Tuttavia, nell’ambito della stessa disposizione normativa (nuovo articolo 4-bis, D.Lgs. 346/1990) è previsto che “il disponente del trust o di altro vincolo di destinazione o, in caso di trust testamentario, il trustee può optare per la corresponsione dell’imposta in occasione di ciascun conferimento di beni e dei diritti ovvero all’apertura della successione”. Va osservato, in primo luogo, che la regola della tassazione in uscita è certamente più confacente allo spirito dell’imposta di donazione, il cui presupposto è l’arricchimento del soggetto avente causa della donazione, che nel trust avviene quando, alla cessazione dello stesso (o durante in base alle disposizioni contenute nell’atto istitutivo), il trustee trasferisce i beni ed i diritti ai beneficiari finali del fondo. Solo in questo momento, in capo a tali soggetti, si realizza l’arricchimento patrimoniale che costituisce il presupposto impositivo dell’imposta di donazione, che sarà dovuta sul valore dei beni e con le aliquote esistenti all’“uscita”, nonché in base al grado di parentela esistente tra il disponente ed il beneficiario.
La possibilità prevista dall’articolo 4-bis, D.Lgs. 346/1990, di optare per la tassazione in entrata deve essere valutata con attenzione, in quanto le variabili in gioco sono molteplici. In questa sede, ed in attesa di conoscere il contenuto del provvedimento attuativo che dovrà esplicitare anche le regole di esercizio dell’opzione, una prima riflessione riguarda il soggetto chiamato al pagamento dell’imposta.
Nella regola, infatti, l’articolo 5, D.Lgs. 346/1990, stabilisce che l’imposta è dovuta “dai donatari per le donazioni e dai beneficiari per le altre liberalità tra vivi”, e non prevede alcuna deroga specifica per i trust. Escludendo alla radice che l’imposta sia dovuta dal trustee (fatta salva l’ipotesi del trust testamentario), in quanto soggetto deputato alla gestione dei beni in base alla finalità ed al programma previsto nell’atto istitutivo (con patrimonio segretato rispetto al proprio), l’unico richiamo normativo è contenuto nello stesso articolo 4-bis, in cui si prevede che il disponente può optare per il pagamento dell’imposta in entrata in occasione di ciascun conferimento dei beni o dei diritti.
Tuttavia, a ben vedere, la disposizione in questione si limita ad individuare il soggetto legittimato ad esercitare l’opzione e non anche colui che si qualifica come soggetto passivo del tributo, anche se parrebbe logico pensare che sia lo stesso disponente ad essere anche il soggetto chiamato a versare il tributo. La base imponibile deve essere determinata in relazione al valore dei beni al momento della disposizione in trust, mentre l’aliquota (e relativa franchigia) deve tener conto del grado di parentela esistente tra disponente e beneficiario.
Un altro aspetto che merita di essere evidenziato riguarda l’oggetto dell’opzione, poiché l’articolo 4-bis stabilisce che la stessa avviene in occasione di ciascun conferimento. Ciò significa che si tratta di un’opzione che non vincola il disponente per tutti i conferimenti, con la conseguenza che lo stesso potrebbe scegliere una soluzione “mista”, nel senso di optare per la tassazione in entrata solamente per alcuni beni (soprattutto quelli che in prospettiva potrebbe apprezzarsi molto di valore), mentre per gli altri l’imposta sarà dovuta con le regole ordinarie al momento dell’uscita a favore dei beneficiari. Per comprendere al meglio questi primi aspetti evidenziati nel presente contributo occorre, tuttavia, attendere il contenuto del provvedimento attuativo previsto nello stesso articolo 4-bis.