Omessa fatturazione: non basta la regolarizzazione del cliente
di Clara PolletSimone DimitriLa Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 12146/2021 pubblicata il 7 maggio, ha affrontato l’ipotesi della mancata emissione di fattura imponibile Iva e delle conseguenti responsabilità in capo al cedente, nonostante il cessionario abbia correttamente attivato la procedura di regolarizzazione prevista dall’articolo 6, comma 8, D.Lgs. 471/1997.
Nello specifico, trattasi di una società stabilita fuori dall’Ue che ha applicato erroneamente il meccanismo del reverse charge alle operazioni effettuate in Italia nei confronti di soggetti passivi Iva.
Secondo l’Agenzia delle entrate il centro effettivo di direzione della società e dell’impresa si trovava in Italia, ed in essa era ubicata la sede dell’amministrazione: qui di fatto la società aveva l’oggetto principale dell’attività.
Pertanto, l’Amministrazione finanziaria ha emesso un avviso di accertamento con il quale, ai fini Ires, Iva e Irap, aveva contestato la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno di imposta 2006 e irrogato le conseguenti sanzioni.
In Commissione Tributaria Regionale veniva confermata l’esistenza della stabile organizzazione in Italia: la circostanza che il cedente, residente all’estero, avesse stabilito in Italia la propria stabile organizzazione, comporta la non applicabilità del meccanismo dell’inversione contabile, di cui all’articolo 17, comma 2, D.P.R. 633/1972, con la conseguenza che la società cedente era obbligata al pagamento dell’imposta.
In sede dibattimentale era inoltre emerso che i cessionari nazionali, al tempo dei fatti, non ricevendo una fattura imponibile Iva avevano attivato la procedura di regolarizzazione prevista dall’articolo 6, comma 8, D.Lgs. 471/1997.
In tal caso il cliente, previo versamento dell’Iva con F24, è tenuto ad emettere un’autofattura, indicando l’imponibile e la relativa imposta.
Il cessionario o il committente che, nell’esercizio di imprese, arti o professioni, abbia acquistato beni o servizi senza che sia stata emessa fattura nei termini di legge (o con emissione di fattura irregolare da parte dell’altro contraente) è punito, salva la responsabilità del cedente o del commissionario, con sanzione amministrativa pari al 100% dell’imposta, con un minimo di 250 euro, sempreché non provveda a regolarizzare l’operazione, entro quattro mesi dalla data di effettuazione dell’operazione, presentando all’ufficio competente nei suoi confronti, previo pagamento dell’imposta, entro il trentesimo giorno successivo, un documento in duplice esemplare dal quale risultino le indicazioni prescritte dall’articolo 21 D.P.R. 633/1972, relativo alla fatturazione delle operazioni.
Ad oggi, in ottica di fatturazione elettronica, occorre emettere un’autofattura con “Tipo Documento” TD20, indicando come cedente/prestatore l’effettivo cedente (colui che non ha emesso la fattura) e come “cessionario/committente” sé stessi.
In tale circostanza, l’autofattura trasmessa dal cessionario va annotata nel registro delle fatture ricevute, con indicazione dell’F24 con cui è stata versata l’Iva (quando dovuta).
Tornando alla sentenza in analisi, accertato che il soggetto passivo di imposta era la società cedente, veniva richiesto il parere della Corte circa la legittimità della pretesa al pagamento dell’Iva, dalla stessa omesso, visto che il cliente aveva provveduto a “regolarizzare” l’omissione del cedente, versando o computando l’imposta emettendo un’autofattura.
In altri termini, visto che il cessionario ha provveduto agli adempimenti cui era tenuta la società cedente, ci si interroga se in tal caso sussista alcun pericolo di pregiudizio per l’erario, attribuendo efficacia estintiva all’adempimento eseguito dal cessionario.
La Cassazione conferma, in buona sostanza, che la regolarizzazione (versamento dell’Iva e autofattura) effettuata dai cessionari nazionali non esonera la stabile organizzazione italiana del soggetto extra-Ue (soggetto passivo Iva) dalle proprie responsabilità (omessa fatturazione e versamento imposta).
Il compimento dell’attività di regolarizzazione da parte del cessionario, a cui non sia stata emessa fattura dal cedente, è finalizzato unicamente a sottrarre il primo dalla eventuale sanzione e a denunciare il comportamento del cedente; in altri termini, la correzione non può dirsi sostitutiva dell’obbligo di pagamento gravante sull’unico debitore di imposta (il soggetto cedente).
Il cessionario, versando l’imposta e annotando l’autofattura nei propri registri, con conseguente detrazione di quanto versato, ha fatto venir meno i presupposti per la irrogazione della sanzione nei propri confronti, ma “tali adempimenti non sono estintivi dell’obbligazione di pagamento dell’Iva gravante sul cedente”.
Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, D.Lgs. 471/1997, chi viola gli obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione di operazioni imponibili ai fini dell’imposta sul valore aggiunto è punito con la sanzione amministrativa compresa fra il 90 e il 180% dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell’esercizio. Alla stessa sanzione, commisurata all’imposta, è soggetto chi indica, nella documentazione o nei registri, una imposta inferiore a quella dovuta. La sanzione è infine dovuta nella misura da 250 a 2.000 euro quando la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo.