27 Dicembre 2019

Operazioni esenti e pro rata: recenti chiarimenti della Cassazione

di Cristoforo Florio
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La scheda di FISCOPRATICO

La sentenza della Cassazione n. 8813 del 29.03.2019 offre lo spunto per riflettere sul rapporto tra l’effettuazione in via “occasionale” di operazioni esenti e l’applicazione del meccanismo del pro rata di detraibilità Iva di cui all’articolo 19-bis D.P.R. 633/1972.

Con la pronuncia in commento i giudici tributari hanno affrontato il caso di una società concessionaria per la costruzione e l’esercizio di alcune autostrade, la quale aveva conseguito degli interessi attivi quale corrispettivo di alcuni prestiti obbligazionari effettuati a favore di istituti di credito e dello Stato italiano. Nel corso della verifica tributaria i proventi finanziari venivano riqualificati da parte dell’A.F. come operazioni esenti “non occasionali” (il contribuente le aveva invece considerate come operazioni “fuori campo Iva”) e conteggiati nel calcolo del pro rata di detraibilità per l’anno di imposta oggetto di accertamento, così determinando un incremento della quota di Iva indetraibile per la società accertata.

La Suprema Corte respingeva le doglianze del contribuente, affermando che la CTR aveva precedentemente accertato nel giudizio di merito che l’attività finanziaria svolta dalla società non era né occasionale né tantomeno accessoria, ma era quantomeno comprimaria o parallela a quella di gestione autostradale.

Nel caso di specie, l’esercizio dell’attività finanziaria era specificamente previsto dallo statuto, al pari della gestione di parte della rete autostradale, e – inoltre – l’ammontare dei ricavi che emergevano dalla contabilità finanziaria era piuttosto rilevante (cinque volte tanto la misura dei ricavi derivanti dall’attività gestoria autostradale) e, per di più, risultavano istituiti due “libri contabili separati” relativi alle due attività.

Alla luce di questi elementi, la Cassazione ha statuito che, in tema di Iva, ai fini dell’inclusione nel calcolo della percentuale di Iva detraibile in relazione al compimento di operazioni esenti, e – in particolare – per verificare se una determinata operazione attiva rientri, o meno, nel calcolo del pro rata, occorre avere riguardo all’attività prevalente concretamente svolta dall’impresa.

A tal fine assumono rilievo elementi quali:

a) le previsioni statutarie in merito alle diverse attività esercitate;

b) la misura ingente dell’ammontare dei ricavi derivanti dall’una rispetto a quelli provenienti dall’altra attività;

c) l’esistenza di due “contabilità distinte”.

Prima di fare qualche osservazione in merito alle conclusioni raggiunte nella sentenza in discussione va ricordato che, sotto il profilo normativo, l’articolo 19, comma 5, D.P.R. 633/1972 prevede, per i contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti di cui all’articolo 10, che il diritto alla detrazione dell’Iva spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui all’articolo 19-bis (c.d. pro rata).

In buona sostanza, i soggetti che si trovino nell’anzidetta situazione non devono procedere ad alcuna distinzione degli acquisti dei beni e dei servizi, a seconda della loro destinazione in operazioni imponibili o in operazioni esenti, in quanto l’Iva detraibile viene determinata applicando il pro rata a tutta l’imposta assolta sugli acquisti (v. Ministero delle Finanze, circolare n. 328 del 24 dicembre 1997).

Tale pro rata si calcola come rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto a detrazione, effettuate nell’anno, e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell’anno medesimo (articolo 19-bis D.P.R. 633/1972).

Tuttavia, e sempre per espressa previsione normativa (articolo 19-bis, comma 2, D.P.R. 633/1972), viene disposto che, nel calcolo del pro rata, non si tiene conto delle operazioni esenti di cui all’articolo 10, comma 1, nn. da 1) e 9) (principalmente operazioni finanziarie, assicurative e immobiliari) quando queste ultime:

a) non formano oggetto dell’attività propria del soggetto passivo oppure

b) sono accessorie alle operazioni imponibili, ferma restando l’indetraibilità dell’Iva relativa ai beni e servizi utilizzati esclusivamente per effettuare queste ultime operazioni esenti.

In merito al concetto di “attività propria” la recente ordinanza n. 2902 del 31.01.2019 della Cassazione ha chiarito che quest’ultima va verificata in relazione a ciò che viene effettivamente esercitato dal soggetto passivo, a prescindere dall’oggetto sociale individuabile nello statuto societario (v. anche Corte di Cassazione, sentenza n. 19484 del 10.09.2009).

Vanno quindi escluse dal calcolo del pro rata(…) tutte le attività che, pur se previste nell’atto costitutivo, siano eseguite solo in modo occasionale o accessorio per un migliore svolgimento dell’attività propria d’impresa (…)” (Corte di Cassazione, sentenza n. 11085 del 07.05.2008) mentre invece rientrano nell’attività propria (e quindi devono essere considerati nel calcolo del pro rata) gli atti finalizzati al perseguimento del fine produttivo “(…) secondo parametri di regolarità causale o comunque che siano legati al perseguimento del fine da una connessione funzionale non occasionale (…)” (Corte di Cassazione, sentenza n. 6484 del 16.03.2018).

Inoltre e sempre relativamente al concetto di attività propria, nel caso deciso dalla S.C. con la sentenza n. 6486 del 16 marzo 2018, è stato ritenuto inapplicabile il pro rata in ragione della natura occasionale delle operazioni di compravendita di titoli esenti, in quanto dai bilanci risultava che le stesse non erano mai state svolte prima dell’esercizio oggetto dell’accertamento.

Sul versante delle pronunce del Fisco, con la datata circolare n. 71 del 26 novembre 1987, l’A.F. aveva chiarito che la nozione di “attività propria”, specie per le società, deve essere assunta sotto un profilo prevalentemente qualitativo, intesa cioè come quella diretta a realizzare l’oggetto sociale e quindi a qualificare sotto l’aspetto oggettivo l’impresa esercitata.

Ad es., nel caso dei concessionari di vendita di automobili, i corrispettivi conseguiti per lo svolgimento dell’attività di intermediazione nelle operazioni di finanziamento non sono da includere nel conteggio del pro rata in quanto accessorie o strumentali all’acquisizione dei contratti di vendita dei mezzi di trasporto (risoluzione AdE 41/E/2011).

Va anche evidenziato che, secondo la risoluzione 305/E/2008, affinché le operazioni esenti siano escluse dal pro rata le stesse devono comportare un limitato impiego di lavoro, beni e servizi rilevanti ai fini Iva, tali da non costituire una vera e propria organizzazione specifica per la gestione di tali attività (v. anche Corte di Giustizia, sentenza 11 luglio 1996, C-306/94).

Alla luce di quanto precede, e focalizzando nuovamente l’attenzione verso le conclusioni della sentenza in commento, si può osservare che il riferimento alla rilevanza del dato formale delle “previsioni statutarie”, apparentemente in contrasto con gli orientamenti giurisprudenziali sopra riportati, viene mitigato dal passaggio in cui i giudici precisano che “(…) si tratta di un elemento di prova letterale che di per sé non è decisivo, ma di cui si deve tener conto (…)”.

Circa la questione dell’ingente ammontare di ricavi esenti, invece, c’è da precisare che tale volume elevato può costituire al più un indizio, in quanto – anche nell’ipotesi in cui un’unica operazione esente determini da sola un rilevante volume d’affari rispetto alla diversa attività imponibile caratteristica dell’impresa – la stessa dovrà in ogni caso essere esclusa dal calcolo del pro rata nell’ipotesi in cui essa sia meramente “occasionale” e non formi oggetto dell’attività propria del soggetto passivo (v. Corte di Giustizia UE, sentenza 29 aprile 2004, C-77/01 e Corte di Cassazione, sentenza n. 9670 del 19 aprile 2018).

Infine e in merito alla presenza delle due “distinte contabilità”, va rilevato che tale elemento di valutazione parrebbe nuovo, non essendovi riscontri in tal senso in altri precedenti giurisprudenziali sul punto.

 

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