Operazioni ai dipendenti senza split payment
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariIl regime della scissione dei pagamenti ai fini Iva (cd. “split payment”) di cui all’articolo 17-ter D.P.R. 633/1972, pur essendo stato oggetto di numerose modifiche normative (da ultimo con il D.L. 87/2018 che ha escluso dal regime in questione le prestazioni professionali soggette a ritenuta), resta applicabile in linea generale alle operazioni effettuate nei confronti della Pubblica Amministrazione e delle Società controllate o quotate incluse nei relativi elenchi pubblicati sul sito del MEF.
Lo scorso anno, con la circolare 27/E/2017 l’Agenzia delle Entrate ha fornito i chiarimenti in relazione alle numerose novità previste dal D.L. 50/2017 per le operazioni effettuate a partire dal 1° luglio 2017.
In primo luogo, è necessario ricordare che il regime di scissione dei pagamenti richiede necessariamente l’emissione di una fattura, mentre è in ogni caso escluso laddove l’operazione sia certificata con ricevuta o scontrino fiscale, ovvero con fattura semplificata di cui all’articolo 21-bis D.P.R. 633/1972.
L’Agenzia delle Entrate dedica un paragrafo della circolare 27/E/2017 alle operazioni effettuate nei confronti dei dipendenti della PA o di una delle società destinatarie del regime in questione (controllate dalla PA o quotate al FTSE MIB).
In tal caso, l’Agenzia distingue due ipotesi:
- la fattura è emessa direttamente nei confronti del dipendente, nel qual caso il regime di scissione dei pagamenti non si applica in quanto il destinatario dell’operazione non rientra tra quelli interessati dal regime;
- la fattura è emessa direttamente nei confronti del datore di lavoro (PA, società controllata o società quotata), nel qual caso l’Agenzia precisa che “non dovrà essere pagata al fornitore l’Iva relativa all’operazione resa in favore del dipendente. La PA e Società, infatti, dovrà versare tale imposta all’Erario in luogo del fornitore secondo le modalità prescritte dalla disciplina della scissione dei pagamenti”.
La distinzione proposta dall’Amministrazione Finanziaria, pur condivisibile dal punto di vista tecnico, impatta in maniera rilevante nella gestione dei rimborsi spese ai dipendenti che si recano in trasferta in esecuzione di un incarico attribuito dal datore di lavoro.
Più in particolare, se tali soggetti anticipano la spesa e richiedono al datore di lavoro il rimborso a piè di lista, la scissione dei pagamenti non impatta in alcun modo, posto che i documenti a supporto della richiesta di rimborso della spesa sono intestati direttamente al dipendente e spesso non sono documentati da fattura, bensì da scontrino o ricevuta fiscale (documenti comunque idonei per la deduzione del rimborso in capo al datore di lavoro).
Tuttavia, spesso accade che il dipendente sia munito di carta di credito aziendale (soprattutto coloro che svolgono mansioni commerciali), nel qual caso è corretto che il documento sia intestato direttamente al datore di lavoro nel cui interesse il dipendente è in trasferta.
In tale ipotesi, se la spesa sostenuta (tipicamente spese di vitto ed alloggio) è documentato da fattura si rende applicabile il regime di split payment, con la conseguenza che il dipendente non dovrà corrispondere al fornitore l’Iva.
È del tutto evidente che lo stesso si troverà in difficoltà con la controparte (tipicamente l’esercente del ristorante o dell’albergo) a giustificare il mancato pagamento dell’imposta, dovendo comunicare al fornitore che il proprio datore di lavoro rientra nei soggetti destinatari dello split payment.
È pur vero che è onere del cedente o prestatore verificare che l’acquirente o committente rientri negli elenchi dei soggetti destinatari, ma è facilmente intuibile la difficoltà operativa di svolgere tale verifica in presenza di operazioni quali le somministrazioni di alimenti o bevande o le prestazioni alberghiere.
Al contrario, se l’operazione è certificata da scontrino, ricevuta o fattura semplificata, si evita l’applicazione della scissione dei pagamenti anche se l’operazione è pagata direttamente dalla società (con carta di credito in possesso del dipendente).
Come già detto, infatti, l’assenza di fattura non impedisce la deduzione del costo in capo al datore di lavoro.
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