Parcelle non incassate: partita IVA per sempre, se non anticipi l’IVA
di Fabio GarriniIl professionista che, dopo la cessazione dell’attività, dovesse incassare un compenso relativo alla propria attività professionale in precedenza svolta, deve assoggettare ad IVA tale corrispettivo: secondo le Sezioni Unite della Cassazione, nella sentenza 8059 del 21 aprile 2016 la debenza del tributo non viene meno in quanto il fatto generatore si è realizzato al momento del completamento della prestazione resa dal professionista.
Il precedente
Prima di analizzare le conclusioni a cui è pervenuta la Cassazione è bene ricordare il precedente interpretativo, del tutto conforme, dell’Agenzia delle Entrate, contenuto nella circolare 11/E del 16 febbraio 2007: in relazione alla rilevanza fiscale della cessione del pacchetto clienti in cui il pagamento avveniva in forma rateale, ha precisato che l’attività del professionista non si può considerare cessata fino all’esaurimento di tutte le operazioni, ulteriori rispetto all’interruzione delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti, e, in particolare, di quelli aventi a oggetto crediti strettamente connessi alla fase di svolgimento dell’attività professionale.
La sentenza
Come detto, la sentenza SS.UU. in commento conferma le medesime conclusioni già proposte dall’Agenzia delle Entrate; in particolare viene osservato come le disposizioni comunitarie (articoli 62, 63 e 66 della direttiva 2006/112/CE) distinguono in relazione all’imposta tre diversi momenti: a) quello del “fatto generatore” dell’imposta e, cioè, dell’evento che costituisce la scaturigine dell’obbligazione tributaria e dell’imponibilità ai fini IVA, cui si ricollegano l’operatività dalla disciplina del tributo ed i relativi effetti; b) quello dell’“esigibilità” dell’imposta, e, cioè, dell’attitudine attuale dell’imposta ad essere pretesa in riscossione dall’Erario; c) quello, infine, del “pagamento”.
Occorre in particolare evidenziare la differenza tra fatto generatore ed esigibilità dell’imposta, mantenendo il primo rigorosamente ancorato al dato temporale della concreta esecuzione dell’operazione imponibile e riservando al pagamento il solo ruolo di condizione di esigibilità dell’imposta.
Secondo le Sezioni Unite, “ciò comporta, quale indefettibile corollario, che i compensi di prestazioni da attività imprenditoriale o professionale, conseguiti dopo la cessazione dell’attività medesima, devono ritenersi assoggettati ad IVA, risultandone lo “statuto” impositivo definito dalla contestuale ricorrenza, all’atto del manifestarsi del fatto generatore dell’imposta (e suo presupposto oggettivo) anche del relativo presupposto soggettivo”.
Pertanto, concludendo sul tema, occorre rammentare che quando si è in procinto di cessare un’attività si deve tenere in giusta considerazione che eventuali incassi futuri comporteranno la necessità di assolvere l’imposta; prescindendo da come ci si debba comportare in una tale eventualità, aspetto non formalmente regolamentato (l’unica paradossale conclusione è che il contribuente debba tornare ad assumere una partita IVA), pare più interessante evidenziare una soluzione, forse banale ma risolutiva, che già si leggeva nella risoluzione 232/E del 20 agosto 2009: riferendosi ai crediti incassati dopo la cessazione dell’attività, si afferma che questi “dovranno essere regolarmente assoggettati ad IVA, atteso che al momento della loro riscossione risulteranno essere soddisfatti i requisiti richiesti ai fini dell’imponibilità, di cui all’art. 1 del DPR n. 633 del 1972. Tuttavia, qualora l’istante volesse comunque chiudere la propria partita IVA, senza attendere l’esito del procedimento pendente, dovrà procedere al previo versamento dell’imposta indicata in fattura”.
La risoluzione riguardava operazioni ad esigibilità differita, per cui viene chiesto di procedere al versamento della relativa imposta, mentre per le operazioni ad esigibilità immeditata questa si realizza tramite la relativa fatturazione.
Quindi, in definitiva, il problema si pone solo per quelle operazioni che il contribuente incasserà inaspettatamente dopo la chiusura dell’attività; se infatti in sede di cessazione dell’attività si provvede ad assolvere integralmente l’imposta sulle operazioni che saranno incassate in futuro, al momento dell’incasso non si porrà alcun problema.
Certo, questo significa anticipare il tributo su tutte queste operazioni, magari col rischio di non incassare l’imposta addebitata, per la quale il professionista necessariamente risulterà il soggetto inciso.
Ma tant’è, delle due l’una: o anticipare tale tributo, oppure rimanere legati alla partita IVA sino al completo incasso di tutti i compensi, con i correlati adempimenti.
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