Ok alla definizione agevolata senza diniego nel termine
di Angelo GinexIn tema di processo tributario, il termine del 31 luglio 2020, entro il quale l’amministrazione finanziaria deve notificare il provvedimento di diniego alla definizione agevolata della controversia tributaria di cui all’articolo 6 D.L. 119/2018, ha natura perentoria; conseguentemente, la mancata notifica del diniego entro il suddetto termine produce ex se l’accoglimento per via tacita dell’istanza di definizione (c.d. silenzio-assenso).
È questo il principio, certamente nuovo in materia, sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 2372 depositata ieri 27 gennaio.
La vicenda in esame prende le mosse dalla notifica di una cartella di pagamento, che veniva impugnata dal contribuente dinanzi alle competenti commissioni tributarie. Sia il primo che il secondo grado di giudizio terminavano con il rigetto del ricorso proposto dal contribuente. Allora, questi proponeva ricorso per cassazione affidato a otto motivi di doglianza. Nelle more di tale giudizio, il contribuente presentava istanza di definizione agevolata della controversia ex articolo 6 D.L. 119/2018, cui seguiva però provvedimento di diniego da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Pertanto, il contribuente presentava, anche avverso tale atto, ricorso per cassazione, che confluiva nell’altro giudizio relativo alla cartella di pagamento. In particolare, egli lamentava l’illegittimità del diniego, in quanto tardivo, considerato che il provvedimento dell’amministrazione finanziaria gli era stato notificato a mani il 4 dicembre 2020, quindi dopo il prescritto termine del 31 luglio 2020, scaduto il quale la definizione dovrebbe ritenersi validamente perfezionata.
Esaminando per primo quest’ultimo ricorso, in quanto preliminare, la Corte di Cassazione, innanzitutto, ha precisato che, nel caso di specie, l’atto impugnato risulta suscettibile di definizione agevolata, in conformità a quanto già statuito in merito ad una cartella di pagamento emessa in sede di controllo automatizzato ex articolo 36-bis D.P.R. 600/1973 (cfr., Cass. Sent. n. 18298/2021).
Ciò detto, i giudici di legittimità hanno richiamato i principi generali di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’articolo 97 Cost., nonché quello di doverosità dell’azione amministrativa, il quale, come precisato dagli stessi, impone alla pubblica amministrazione di esercitare il potere attribuitole dalla legge entro un termine ragionevole.
Passando, quindi, a valutare la concordanza di tali principi con la disciplina sulla definizione agevolata delle controversie tributarie di cui all’articolo 6 D.L. 119/2018, la Suprema Corte ha rilevato che questa non possa essere esaminata in via autonoma rispetto alle previsioni che si sono succedute nel tempo in materia di definizioni delle liti o condoni, così finendo per evidenziarne le differenze.
In particolare, i giudici di vertice hanno osservato come alla fattispecie in esame non possa estendersi il principio adottato con riguardo alla definizione di cui all’articolo 16 L. 289/2002, secondo cui il termine per l’espressione del diniego aveva natura ordinatoria e non perentoria; ciò, sulla base della considerazione per la quale la disciplina di cui all’articolo 6 D.L. 119/2018 prevede non solo la formulazione del diniego, ma anche l’ulteriore onere, in capo a chi intende far proseguire il giudizio, di depositare l’istanza atta a dar impulso al procedimento giudiziario dapprima sospeso (cfr., Cass. Ord. n. 12017/2020).
Dunque, la Cassazione ha evidenziato come la più recente disciplina di cui D.L. 119/2018 prediliga la definizione e il perfezionamento della procedura, per cui il silenzio dell’Ufficio si configura come silenzio-assenso.
Ancora, a differenza della diversa fattispecie della chiusura delle liti pendenti di cui all’articolo 2-quinquies D.L. 564/1997, così come della definizione della controversia a suo tempo prevista dall’articolo 39, comma 12, D.L. 98/2011, nel sistema del D.L. 119/2018 non vi sono previsioni dirette ad escludere l’operatività del silenzio-assenso o a negare conseguenze pregiudizievoli per la definizione resa tardivamente.
Anzi, l’indicazione del termine del 31 luglio 2020 per esprime utilmente il diniego, è previsione diretta a confermare l’esistenza dell’istituto del silenzio-assenso.
Da ultimo, i giudici di legittimità hanno sottolineato che la disciplina contenuta nell’articolo 6 D.L. 119/2018, così come quella prevista dall’articolo 11 D.L. 50/2017, non contempli più il deposito dell’attestazione di regolarità da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Tutti questi elementi, secondo il ragionamento del Supremo Consesso, fanno propendere per la natura perentoria del termine entro il quale l’Ufficio deve esprimere legittimamente il proprio diniego, in quanto funzionale a una sollecita definizione della vicenda.
Peraltro, la stessa Agenzia, benché non possa in alcun modo vincolare il giudice, si è espressa proprio in questi termini nella circolare AdE n. 6/E/2019.
In conclusione, quindi, il provvedimento di diniego dell’Ufficio è stato ritenuto illegittimo, con conseguente estinzione del giudizio relativo alla cartella di pagamento.