Omesso versamento Iva: la forza maggiore salva dal reato?
di Marco BargagliSotto il profilo penale tributario, l’articolo 10-ter D.Lgs. 74/2000, rubricato “Omesso versamento di Iva”, sanziona con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta.
Come chiarito dalla prassi operativa:
- il reato in questione si configura come istantaneo e si consuma con lo scadere del termine per il “versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo”. Quindi, occorre fare riferimento al termine del 27 dicembre successivo alla presentazione della dichiarazione annuale dalla quale risulta l’imposta dovuta e non versata oltre soglia;
- affinché possa configurarsi il delitto in trattazione, occorre che la dichiarazione annuale ai fini Iva sia stata validamente presentata, con la conseguenza che è escluso il concorso tra la fattispecie in rassegna e il reato di omessa dichiarazione (ex articolo 5 D.Lgs. 74/2000);
- è ipotizzabile il concorso con i delitti dichiarativi di cui agli articoli 2, 3 e 4 del medesimo decreto.
Inoltre, giova ricordare che il reato in rassegna sussiste con riferimento all’Iva indicata nella dichiarazione annuale: nell’ipotesi di presentazione della dichiarazione che esponga un debito d’imposta inferiore a quello effettivo, per la quale, ricorrendone i presupposti, possano configurarsi i reati di cui agli articoli 2, 3 e 4 D.Lgs. 74/2000, non viene integrato quello previsto dall’articolo 10-ter D.Lgs. 74/2000, qualora l’imposta a debito dichiarata sia stata versata (cfr. Manuale in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza volume I – parte II – capitolo 1 “Il sistema penale tributario in materia di imposte dirette e IVA. Disposizioni sostanziali”, pag. 175 e ss.).
Delineato il pertinente assetto normativo di riferimento, è importante valutare se una crisi di liquidità che potenzialmente può investire l’impresa, può o meno essere considerata una circostanza idonea ad escludere il reato di omesso versamento dell’Iva.
Sotto tale profilo, la circolare n. 12 emessa in data 2 aprile 2013 da parte della Fondazione Centro Studi dell’Unione Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (UNGDC), ha compiutamente analizzato le conseguenze riferite all’omesso versamento dell’Iva dovuta dall’impresa, con particolare riferimento alla rilevanza del dolo generico d’evasione previsto dalla normativa.
Nel citato documento possiamo rivenire alcuni importanti principi proprio riferibili all’esclusione del dolo, essendo a tal fine necessario che:
- risulti integrata una situazione di vera e propria insolvenza (e non una crisi temporanea);
- tale situazione abbia avuto origine in un momento anteriore o, quantomeno, concomitante alla scadenza del termine entro il quale, secondo le disposizioni tributarie, l’Iva avrebbe dovuto essere versata e sia ancora in essere alla scadenza del termine sancito dall’articolo 10-terLgs. 74/2000 (i.e. il 27 dicembre successivo alla presentazione della dichiarazione annuale dalla quale risulta l’imposta dovuta e non versata oltre soglia);
- tale situazione di insolvenza non sia stata causata dall’imprenditore;
Solo a queste condizioni, tutte “necessariamente oggetto di una complessiva allegazione”, sarà possibile escludere la sussistenza del dolo da parte dell’agente, il quale non paga l’imposta non perché non vuole, né perché ha accettato il rischio del verificarsi della impossibilità di adempiere, ma perché non può pagare per cause realmente indipendenti dalla sua volontà.
In merito alla rilevanza penale riferita all’omesso versamento dell’Iva dovuta è recentemente intervenuta la suprema Corte di cassazione, Sezione 3^ penale, con la sentenza n. 50007 depositata in data 11.12.2019, la quale ha confermato la condanna per l’imprenditore che, nel corso di una crisi finanziaria, per garantire la continuità aziendale, ha pagato altri creditori (es. i dipendenti e/o i fornitori) anziché versare le imposte dovute.
A parere degli Ermellini, secondo il costante orientamento della giurisprudenza, il reato di cui all’articolo 10-ter D.Lgs. 74/2000 è di natura omissiva e istantanea e risulta punibile a titolo di dolo generico, che consiste nella coscienza e volontà di non versare all’Erario le somme dovute a titolo di Iva del periodo considerato.
In merito, i Supremi giudici di legittimità hanno affermato che:
- la prova del dolo è insita, in genere, nella presentazione della dichiarazione annuale, dalla quale emerge quanto è dovuto a titolo di imposta, che deve essere saldato o almeno contenuto non oltre la soglia, entro il termine previsto;
- per la sussistenza del reato in questione non è richiesto il fine di evasione, tantomeno l’intima adesione del soggetto alla volontà di violare il precetto.
L’esimente della forza maggiore ex articolo 45 c.p. sussiste in tutti i casi nei quali l’agente abbia fatto quanto era in suo potere per uniformarsi alla Legge e che, per cause indipendenti dalla sua volontà, non vi era la possibilità di impedire l’evento o la condotta antigiuridica.
Pertanto, a parere della Corte, “la forza maggiore non può che riferirsi ad un avvenimento imponderabile che annulla la signoria del soggetto sui propri comportamenti, impedendo di configurare un’azione penalmente rilevante per difetto del generale requisito della coscienza e volontarietà della condotta previsto dal primo comma dell’articolo 42 del codice penale”.
Sullo specifico punto, il reato di omesso versamento Iva è integrato dalla scelta consapevole di omettere i versamenti dovuti, a nulla rilevando la circostanza che la società attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte al pagamento di debiti ritenuti più urgenti, elemento che rientra nell’ordinario rischio di impresa e che non può certamente comportare l’inadempimento dell’obbligazione fiscale contratta con l’erario (cfr. Corte di cassazione, sentenza n. 12906 del 13.11.2018).
In buona sostanza, dagli elementi esaminati nel corso del giudizio, la Corte di appello ha ritenuto che la crisi aziendale non fosse assoluta.
Quindi, l’omesso versamento dell’Iva dovuta fu solo il frutto della scelta volontaria e discrezionale dell’imprenditore il quale, pur avendo le risorse (essendo risultato provato che l’Iva da versare era entrata nel patrimonio sociale), aveva scelto di pagare altri creditori.