Onere della prova secondo il principio di “vicinanza alla prova” nelle controversie sul transfer pricing
di Fabio Landuzzi
La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con la sentenza n. 83 del 10 luglio 2013 nel trattare di una controversia in materia di prezzi di trasferimento ha compiuto una lunga e minuziosa disamina di come dovrebbe articolarsi a suo giudizio, nell’ambito di queste complesse vicende, la ripartizione dell’onere della prova fra l’Amministrazione Finanziaria ed il contribuente.
Dapprima, i Giudici milanesi osservano che nel processo tributario, l’Amministrazione Finanziaria assume sempre il ruolo di attore in senso sostanziale, in quanto è il soggetto che promuove la pretesa tributaria attraverso la notifica dell’avviso di accertamento; a ciò consegue che, in via generale, l’onere della prova incombe sull’Amministrazione Finanziaria la quale dovrà fornire a supporto delle proprie contestazioni i fatti costitutivi della propria pretesa. Pertanto, dovrà provare di avere accuratamente selezionato le operazioni confrontate, di avere analizzato le funzioni svolte ed i rischi assunti dalle imprese, di avere verificato che le operazioni comparate si pongano al medesimo stadio di commercializzazione, che via un adeguato grado di comparazione dei mercati di riferimento, ecc.. In assenza di tali elementi, è evidente che l’atto impositivo sarebbe carente per difetto di motivazione.
Tuttavia, proprio in considerazione della complessità della materia e quanto essa lasci inevitabili spazi di discrezionalità tecnica, la CTR della Lombardia sottolinea che il contribuente che intende contestare la capacità dimostrativa dei fatti addotti dall’Amministrazione Finanziaria è tenuto a dimostrare a sua volta su quali elementi si fondano le sue eccezioni: ovvero, incombe sul contribuente l’onere di provare quelli che i Giudici definiscono come fatti impeditivi, modificativi od estintivi della pretesa erariale.
Secondo la CTR della Lombardia, il tema della equa ripartizione dell’onere probatorio nelle controversie che attengono alla materia del transfer pricing deve essere risolto sulla base del cd. principio della vicinanza alla prova: ovvero, in base al principio in base al quale l’onere della prova va ripartito tenendo conto in concreto della possibilità per l’una e l’altra parte di provare i fatti e le circostanze che ricadono nella rispettiva sfera di azione. Ed è in questi termini che, secondo il ragionamento dei Giudici milanesi, entra in gioco la posizione di vantaggio informativo in cui dovrebbe normalmente trovarsi il contribuente il quale, in linea di massima, dovrebbe disporre di informazioni più approfondite e precise, con la conseguenza che egli non potrebbe accontentarsi di eccepire un mero difetto motivazionale dell’atto impositivo, bensì sarebbe comunque chiamato a contro argomentare. In assenza di ciò, seppure non si realizzi una vera e propria inversione dell’onere della prova, la mancata collaborazione del contribuente potrebbe assumere un peso negativo nell’ambito del giudizio complessivo della controversia.
E’ interessante osservare che la sentenza in commento fornisce anche un’indicazione di quale sarebbe la documentazione rilevante che il contribuente diligente potrebbe produrre a supporto delle eccezioni avverso l’atto impositivo: la documentazione indicata nel Provvedimento Agenzia Entrate del 29 settembre 2010 n. 2010/137654, la documentazione indicata nel Codice di condotta europeo sui prezzi di trasferimento oppure, molto interessante, anche uno studio redatto da un qualificato soggetto indipendente.