6 Aprile 2023

Operazioni a corrispettivo simbolico

di Roberto Curcu
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La scheda di FISCOPRATICO

Sulle pagine di questo quotidiano abbiamo già avuto modo di approfondire l’argomento delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizio effettuate a titolo gratuito.

In particolare, ricordiamo che le cessioni gratuite di beni che formano oggetto dell’attività propria dell’impresa devono essere assoggettate ad Iva, assumendo come base imponibile il costo di acquisto o produzione, attualizzato al momento in cui si effettua la cessione; le prestazioni di servizi gratuite, invece, devono essere assoggettate ad Iva quando sono qualificabili come autoconsumo o quando sono effettuate per finalità estranee all’esercizio dell’impresa, se di valore superiore ad euro 50.

Ma come bisogna comportarsi quando una operazione ha un intento gratuito, ma si chiede comunque al percettore della liberalità un piccolo contributo?

In sostanza, le operazioni a corrispettivo simbolico devono essere assoggettate ad Iva in base a tale corrispettivo, o in base al costo di acquisto o produzione?

Si supponga ad esempio che la produzione di un bene costi 100 euro, e per motivi promozionali lo si voglia vendere ad 1 euro: su quale valore calcolare l’imposta?

Va valorizzato l’aspetto formale (l’operazione è onerosa e la base imponibile si calcola sul corrispettivo pattuito), o quello sostanziale (l’operazione è gratuita e la base imponibile si calcola sul costo)?

Alla seconda soluzione è giunta l’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello n. 182/2023; per giungere alla risposta secondo cui potrebbe essere contestata la gratuità sostanziale dell’operazione, e richiesta l’Iva calcolata sul valore di costo, ha richiamato i principi emersi in sentenze della Cassazione per i quali le operazioni a prezzo irrisorio o simbolico possono essere qualificate come operazioni gratuite; tali sentenze, peraltro, non derivano da cause tributarie, ma da contestazioni sulla possibile nullità civilistica di contratti di compravendita.

Sulla base di tale giurisprudenza, quindi, l’Agenzia non fornisce risposta precisa in sede di interpello, ma non esclude che in sede di accertamento l’operazione possa essere qualificata come gratuita, con contestazione di aver applicato l’Iva su una base imponibile inferiore al dovuto.

Un accertamento di tale tipo lo fecero ancora nel 2002 dei verificatori svedesi nei confronti dell’hotel Scandic, il quale forniva i pasti ai propri dipendenti ad un prezzo simbolico, chiedendo che quindi l’Iva venisse calcolata sul costo del pasto anziché sul corrispettivo; peraltro, i verificatori svedesi fecero tale contestazione sulla base di una norma che equiparava le operazioni a prezzo simbolico al cosiddetto autoconsumo.

La questione finì alla Corte di Giustizia Europea, affinché questa valutasse la compatibilità della norma con la Direttiva Europea.

La Corte, nel dispositivo della Sentenza C-412/03, statuì che i principi della Direttiva “ostano ad una normativa nazionale che consideri quale prelievo di un bene o quale prestazione di servizi per esigenze private operazioni per le quali venga effettivamente versato un corrispettivo, ancorché tale corrispettivo sia inferiore al prezzo di costo del bene ceduto o del servizio fornito“.

In sostanza, la Corte di Giustizia Europea statuì che nelle operazioni che prevedono un corrispettivo, la base imponibile è costituita dallo stesso, ancorché sia inferiore al costo; infatti, “la circostanza che un’operazione economica venga svolta ad un prezzo superiore o inferiore al prezzo di costo è irrilevante ai fini della qualificazione di tale operazione come “negozio a titolo oneroso”. Tale nozione presuppone, infatti, unicamente l’esistenza di un nesso diretto tra la cessione di beni e la prestazione di servizi ed il corrispettivo realmente percepito dal soggetto passivo“.