalle informazioni presenti nel Sistema informativo dell’Anagrafe tributaria, risultano sostenute dal contribuente;
- dell’ammontare delle spese correnti determinato sulla base di analisi e studi socioeconomici;
- della quota parte, attribuibile al contribuente, dell’ammontare della spesa per i beni e servizi considerati essenziali per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile (c.d. soglia di povertà assoluta) per una famiglia corrispondente alla tipologia di nucleo familiare di appartenenza;
- della quota relativa agli incrementi patrimoniali del contribuente imputabile al periodo d’imposta;
- della quota di risparmio riscontrata dall’Agenzia, formatasi nell’anno e non utilizzata per consumi ed investimenti.
Insieme al decreto è stato pubblicato un Allegato, che al suo interno contiene due tabelle diverse:
- la tabella A contiene l’elenco delle voci di spesa che, alla luce dell’attuale contesto socio-economico, caratterizzano i diversi aspetti della vita quotidiana;
- la tabella B elenca, invece, le tipologie di nucleo familiare che sostengono queste spese (si va dalle coppie senza figli a quelle con figli ai monogenitori).
Nel dettaglio, le voci di spesa previste nella tabella A sono riconducibili alle seguenti macro categorie:
- consumi (generi alimentari, bevande, abbigliamento e calzature; abitazione; combustibili ed energia; mobili, elettrodomestici e servizi per la casa; sanità; trasporti; comunicazioni; istruzione; tempo libero, cultura e giochi; altri beni e servizi);
- investimenti (immobiliari e mobiliari);
- risparmio;
- spese per trasferimenti.
Occorre precisare, poi, che i contribuenti hanno la possibilità di superare la presunzione di maggior reddito fornendo la cd. prova contraria, e cioè dimostrando che:
- il finanziamento delle spese è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nel periodo d’imposta, ovvero con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile, ovvero da parte di soggetti diversi dal contribuente;
- le spese attribuite hanno un diverso ammontare;
- la quota di risparmio utilizzata per consumi ed investimenti si è formata nel corso di anni precedenti.
In definitiva, si ritiene che soltanto l’applicazione pratica del nuovo redditometro potrà dirci se esso vada a colpire solo i grandi evasori, oppure anche coloro che tali non sono, pur finendo nel tritacarne di questo strumento di determinazione sintetica e indiretta del loro reddito complessivo.