Obbligazione doganale distinta dall’obbligo di assolvere l’Iva all’importazione
di Marco PeiroloDi interesse le conclusioni dell’Avvocato generale presso la Corte di giustizia UE presentate il 27 febbraio 2019 nella causa C-26/18 (Federal Express Corporation Deutsche Niederlassung), aventi per oggetto l’individuazione del Paese UE in cui è dovuta l’Iva all’importazione per i beni di provenienza extra-UE introdotti in un primo momento in Germania per via aerea, per essere successivamente trasferiti in Grecia a bordo di un altro aereo, in partenza dal medesimo aeroporto.
Siccome sono state riscontrate alcune irregolarità nel regime doganale applicato ai predetti beni una volta introdotti in Germania, la questione da dirimere è se l’obbligo d’imposta si verifichi in Germania o in Grecia, dove i beni sono stati destinati.
Il dubbio del giudice del rinvio è sorto dall’asserita contraddizione emergente dai princìpi espressi dalla Corte europea nelle sentenze Eurogate Distribution e DHL Hub Leipzig (cause riunite C-226/14 e C-228/14 del 2 giugno 2016) e Wallenborn Transports (causa C-571/15 dell’1 giugno 2017), in relazione alle condizioni richieste per stabilire se un bene sia stato introdotto nel circuito economico dell’Unione.
In entrambi gli arresti, la Corte ha affermato che, sulla base della specifica condotta illecita da cui aveva avuto origine l’obbligazione doganale, non si può ammettere che i beni fossero entrati nel circuito economico dell’Unione:
- nella causa Eurogate Distribution e DHL Hub Leipzig, poiché, pur essendosi verificata la violazione dell’obbligo di iscrivere tempestivamente nella contabilità di magazzino l’uscita delle merci dal regime di deposito doganale, la Corte ha considerato provato che le merci fossero vincolate a tale regime fino alla loro riesportazione e “non [era] controverso che non sussistessero rischi che le medesime entrassero nel circuito economico dell’Unione”;
- nella causa Wallenborn Transports, in quanto, sebbene le merci fossero state sottratte al controllo doganale all’interno di una zona franca e non si trovassero più in tale zona, il giudice a quo ritenne provato che, prima che le merci lasciassero la zona franca e fossero destinate ad un terzo Stato, “non [sussisteva] un’immissione nel circuito economico dello Stato membro sul cui territorio [era] situata la zona franca. Infatti, successivamente alla sottrazione al controllo doganale, la merce è rimasta in un primo tempo nella zona franca, dove non è stata né immessa in libera pratica né consumata o usata”.
Il dubbio che deve essere risolto nell’ambito della causa C-26/18 è se, ai fini dell’esigibilità dell’Iva all’importazione, sia sufficiente il mero rischio di ingresso dei beni nel circuito economico della UE.
Nel sistema dell’Iva all’importazione opera una triplice presunzione relativa, cioè superabile con prova contraria. Nell’ordine, si presume che:
- tutte le merci di provenienza extra-UE, introdotte nel territorio di un Paese UE, siano destinate al consumo e, quindi, ad integrarsi nel circuito economico dell’Unione. Tale presunzione può essere superata se le merci di cui trattasi sono vincolate a determinati regimi doganali, come quello di transito esterno o di deposito doganale;
- le merci vincolate ad un regime doganale, seppure fisicamente esistenti nel territorio di un Paese UE, non siano entrate nell’Unione e, quindi, non possano inserirsi nel circuito economico dell’Unione;
- in caso di inosservanza della normativa doganale relativa al regime al quale sono state vincolate le merci all’atto dell’introduzione nell’Unione, le stesse siano destinate ad inserirsi nel circuito economico dell’Unione.
Quest’ultima presunzione può essere superata dimostrando che le merci non sono entrate in tale circuito, esattamente come accaduto nelle sentenze sopra richiamate.
Applicando le considerazioni esposte alla controversia oggetto della causa C-26/18 si desume agevolmente che la violazione delle disposizioni doganali commesse nell’aeroporto tedesco, in cui i beni sono stati direttamente trasferiti da un aeromobile ad un altro con destinazione in Grecia, è del tutto irrilevante ai fini della riscossione, in Germania, dell’Iva all’importazione, pur essendo sorta un’obbligazione doganale.
In altri termini, se dimostrato, come lo è in base ai fatti di causa, che i beni sono entrati nel circuito economico dell’Unione non quando si trovavano in Germania, ma dopo avere raggiunto la Grecia, gli inadempimenti della normativa doganale commessi in Germania non determinano l’insorgenza dell’obbligo d’imposta in tale Paese, ma in Grecia.
In definitiva, nella situazione considerata, si applica la regola prevista dall’articolo 60 Direttiva 2006/112/CE, che – nello stabilire che “l’importazione di beni è effettuata nello Stato membro nel cui territorio si trova il bene nel momento in cui entra nella Comunità” – ricollega il luogo impositivo al Paese UE in cui i beni sono destinati al consumo (nella specie, la Grecia).