12 Febbraio 2016

Nuovo ruling: tempi brevi e corsia preferenziale per le filiali – Parte II

di Gian Luca NiedduRoberto Bianchi
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Nel precedente intervento collegato al presente contributo abbiamo evidenziato come l’Agenzia delle Entrate si stia adoperando per la definizione di una nuova disciplina relativa al “rulinginternazionale che è stata riformata dal decreto attuativo della delega fiscale n. 147 del 14 settembre 2015.

A riguardo, infatti, l’Ufficio sta perfezionando un ulteriore provvedimento direttoriale che consentirà l’utilizzazione delle riqualificate procedure anche per la trattazione delle richieste avanzate antecedentemente a tali modifiche.

Per ciò che concerne la stabile organizzazione, considerata la complessità dell’argomento e l’imprescindibile necessità di indicazioni quanto a pratiche operative accettate dall’Amministrazione finanziaria, sarà diffuso uno specifico provvedimento in forza del quale l’Ufficio dovrebbe avere la facoltà di poter esprimere il proprio parere sostanzialmente su tutte le fattispecie che verranno sottoposte  all’Agenzia delle Entrate e pertanto anche sui postulati delle domande, limitando così l’esigenza dell’Ufficio di effettuare controlli “in loco” nelle sedi delle società. Dovrebbero – questo è l’auspicio – essere quindi superati i confronti “alla cieca” tra l’Amministrazione finanziaria e i contribuenti titolari di stabile organizzazione. Ad esempio, non sarà più sufficiente che il partecipante alle spese dello Stato “stabilito” asserisca di essere tale, per ottenere una risposta affermativa da parte dell’Agenzia delle Entrate in merito alla condotta tributaria da osservare; bensì si renderà obbligatoria, da parte dell’Agenzia delle Entrate, una verifica presso la stabile organizzazione finalizzata al riscontro della sussistenza di quanto documentato e dichiarato.

La stabile organizzazione sarà dunque assoggettata – e in questo risiede la peculiarità del novellato “ruling” per i contribuenti dotati di branch – a una ulteriore verifica, formata da un primo momento documentale e da un successivo stadio procedurale. L’innovato processo, che verrà inserito in un provvedimento direttoriale dell’Agenzia delle entrate in fase di completamento, stabilirà in 180 giorni l’intervallo temporale intercorrente tra la convocazione delle società per l’avvio del confronto e la definizione dei postulati dell’accordo preventivo necessari per addivenire alla determinazione delle imposte a carico del contribuente.

Al momento le tempistiche necessarie alla conclusione degli accordi preventivi sono purtroppo imprevedibili e rappresentano un forte deterrente per numerosi gruppi multinazionali (sia italiani che esteri) all’utilizzo di tale istituto. In proposito, è essenziale notare come i sei mesi previsti dal provvedimento direttoriale del 23 luglio 2004 non rappresentano un vincolo temporale perentorio entro cui la procedura dovrà avere termine, piuttosto nei fatti si sono rivelati più uno sprone a processare le domande di ammissione entro sei mesi dal loro ricevimento e dare inizio al contraddittorio tra Agenzia delle Entrate e contribuente. Le tempistiche effettivamente connesse alle istanze di “ruling” internazionale hanno richiesto fino a oggi mediamente 480 giorni (circa 16 mesi) di percorso complessivo finalizzato a comprendere se le posizioni rappresentate dalle imprese (ad esempio, le valutazioni e le modalità di calcolo e versamento delle imposte) possano essere considerate, dall’Amministrazione finanziaria italiana, sostenibili e “compliant” al tempo stesso. Le società non potranno (come del resto accade già oggi) beneficiare dell’istituto del silenzio assenso in quanto anche la nuova procedura rappresenta un accordo bilaterale e non è assimilabile alla risposta a un’istanza di interpello.

All’interno della disciplina che assicura il compimento del decreto legislativo sull’internazionalizzazione (D.Lgs. n. 147/2015), il legislatore ha ritenuto di riservare, ai ruling attinenti il riconoscimento di margini positivi e negativi alla stabile organizzazione di una società o ente residente, localizzata in un’altra nazione ovvero alla stabile organizzazione domiciliata in Italia ma appartenente a un soggetto non residente, una indagine potenziata composta da una prima parte connessa all’acquisizione della documentazione e una seconda parte correlata agli aspetti più precisamente procedurali. In buona sostanza l’Amministrazione finanziaria invita la stabile organizzazione a presentarsi e qualificarsi. In forza di queste informazioni, l’Agenzia delle Entrate fornisce un primo “lasciapassare” al quale farà seguito una ulteriore attività di controllo e pertanto, esclusivamente al termine della attività di verifica e acclarato che la descrizione fornita dal contribuente corrisponda al vero, l’Amministrazione finanziaria emetterà il suo “nulla osta” definitivo dando così “luce verde” alla operatività.

In merito alla facoltà di far retroagire l’efficacia dell’intesa dalla data di presentazione dell’istanza, al partecipante alle spese dello Stato verrà garantita la libertà di non assumere una posizione nelle fasi di avvio del confronto, consentendogli di valutare, durante il contraddittorio con l’Ufficio, la soluzione più conveniente per la propria società.

Tuttavia non sono ancora state chiarite le modalità di attribuzione delle competenze sui ruling internazionali alle Direzioni Regionali delle Entrate (DRE) e le procedure in merito alla facoltà accordata dalla disciplina al partecipante alle spese dello Stato per ottenere la validazione retroattiva dell’accordo, ricorrendo a seconda delle circostanze all’istituto del ravvedimento operoso (art. 13 del D.Lgs. n. 472 del 1997) o alla presentazione di una dichiarazione integrativa (art. 2 co. 8, 8 bis e 8 ter D.P.R. n. 322 del 1998 e circ. 31/E/2014), circostanze che dovrebbero trovare a breve la loro risoluzione grazie a una serie di chiarimenti sul “ruling” internazionale contenuti all’interno di una attesa circolare dell’Agenzia delle Entrate.

Anche il tema della “cooperative compliance”, ispirato alla collaborazione preventiva e al monitoraggio del rischio fiscale disciplinato dal decreto sulla certezza del diritto (D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128 – Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, in attuazione degli articoli 5, 6 e 8, comma 2, della legge 11 marzo 2014, n. 23 – pubblicato sulla G.U. n.ro 190 del 18-8-2015 ed entrato in vigore il 02/09/2015), che rappresenta la sintesi di ciò che dovrebbe essere il nuovo rapporto tra Amministrazione finanziaria e contribuente, sta generando notevoli aspettative tra gli addetti ai lavori.

Negli ultimi anni, a livello  internazionale sono stati dedicati ingenti sforzi ai complessi aspetti relativi alla gestione del rischio fiscale: facendo tesoro dell’esperienza maturata in diversi paesi (tra cui ad esempio, l’Olanda), l’OCSE – nel 2013 – ha pubblicato il rapporto preliminare «Cooperative Compliance: a Framework», al fine di fornire linee guida su come un modello di cooperative compliance possa ristabilire fiducia nel rapporto tra business community e Amministrazione finanziaria e consentire benefici a entrambi. In particolare, tale report sottolinea l’importanza centrale dei «Tax Control Frameworks» nelle multinazionali per la gestione sistematica del rischio fiscale in considerazione di nuovi modelli sempre più basati sulla cooperazione preventiva, così abbandonando progressivamente procedure di controllo a posteriori incentrate sulle attività di verifica.

La rilevanza delle rinnovate procedure di contraddittorio, introdotte attraverso i decreti per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese e la certezza del diritto, trova la sua sintesi in una rappresentazione e interpretazione comune di fatti e circostanze. La condivisione di questi contenuti sintetizza la “new age” della relazione tra Amministrazione finanziaria e partecipanti alle spese dello Stato.