Omesso versamento delle imposte: non punibile l’imprenditore in crisi finanziaria
di Marco BargagliNel corso di un’ordinaria attività di controllo fiscale, possono essere disvelate perniciose pratiche evasive, attuate con il precipuo scopo di ottenere un indebito risparmio d’imposta.
Ad esempio, come chiarito dal Manuale in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza volume I – parte I – capitolo 1 “Evasione e frode fiscale”, pag. 10 e ss., nella frode fiscale, ai fini Iva, rientrano le fattispecie di reato sanzionate dall’articolo 2 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti), 3 (dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici) e dall’articolo 8 (emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti), D.Lgs. 74/2000.
Tuttavia, non sempre il contribuente verificato opera con l’intento di evadere le imposte, ma a causa di una grave crisi di liquidità, talvolta anche dovuta all’omesso pagamento da parte di soggetti terzi, omette di effettuare i prescritti versamenti a favore dell’erario.
Nello specifico, a livello penale – tributario, l’omesso versamento di ritenute certificate e l’omesso versamento dell’Iva dovuta può comportare anche l’applicazione di specifiche sanzioni a carico del contribuente e, segnatamente:
- l’articolo 10-bis, D.Lgs. 74/2000, rubricato “Omesso versamento di ritenute certificate”, sanziona con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta le ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione ossia risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta.
- l’articolo 10-ter, D.Lgs. 74/2000 rubricato “Omesso versamento di Iva”, punisce con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a duecentocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta.
Tuttavia, giova ricordare che l’articolo 13, comma 3-bis, D.Lgs. 74/2000, recentemente introdotto dal D.Lgs. 87/2024 (decreto sanzioni), prevede l’applicazione di specifiche cause di non punibilità, per effetto delle quali l’imprenditore può evitare la condanna penale per mancanza di liquidità.
In merito, per espressa disposizione normativa, proprio il novellato articolo 13, comma 3-bis, D.Lgs. 74/2000, prevede che:
“i reati di cui agli articoli 10-bis e 10-ter non sono punibili se il fatto dipende da cause non imputabili all’autore sopravvenute, rispettivamente, all’effettuazione delle ritenute o all’incasso dell’imposta sul valore aggiunto”.
A tale fine, il giudice tiene conto della crisi non transitoria di liquidità dell’autore dovuta alla inesigibilità dei crediti per accertata insolvenza o sovraindebitamento di terzi o al mancato pagamento di crediti certi ed esigibili da parte di amministrazioni pubbliche e della non esperibilità di azioni idonee al superamento della crisi.
Già in passato, la Corte di cassazione, sezione III penale, con la sentenza n. 6920 del 13 febbraio 2019 aveva diramato importanti principi di diritto circa la responsabilità penale dell’imprenditore, nella particolare ipotesi in cui l’impresa fosse in evidente crisi finanziaria.
Sul punto, infatti:
- l’impresa versava in un peculiare stato di crisi, con conseguenti problemi di liquidità;
- l’appellante aveva scelto di provvedere al pagamento delle retribuzioni ai dipendenti, non ottemperando agli obblighi di versamento dell’Iva, atteso il collasso finanziario dell’impresa.
A tale fine, risultava evidente la mancanza dell’elemento psicologico, sotto forma del dolo specifico di evadere le imposte, anche nella considerazione dell’avvenuta effettuazione del “ravvedimento operoso”, a seguito di uno specifico piano di ammortamento del debito tributario concordato con l’amministrazione fiscale.
Di conseguenza, in ambito penale, operava la discriminante della “forza maggiore” ex articolo 45 c.p.
Riassumiamo, sullo specifico tema, le principali sentenze di legittimità relative alla rilevanza della causa di non punibilità dovuta ad eventi eccezionali.
Estremi | Massima |
Cassazione n. 14953/2014 |
Le precarie condizioni economiche, a meno che non siano determinate da eventi eccezionali e di rilevante dimensione non costituiscono, singolarmente considerate, un caso fortuito o di forza maggiore ex articolo 45 c.p., idoneo a escludere la punibilità o quantomeno il dolo in relazione al reato di omesso versamento di IVA, previsto dall’articolo 10-ter, D.Lgs. 74/2000. |
Cassazione n. 51436/2014 |
Il mero verificarsi di una situazione di crisi finanziaria non comporta automaticamente la sussistenza di una condizione riconducibile a quella contemplata dall’articolo 45 c.p., assumendo rilevanza le cause e la tempistica di una tale evenienza, nonché le scelte in concreto operate dal soggetto agente. |
Cassazione n. 47482/2018 |
I supremi giudici hanno condannato un imprenditore per omesso versamento delle ritenute, anche se l’impresa versava in un evidente stato di crisi finanziaria. Al momento della commissione dei fatti la crisi d’impresa e di liquidità si trascinava già da tempo e la ricorrente ha sostanzialmente scelto di destinare le risorse disponibili non già per il pagamento delle ritenute certificate, ma per continuare a gestire l’azienda, pagando dipendenti e fornitori. In tal modo la stessa ha continuato per anni ad operare con la sua società, nonostante la evidente mancanza di liquidità, “finanziandosi” con le somme incamerate a titolo di sostituto d’imposta, ragion per cui non può in alcun modo parlarsi di fatti commessi per forza maggiore. |
Più di recente, con la sentenza della Corte di cassazione, III sezione penale, n. 41238 dello scorso 11.11.2024 i Giudici di Piazza Cavour, consolidando il precedente approccio ermeneutico espresso in sede di legittimità, hanno nuovamente escluso la condanna penale per mancanza di liquidità dovuta a soggetti terzi.
I supremi giudici hanno, infatti, preliminarmente osservato che «in tema di reato di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, l’emissione della fattura, se antecedente al pagamento del corrispettivo, espone il contribuente, per sua scelta, all’obbligo di versare comunque la relativa imposta sicché egli non può dedurre il mancato pagamento della fattura né lo sconto bancario della fattura quale causa di forza maggiore o di mancanza dell’elemento soggettivo»
Sulla base del precedente orientamento espresso in apicibus emerge che «in tema di reati tributari, l’omesso versamento dell’Iva dipeso dal mancato incasso per inadempimento contrattuale dei propri clienti non esclude la sussistenza del dolo richiesto dall’articolo 10-ter, D.Lgs. 74/2000, atteso che l’obbligo del predetto versamento prescinde dall’effettiva riscossione delle relative somme e che il mancato adempimento del debitore è riconducibile all’ordinario rischio di impresa, evitabile anche con il ricorso alle procedure di storno dai ricavi dei corrispettivi non riscossi».
In particolare, sempre «in tema di reati tributari, l’omesso versamento dell’Iva dipeso dal mancato incasso di crediti non esclude la sussistenza del dolo richiesto dall’articolo 10-ter, D.Lgs. 74/2000, trattandosi di inadempimento riconducibile all’ordinario rischio di impresa, sempre che tali insoluti siano contenuti entro una percentuale da ritenersi fisiologica».
Ciò premesso, nel recente giudizio di legittimità è stato posto l’accento sulla necessità di tenere adeguato conto delle deduzioni difensive volte a comprovare una concreta impossibilità di far fronte agli obblighi di versamento, per la situazione di crisi dell’impresa determinata da ingenti inadempimenti dei clienti, dalle modalità e dalle tempistiche del ricorso al credito da parte del soggetto agente, etc.
Sul punto, la necessità di dar seguito ad una “diversa opzione ermeneutica” è riconducibile proprio alla necessità di tenere adeguato conto delle deduzioni difensive, concernenti la concreta impossibilità di far fronte ai versamenti dovuti, che trova ormai un importante riscontro anche nel diritto positivo: il recente D.Lgs. 87/2024, intervenendo sull’articolo 13, D.Lgs.74/2000, ha introdotto un’ulteriore causa di non punibilità per i reati di cui agli articoli 10-bis e 10-ter del medesimo decreto che opera, come prima illustrato, “se il fatto dipende da cause non imputabili all’autore sopravvenute, rispettivamente, all’effettuazione delle ritenute o all’incasso dell’imposta sul valore aggiunto”.
In definitiva, gli ermellini, sulla base delle nuove disposizioni legislative, hanno escluso la responsabilità dell’imprenditore per omesso versamento delle imposte dovute, a causa della mancanza di liquidità dovuta a terzi.
In buona sostanza, occorre valutare concretamente la crisi non transitoria di liquidità del soggetto attivo del reato e, simmetricamente, la non esperibilità delle pertinenti azioni idonee a superare la perdurante crisi finanziaria.