Obbligazioni ibride perpetue con effetti sul patrimonio netto dell’emittente
di Fabio LanduzziL’Orientamento societario n. 84/2022 pubblicato dal Consiglio Notarile di Firenze Pistoia Prato pone all’attenzione dei professionisti una fattispecie che, sebbene non sia comune nel panorama societario, presenta tuttavia alcuni interessanti spunti di riflessione anche in chiave bilancistica, e dei potenziali profili di concreta utilità.
Si tratta dell’emissione da parte di società per azioni di c.d. “obbligazioni ibride perpetue subordinate” che, pur non attribuendo ai loro titolari dei diritti amministrativi peculiari, presentano le seguenti caratteristiche:
- prima di tutto, la perpetuità, ossia il fatto che il prestito erogato dal sottoscrittore del titolo non è esigibile per l’intera durata della società, o comunque fino al verificarsi di una causa di scioglimento o l’ingresso della società in una procedura;
- la subordinazione, ossia il fatto che gli interessi e il rimborso del capitale sono postergati nel pagamento rispetto alle corrispondenti somme dovute dalla società ad altri obbligazionisti;
- la flessibilità degli obblighi di pagamento ai loro portatori, ossia il fatto che il pagamento della cedola è sospendibile o rinviabile a discrezione della società, un po’ come accade per i dividendi corrisposti ai soci, pur permanendo il diritto degli obbligazionisti a ricevere il pagamento prima di qualsiasi distribuzione a favore degli azionisti.
L’emissione di questa tipologia di obbligazioni consente alla società, da una parte, di avere accesso a somme di natura ibrida – ovvero che presentano tratti misti di capitale/debito – senza che, dall’altra parte, si debba gestire la conseguenza di un effetto di diluizione nei diritti degli azionisti che si avrebbe invece in caso di diretto intervento sul capitale.
Il punto interessante sotto il profilo contabile è quello della classificazione di bilancio delle somme ricevute dalla società in esito dell’emissione di queste obbligazioni.
La questione è affrontata dalla Massima in commento, la quale si esprime in senso favorevole alla iscrizione del corrispondente capitale non fra i debiti, bensì nel patrimonio netto della società emittente, mediante l’allocazione in una riserva appositamente designata.
Depone in senso favorevole a questa soluzione, a parere della Massima, l’insieme delle caratteristiche che contraddistingue questa tipologia di obbligazioni quali sono, come detto: la loro durata, la subordinazione, la flessibilità nelle modalità di pagamento degli interessi e del rimborso del capitale.
È perciò la combinazione fra la perpetuità, che rende queste obbligazioni molto vicine alle azioni, e l’assenza di un vero e proprio debito verso i portatori dei titoli in questione a fronte sia del rimborso del capitale versato, come pure della cedola, a condurre verso la soluzione della loro iscrizione tra le poste del patrimonio netto della società emittente, come riserva tuttavia “non distribuibile”.
Tale classificazione ha quindi effetti civilistici rilevanti, in primis per quanto concerne il livello di patrimonializzazione della società, e significativi anche ai fini della copertura di eventuali perdite d’esercizio.
Peraltro, in caso di utilizzo parziale o addirittura integrale di questa riserva per la copertura di perdite d’esercizio, non si avrebbero impatti sulla persistenza del sottostante rapporto; in altre parole, il portatore del titolo manterrebbe inalterati i propri diritti, e la società sarebbe tenuta a ricostituire la riserva mediante la destinazione di utili successivi, prima di poter distribuire dividendi agli azionisti, proprio per via del fatto che l’obbligazione in questione è comunque antergata rispetto ai pagamenti eseguibili a beneficio degli azionisti.