Operazioni triangolari e plafond di esportatore abituale
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariNella pratica commerciale, le imprese nazionali utilizzano di sovente lo schema delle operazioni triangolari, sia finalizzate all’effettuazione di esportazioni non imponibili ai sensi dell’art. 8, lett. a), del D.P.R. n.633/72, sia per l’effettuazione di cessioni intracomunitarie non imponibili di cui all’art. 42 del D.L. n.331/93, La caratteristica di tali operazioni risiede nella circostanza che il cedente nazionale, promotore della triangolazione, non possedendo fisicamente i beni, chiede al proprio fornitore nazionale (primo cedente) di procedere alla cessione dei beni, con consegna diretta a favore del cessionario non residente. Tale operazione si qualifica alternativamente come:
- triangolare all’esportazione, laddove la destinazione del bene sia un Paese non appartenente all’Unione Europea. In tale operazione, sia il primo cedente nei confronti del promotore della triangolare, sia quest’ultimo nei confronti del cessionario extraUe destinatario finale dei beni, effettuano una cessione non imponibile ai sensi dell’art. 8, lett. a), del D.P.R. n.633/72, e per entrambi si rende necessario ottenere la prova dell’avvenuta esportazione;
- triangolare comunitaria, laddove la destinazione finale del bene sia un Paese appartenente all’Unione Europea. Anche in tale ipotesi, entrambe le operazioni sono non imponibili Iva, tuttavia segnalando che per il primo cedente la disposizione normativa di riferimento è l’art. 58 del D.L. n.331/93, mentre per il promotore della triangolazione si rende applicabile l’ordinaria disposizione di cui all’art. 41 del D.L. n.331/93.
Denominatore comune delle descritte operazioni triangolari è la rilevanza del corrispettivo fatturato ai fini della formazione dello status di esportatore abituale, trattandosi di operazioni non imponibili rilevanti a tal fine. E’ dunque evidente che sulla medesima operazione entrambi i soggetti (primo cedente e promotore della triangolazione) maturano il plafond di esportatore abituale, ferma restando la condizione che più del 10% del volume d’affari deve essere costituito da operazioni con l’estero non imponibili. Tuttavia, il legislatore ha voluto distinguere le due figure (primo cedente e promotore) non tanto all’atto della formazione dello status di esportatore, bensì al momento del suo utilizzo, poiché il corrispettivo fatturato dai due soggetti è “spendibile” in maniera differente. In particolare, in capo al primo cedente l’intero corrispettivo fatturato al promotore della triangolazione costituisce plafond utilizzabile liberamente, sia per acquisti beni che per acquisti di servizi (ad eccezione di: immobili, aree fabbricabili, anche se in leasing o tramite contratti di appalto, nonché beni e servizi con Iva indetraibile), mentre il capo al promotore della triangolare è necessario distinguere come segue:
- per il corrispettivo addebitato al cliente finale, in eccedenza rispetto al costo di acquisto addebitato dal primo cedente, il plafond è liberamente utilizzabile (salve le eccezioni già descritte);
- fino a concorrenza del costo di acquisto sostenuto, il plafond è vincolato in quanto è utilizzabile esclusivamente per acquisti di beni da esportare tali e quali (quindi non è possibile eseguire lavorazioni o altri servizi sugli stessi) entro 6 mesi dall’acquisto stesso.
Esempio
La società Alfa acquista beni dalla società Beta per euro 10.000, con incarico di consegnarli direttamente al cliente finale Gamma società svizzera, al quale addebita un corrispettivo di euro 15.000. In tale ipotesi:
- in capo alla società Beta l’intero corrispettivo di euro 10.000 costituisce plafond libero;
- in capo alla società Alfa, il plafond è libero per euro 5.000 (eccedenza rispetto al costo di acquisto), mentre per euro 10.000 (pari al costo di acquisto) è vincolato all’acquisto di beni da esportare entro 6 mesi.