Omesso deposito della ricevuta di spedizione del ricorso: gli effetti
di Angelo GinexNel processo tributario, non costituisce motivo d’inammissibilità del ricorso che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente, al momento della costituzione in giudizio, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario. È questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione, con ordinanza 12 febbraio 2018, n. 3386, conformemente al recentissimo orientamento inaugurato proprio dalle Sezioni Unite.
La questione affrontata dalla Suprema Corte è stata sollevata dall’Agenzia delle Entrate a seguito del rigetto del ricorso in appello dalla stessa proposto dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, che ne aveva dichiarato l’inammissibilità per omesso deposito da parte dell’appellante della ricevuta postale di spedizione dell’atto di appello medesimo, ai sensi degli articoli 53, comma 2, e 22 D.Lgs. 546/1992.
Nella pronuncia in commento, la Corte di Cassazione ha osservato, in prima battuta, che, nel caso di specie, è risultato pacifico, perché ammesso dalla stessa parte ricorrente, che quest’ultima non provvide a depositare, all’atto della costituzione nel giudizio di appello, la ricevuta di spedizione a mezzo raccomandata postale dell’atto di impugnazione, ma soltanto l’avviso di ricevimento della raccomandata postale contenente l’atto di appello e la distinta di spedizione del piego.
In tal caso – ha proseguito la Suprema Corte – alla luce dei principi recentemente enunciati dalle Sezioni Unite (cfr., SS.UU., sentenze nn. 13452/2017 e 13453/2017), la parte appellante avrebbe dovuto offrire la c.d. prova di resistenza, secondo cui “l’avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione solo quando nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario”.
Invece, in mancanza di tali elementi, la non idoneità della mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di spedizione sull’avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della tempestività della notifica del ricorso, unicamente se la ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto (o della sentenza).
Ebbene, i Giudici di legittimità hanno rilevato come, nel caso di specie, l’avviso di ricevimento depositato in giudizio fosse privo di un’attestazione certa della data di spedizione della raccomandata postale e come, peraltro, la notifica dell’appello risultasse essersi perfezionata ben sette giorni dopo la scadenza del termine lungo per impugnare la sentenza di primo grado ex articolo 327 c.p.c..
Conseguentemente, appare evidente che non ha avuto esito positivo la c.d. “prova di resistenza” evocata dalle Sezioni Unite nelle sopra citate pronunce, secondo cui l’inammissibilità non può essere dichiarata “se la data di ricezione del ricorso, essendo asseverata dall’agente postale addetto al recapito in giorno anteriore alla scadenza del termine per impugnare l’atto o appellare la sentenza, dia obiettiva certezza pubblica della tempestiva consegna del plico all’ufficio postale da parte del notificante per l’inoltro al destinatario” (cfr., Cass., sentenze nn. 25237/2017, 25400/2017 e 25495/2017).
In definitiva, quindi, il deposito dell’avviso di ricevimento, al momento della costituzione in giudizio, in luogo della ricevuta di spedizione del ricorso che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, non costituisce motivo di inammissibilità dell’atto medesimo, soltanto se nell’avviso di ricevimento la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con timbro datario.